L’Etruria

Redazione

Diario cortonese di questi giorni – 46

La canea di odio e stoltezza scatenata nei social contro una giovane italiana

Diario cortonese di questi giorni – 46

Pubblichiamo anche oggi molto volentieri le riflessioni del diario di Anna Cherubini. Riflessioni sulla canea social e sull’odio e le offese rivolte alla giovane Silvia Romano, ritornata a casa dopo diciotto mesi d’inferno. Grazie  Anna!(IC)

Diario per una DONNA

Diario della vergogna. Diario dell'imbarazzo. Diario del disgusto. Diario dell'offesa. Diario dell'arretratezza. Diario del degrado. Diario del razzismo. Diario del maschilismo. Diario della violenza. Diario dell'ignoranza. Diario della superficialità. Diario della cattiveria. Diario del covid che non è servito a niente. Diario della bruttezza. Diario di questi giorni. Diario che dedico a te, chiunque tu sia, e ci metto la faccia per guardarti. Anche se non ti vedo, e non mi interessa nemmeno, perché di sicuro la tua faccia è brutta e i tuoi occhi sono vuoti, o al massimo pieni di odio, a differenza dei miei. Dedico queste righe a te, qualunque sia il tuo nome, che sei stato capace in questi due giorni, come in questo anno e mezzo, di sputare odio e veleno contro una ragazza. Una ragazza che poteva essere tua figlia, o tua sorella, o la tua vicina di casa. Una tua vicina di un quartiere che accoglieva gente venuta da lontano, magari con una fisionomia diversa dalle vostre, e bisognosa di un sorriso dalla finestra, di una parola di empatia, forse di un giocattolo per i bambini che non ne avevano mai visti. Quella ragazza è quella contro cui punti il dito oggi e la dici "convertita", "incinta", "colei che poteva restare dov'era", colei che "quanto c'è costata!". Ma io troppe ve ne ho sentite dire, cose che non sono nemmeno ripetibili, sennò alimento l'odio, quello di cui voi siete maestri. Poteva essere stata la ragazzina che quando andavate a scuola insieme alzava spesso la mano durante le lezioni di storia perché voleva intervenire sulle pagine che riguardavano l'ingiustizia, la miseria, la fame, il dolore di altre ragazzine come lei, come voi. Come voi che forse eravate già stati bambini e l'avevate scampate, la fame, la miseria, la violenza. Però magari, a te no perché tu sei una persona brutta, ma a lei sì, le arrivavano le voci di quei bambini di mondi lontani. Quelle voci la tenevano sveglia la notte, la chiamavano, le dicevano che forse c'era un modo perché potesse ritrovare il suo sonno di ragazza già mancato. Che c'era un modo, forse, per ritrovare la pace che forse le era già sfuggita dal cuore a quell'età, per via di quelle lezioni che parlavano dell'altra parte del mondo, quella infernale, oppure le era sfuggita, la pace, il sonno, per via di quel vicinato di casa soggetto all'odio di gente come te che dentro al cuore hai della segatura, di quella che però non serve a niente. Sì, davvero, forse c'era un modo per cui potesse ritrovare la pace. Non solo studiare quelle grandi ingiustizie del mondo, come ha fatto, forse a differenza di te. La tua compagna di classe, o vicina di casa, intanto, poteva ritrovare il sonno sapendo che un giorno magari avrebbe trovato qualcuno a cui affidarsi e compiere un viaggio, dentro se stessa e tra due mondi opposti, il vostro e quello lontano di cui tu probabilmente non conosci neanche la collocazione geografica. Poteva compiere un viaggio che per lei era la sua ragione di vita. Poteva trovare un modo, delle condizioni a cui affidarsi, per andare fino a lì, lasciando i suoi genitori in pensiero, ma di sicuro fieri di lei, onorati di averla cresciuta così come era. Io lo sarei stata tantissimo fossi stata sua madre. Poteva andare là e offrire il suo tempo, la sua conoscenza, i suoi studi, i suoi sorrisi, i giochi che aveva imparato lei da bambina, quando magari vi incrociavate sotto al palazzo. Poteva portarli ai bambini le cui voci lontane, o l'eco, l'avevano tenuta sveglia per anni. Ora poteva finalmente passare del tempo lì e, sorridendo alle mamme, quelle possibilmente ancora presenti, dire: "avete bisogno di qualcosa?" che è una domanda che si fa quando fai del volontariato, non credo tu ne sappia molto. Avrebbe potuto stare con i loro bambini, pitturarsi la faccia, cantare con loro le loro canzoni, cucinare insieme quel cibo povero che magari avevano portato lei e gli altri, quel cibo semplice che tu non sai neanche cosa sia, anche se oggi ti preoccupi che finisca dalle nostre tavole perché qualcuno qui, in tempi di pandemia, forse, non lo sai tu e non lo so io, ha speso soldi per salvare la vita a una ragazzina secondo te invasata. Ma fosse stata mia figlia sarei stata ben contenta che qualcuno pagasse per farmela riabbracciare, se fosse stata la tua, tu l'avresti lasciata lì? Ma poi, Silvia, è figlia o sorella o vicina di casa fi tutti noi. Sai, se ne spendono tanti di quattrini per le partite di calcio, magari se ne possono spendere per salvare la vita a una ragazza di 24 anni no? Così invasata da voler offrire il suo tempo, i suoi studi, i nostri, la sua bontà, parola caduta così tanto in disuso ormai, ora più che mai, a chi... per qualche strana estrazione a sorte decisa dall'altra parte del cielo, è nato sotto un sole differente dal tuo. Quella differenza che sceglie a caso chi far nascere qui da noi dove tutto è bello, e chi far nascere altrove, dove tutto è fame e malattia. E tu ti permetti di puntarle il dito contro e offenderla? E dire cose inaudite, raccapriccianti? E giudicare la sua eventuale conversione religiosa, i motivi infiniti e probabilmente insondabili a tutti noi per cui l'ha dichiarata? E come non bastasse.... Ti permetti di farlo dopo che questa piccola e giovane donna intelligente, coraggiosa, magari anche un po' incosciente come sono meravigliosamente incoscienti i giovani che hanno a cuore i mali del mondo, torna da diciotto mesi di prigionia? Da diciotto mesi di condizioni di cui sappiamo solo per cenni, ma che né tu, che sei un deficiente, né io che ho il lusso di starmene a casa, potremmo vagamente immaginare.
E poi c'è un altro motivo per cui lo fai. Non solo perché hai la segatura nel cuore, che ti prosciuga quei pochi sentimenti che magari anche a te erano toccati alla nascita. Lo fai anche perché colei di cui sopra è una donna. Allora ti viene tanto più facile. Lo fai anche se sei donna tu, perché io ne ho lette di cose raccapriccianti scritte da altre donne. Lo fai anche se sei cuoco e vai in televisione, se sei famoso, sei politico, sei una vecchia cantante, sei sindaco di qualche sputo di paese, sei quello che ti pare, ma ti dai il diritto di odiare. Ma ti ci sei messo un secondo, uno solo, nei panni di quei due genitori che aspettavano la loro figlia l'altro giorno all'aeroporto dopo tutto quello che avevano passato? Ma se ti nasce una figlia che, non certo per merito tuo, un giorno sente il bisogno, l'urgenza dentro al cuore, di dedicare la sua vita a questo, iniziando da un viaggio così?
Io non finirei mai di scrivere pagine di diario con titoli che parlano della tua bassezza schifosa.
Tu, odiatore che offendi e insulti una ragazza che scende da un aereo proveniente dall'inferno a cui l'hanno costretta per diciotto mesi, (e pensare che lei era andata per tanti motivi suoi che non sta a noi sapere e giudicare, ma uno di questi era il suo bisogno, la sua urgenza, di offrire il suo aiuto a gente in seria difficoltà), tu sei un essere brutto, brutto. Sei come un animale strano portatore di un virus. Ma il tuo virus si chiama spietatezza e il vaccino o le cure non li hanno ancora trovati.

Anna Cherubini