In tutti i Paesi cosiddetti sviluppati, è un autentico flagello. Una pandemia. Parliamo del diabete, malattia che cresce in modo esponenziale in tutto l’Occidente per colpa dell’alimentazione, del sovrappeso ed obesità e della vita sedentaria. Basti pensare che i soggetti colpiti da infarto, ictus e che subiscono amputazioni, provengono nella maggior parte dei casi dalla vasta platea dei diabetici. Le malattie cardiovascolari (cuore, cervello, gambe, con interessamento dei grossi vasi) sono complicanze del diabete, insieme a quelle dei piccoli vasi che consistono in danni ad occhi, rene e nervi periferici.
Un corretto stile di vita rappresenta la prima vera medicina preventiva di questa malattia. Il diabete ha conseguenze pesantissime in tante altre patologie del sistema cardiovascolare. Una di queste è il cosiddetto “piede diabetico”.
In Italia vengono in media amputate per diabete più di 6.500 persone l’anno. Contemporaneamente in Italia c’è una provincia dove questa percentuale è praticamente vicina allo zero, per la precisione 0,02 per mille residenti. È la provincia di Arezzo. Dal 2007 al 2013 la Asl aretina ha ottenuto il riconoscimento di “best practice” italiana da parte del Ministero della salute per la cura del piede diabetico. Un obiettivo raggiunto e mantenuto grazie alla presenza nella azienda sanitaria aretina di professionisti di altissimo livello che hanno adottato un percorso assistenziale ben preciso e sotto controllo permanente di qualità. Non una semplice medaglia da appuntare al petto, ma la soddisfazione di poter affermare che ci sono oggi almeno cento persone che in questa provincia hanno ancora i loro arti funzionanti e non una amputazione, grazie alla adozione di interventi mirati.
Screening del piede diabetico sui soggetti a rischio
Dal gruppo di lavoro (guidato dal direttore della diabetologia Lucia Ricci e di cui fanno parte professionisti della Cardiologia, della Chirurgia Vascolare, delle Malattie Infettive, della Radiologia e Microbiologia) è nata una considerazione semplice e chiara: cercare i primi segni delle lesioni dei piedi nella popolazione diabetica. E allora invece di aspettare che si presentino in ospedale con un piede già compromesso (più di 400 persone all’anno viene inviato al Centro del Piede diabetico del San Donato e viene quindi inserito nel percorso di cura), si proporrà a tutti i diabetici una visita specialistica dedicata alla individuazione dei segnali precoci del piede diabetico. Uno screening a tappeto al quale sono chiamati gli oltre 20.000 diabetici già i cura presso la Asl, ma al quale potranno accedere tutti i diabetici inviati da medici di base o da specialisti.
Lo screening è partito il primo settembre scorso. In poco più di due mesi ha visto eseguire controlli di screening (che prevede un esame obiettivo, un test di neuropatia e due esami strumentali) sono già oltre 300 i diabetici chiamati e valutati. Uno screening di massa nella popolazione a rischio, consentirà di individuare precocemente eventuali segnali di allarme, inserendo da subito questi pazienti nelle cure adeguate per prevenirne le lesioni o il loro aggravamento. Un progetto (il primo in Italia di questo genere), di cui andare fieri nella certezza che i vantaggi per i cittadini saranno amplissimi come ormai accertato in ogni forma di ricerca preventiva tramite screening nei diversi settori della medicina.