Ricollegandoci al nostro articolo (https://www.letruria.it/attualit%C3%A0/gli-storici-biagianti-e-parigi-hanno-rievocato-otto-settembre-1943-9552) sulla Conferenza tenuta in Cortona, il 9 settembre 2023, dagli storici Ivo Biagianti e Mario Parigi su : " Cortona, l'armistizio dell'otto settembre 1943" , siamo entrati in possesso degli appunti utilizzati dal professor Ivo Biagianti per il suo applaudito ed interessante intervento e volentieri, su sua autorizzazione, li pubblichiamo integralmente. (IC)
L’Armistizio dell’8 Settembre: conferenza, Cortona, 9 settembre 2023
Si dice: “Armistizio dell’8 settembre 1943, ma l’accordo fu firmato il 3 settembre, si parla di armistizio ma fu un resa incondizionata, un capitolazione”.
Siamo alla fine dell’estate del 1943 la seconda guerra mondiale dura ormai da tre anni, quella che nelle intenzioni degli aggressori dove essere la guerra lampo, nella quale Mussolini e l’Italia all’inizio non erano intervenuti, ma che poi precipitosamente avevano aderito per il timore che finisse prima che l’Italia entrasse in guerra e quindi non potesse partecipare alla spartizione del bottino fra gli stati vincitori.
Ma dopo tre anni l’Italia, preparata al conflitto, era sfinita: le grandi Battaglie di Stalingrado, tra l'estate del 1942 e il 2 febbraio 1943, e di El Alamein fu combattuta tra il 23 ottobre e il 5 novembre 1942, e l’ingresso degli Stati Uniti dall’altra avevano invertito le sorti della guerra.
La sbarco degli Alleati in Sicilia, poi nel luglio del ‘43 aveva portato la guerra in casa, con l’invasione della penisola e la distruzione della sua fragile struttura militare, facendo capire a tutti che la guerra si stava perdendo.
Bisogna fare un passo indietro: Fin dall’autunno del 1942 erano cominciate le manovre per ricercare attraverso la diplomazia pontificia un contatto con gli alleati per far uscire l’Italia dal conflitto, che si stava manifestando perdente. Ma l’anno successivo il ’43 fu decisivo delle sorti della guerra dopo le grandi battaglie di Stalingrado ed El Alamein.
Anche negli ambienti fascisti il consenso al regime entrò in crisi e portò alla presentazione di un Ordine del Giorno presentato da Dino Grandi, sostenuto da Giuseppe Bottai e Galeazzo Ciano per la riunione del Gran Consiglio del 25 luglio 1943, quado Musolini fu messo in minoranza e fatto arrestare dai Carabinieri su ordine del Re, all’uscita dalla riunione e sostituito dal Maresciallo Pietro Badoglio, che assunse il potere con la formula, la guerra continua…
Ma nel paese la notizia produsse ovunque manifestazioni di giubilo e indusse l’illusione che la guerra fosse finita: i fascisti scomparvero di circolazione e cominciarono a tornare dal confino, dal carcere, dall’estero, gli antifascisti, che in questo modo si esposero a successive persecuzioni quando il fascismo risorse in versione repubblicana.
Ma questo avvicendamento non era piaciuto alla Germania, che era in allarme su un possibile sfilamento dell’Italia dal fronte bellico.
Ed infatti la Monarchia stava cercando di ottenere una tregua dagli alleati: segretamente fu inviato il generale Castellano in Portogallo per prendere contatto con gli Alleati e avviare una trattativa di tregua. Solo il 19 agosto il Generale riuscì a conferire con i rappresentati dei governi alleati (fra l’altro non parlava l’inglese).
Ripartì da Lisbona il 23 agosto e giunse a Roma il 27 agosto. Il 30 agosto Castellano incontra Badoglio e prospetta la disponibilità degli Alleati ad un incontro in Sicilia per condure la trattativa.
La richiesta di Badoglio era che gli Alleati paracadutassero 2000 uomini a difesa di Roma ed effettuassero uno sbarco a nord della Capitale per contrastare l’inevitabile calata tedesca su Roma. Ma questi interventi non potevano essere effettuati prima della firma del trattato, ma in contemporanea.
Fu spedito il generale Castellano in Sicilia e inviato da Roma un telegramma alla delegazione trattante a Cassibile di conferma agli alleati di accettazione delle condizioni, ma il telegramma fu intercettato dai tedeschi.
Il 2 settembre Castellano riparte per la Sicilia ma non ha in tasca una delega, un mandato scritto per firmare l’armistizio.
La mattina del 3 settembre Giuseppe Castellano mandò un nuovo telegramma per chiedere la delega scritta e solo a quel punto Badoglio inviò un telegramma di conferma, comunicando che la delega era stata depositata nel frattempo presso l’ambasciata britannica a Roma.
A quel punto, dopo continui rinvii, iniziarono alle 17 del 3 settembre le operazioni di firma del “trattato corto” e il generale Eisenhower bloccò la partenza di 500 bombardieri in procinto di decollare per colpire Roma se il governo non firmava il trattato. Avete idea di quanti sono cinquecento bombardieri!???
Si dice l’8 Settembre, ma l’armistizio in realtà era stato firmato, dopo vari contorcimenti, cinque giorni prima il 3 settembre sotto una tenda militare accanto ad un olivo, a Cassibile, piccolo paese della Sicilia, sud-orientale, una frazione del comune di Siracusa di meno di 500 abitanti, diventato divenuto famoso proprio per questo vicenda. Sulle coste di Cassibile e di Ognina il 10 luglio erano sbarcate le prime truppe alleate di fucilieri scozzesi, poi indiani e canadesi.
Si parla dell’8 Settembre perché fu proprio in quella sera che venne annunciato alla Radio, non c’era ancora la televisione, e di fatto reso pubblico con tutte le conseguenza che ne derivavano.
Passarono cinque giorni prima che fosse reso pubblico e diventasse operativo, la sera dell’8 settembre alle 18,30 per l'Italia, Radio Algeri trasmise il proclama in lingua inglese e un’ora dopo alle 18,42, alla Radio di stato italiana l’EIAR, fu letto il proclama di Badoglio che dava pubblicità all’accordo, dopo che da Algeri la radio degli alleati ne aveva anticipato l’esistenza alle 18,30.
Perché con una settimana di ritardo: si temevano le rappresaglie tedesche. Il governo italiano, presieduto dal maresciallo Badoglio, e la Corona, come veniva eufemisticamente indicato il Re Vittorio Emanuele III, il cosiddetto sciaboletta, perché era basso e si presentava in pubblico in divisa militare con una sciabola più corta dell’ordinario, perché altrimenti toccava in terra e l’avrebbe strascicata.
Il raggiungimento di questo accordo era stato molto laborioso ed in pratica formalizzato con fatica e in due step: un armistizio corto e un armistizio lungo. La firma apposta da una parte dal Governo italiano e dall’altra dagli Stati Uniti a nome anche delle altre potenze alleate.
La mattina del nove settembre i giornali uscirono a titoli cubitali , parlando della pace, e nelle piazze si manifestarono cortei spontanei di persone che si abbracciavano, molte chiese suonarono le campagne, furono tenuti discorsi da oratori dei partiti antifascisti.
Si prevedeva da subito la fine delle ostilità verso gli alleati.
Le flotte della Marina militare di stanza a La Spezia e a Brindisi (quasi 400 unità navali) furono fatte partire tra forti resistenze per dirigersi a Malta e mettersi sotto il controllo della potenza alleate; anche in questo caso, come nell’esercito a Cefalonia e a Coo, ci furono tentativi di rifiutarsi di eseguire gli ordini.
A Napoli il popolo si oppose all’occupazione nazista della città per quattro giorni; a Roma soldati e popolo si opposero a Porta San Paolo e alcuni corpi di cavalleria motorizzata, cercarono di contrastare l’occupazione nazista della capitale.
Il 29 settembre fu firmato anche l’armistizio lungo che era stato mostrato a Castellano solo dopo la firma di quello corto. In 43 articolo il testo prevedeva fra l’altro la condanna di Mussolini e di tutti i suoi principali alleati, lo scioglimento di tutte le organizzazioni fasciste, l’abolizione di tutte le leggi che contemplassero la discriminazione di razza, colore, fede religiosa od opinione politica, il pagamento delle spese di guerra
Ed infine: fu davvero un armistizio? Solo gli italiani la chiamarono armistizio, come se fosse una tregua; ma tutti gli altri paesi dell’alleanza lo definirono resa incondizionata/capitolazione alle Nazioni Unite con le quali a partire dal 13 ottobre dichiarò la cobelligeranza; mentre la Germania lo definì subito il tradimento del patto d’acciaio e scatenò una guerra contro l’Italia, con l’invasione delle Penisola o per lo meno della parte centro-settentrionale e di quella meridionale, che ancora non era stata occupata dagli eserciti alleati avanzanti.
L’Italia si ritrovò divisa in due, quella-centro settentrionale sotto il controllo nazista, dove fu presto ricostituito il fascismo in versione repubblichina; infatti i tedeschi il 12 settembre, cinque giorni dopo l’armistizio, con un colpo di mano liberarono Mussolini che era tenuto prigioniero nel Gran Sasso e Campo Imperatore e con un aereo lo trasportarono a Berlino, dove al cospetto del suo alleato, il Furher Hitler, fu evidentemente umiliato e rispedito in Italia sotto il controllo tedesco per costituire un governo fantoccio, che prese il nome di Repubblica di Salo dalla cittadina sul Lago di Garda dove avevano sede il governo ed i principali ministeri. Fu richiamata in servizio la vecchia guardia fascista partecipando alla guerra al sevizio dei nazisti, come collaborazionisti, spie, fino alla fine della guerra il 25 aprile del ‘45.
Il nuovo governo cambiò prefetti e questori dei centri che erano sotto il controllo italo-germanico: i precedenti erano di fiducia monarchica ed erano malvisti dai fascisti.
Invece il Governo monarchico del Re e di Badoglio era precipitosamente fuggito da Roma la mattina del 9 settembre senza impartire ordini alle forze armate, dirigendosi verso l’Adriatico e ad Ortona si era imbarcato e si era acquartierato in Puglia fra Bari e Brindisi sotto la protezione degli eserciti alleati.
Subito dopo l’annuncio dell’Armistizio, con la fuga del Re e del Governo, dello Stato maggiore dell’esercito, le truppe italiane vengono lasciate senza ordini e l’esercito si sbanda: c’è un film con Alberto Sordi che rappresenta questa situazione: si intitola “Tutti a casa”. Vengono abbandonate le caserme con le armi e le munizioni, i soldati cercano individualmente di mettersi in salvo e sfuggire alla cattura da parte dei tedeschi e alla deportazione in Germania, cercando di rientrare alle proprie abitazioni, abbandonando la divisa militare, per non farsi riconoscere e cercando di cambiarla con abiti civili. L’armistizio portò anche all’abbandono della vigilanza sui campi di concentramento dei prigionieri di guerra, che poterono cosi tornare in libertà, darsi alla macchia con i partigiani, farsi ospitare dalle famiglie di contadini o tentare l’attraversamento del fronte per ricongiungersi con gli alleati al sud.
Da un lato scompaiono i fascisti, chiudono le sedi delle varie organizzazioni, e si ricostituiscono i partiti politici, rientrano gli antifascisti. Subito dopo l’8 Settembre si costituisce il Comitato di Liberazione Nazionale, inizia la Resistenza armata, la lotta di Liberazione.
A Firenze si costituisce il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale e ad Arezzo il Comitato provinciale di LN e così nelle principali località del paese. (Si può vedere l’elenco dei CLN e la composizione di ciascun Comitato locale in Curina). A Milano si costituisce il CLNAI per l’alta Italia
I giovani tenuti al servizio di leva militare si danno alla macchia per sfuggire all’arruolamento forzoso; gli antifascisti che avevano rialzato la testa e festeggiato il 25 luglio e ancor più l’8 settembre pensando che fosse finito sia il fascismo che la guerra, sono di nuovo in pericolo, ricercati dai fascisti che gli danno la caccia per arrestarli e condannarli.
Nascono le prime bande di partigiani, che si organizzano sulle montagne per difendersi dai nazi-fascisti, in primo luogo, ma anche e sempre più per combattere contro gli occupanti tedeschi ed i loro alleati subalterni; sono composte in primo luogo da militari rientrati dai vari fronti a seguito dello sbandamento delle forze armate, e da renitenti alla leva si danno alla macchia, che costituiscono i primi nuclei delle future formazioni partigiane, impegnate a combattere contro l’occupazione tedesca e il rinato governo fascista della Repubblica di Salò, per ridare la libertà e la dignità all’Italia, con il sacrifico di molti giovani vite, ovunque nel paese occupato, ma soprattutto nelle nostre terre, nella gentile Toscana, colpita da eccidi, massacri stragi orrende, come quelle nella nostra provincia Aretina, Vallucciole-Stia, la vicina Civitella, San Pancrazio, la Cornia, San Polo e San Severo ad Arezzo, in Valdarno, Meleto, Cavriglia, Castelnuovo dei Sabbioni, nel cortonese, a Falzano e in molti altri luoghi, vicini e lontani.
Comincia un periodo terribile per l’Italia, attraversa dalla guerra, dal fronte che avanza da sud, con gli alleati in grande difficoltà, soprattutto sul fronte di Cassino, con una battaglia che si protrasse per mesi e l’esercito tedesco che contrasta l’avanzata con varie linee di difesa: la Linea verde, la linea Gustav, la linea del Trasimeno, la Arezzo Line, e infine la linea Gotica sui contrafforti dell’Appennino.
Per venti mesi la penisola è sotto gli attacchi dei bombardamenti degli alleati e le violenze, i rastrellamenti, le stragi compiute dai nazifascisti, nel corso di quella che è stata definita una ritirata aggressiva.
Queste vicende dell’armistizio sono state oggetto di studi e ricostruzione approfonditi, sulle quali in particolare due testi si soffermano in senso specifico: Claudio Pavone nel 1991 con un lungo Saggio sulla moralità della Resistenza, ha parlato di una guerra civile, fratricida, considerata sotto un triplice aspetto: come guerra di liberazione, guerra civile, guerra di classe; mentre Ernesto Galli Della Loggia, nel 1996 in un celebre pamphlet ha definito l’armistizio come La morte della patria.
Ivo Biagianti, Cortona, 9 settembre 2023