Gino Polezzi fu catturato prima dagli inglesi in Africa e poi ricatturato dai tedeschi e portato in Germania con sosta presso la Risiera di San Sabba.
Dal 1941 in un’altalena di vittorie e sconfitte tra italo-tedeschi e inglesi , liberazioni di campi e nuovi prigionieri, alla fine delle ostilità in Africa l’ammontare generale dei prigionieri era di circa 300,000. I campi di prigionia inglesi erano molto severi senza igiene e con continue umiliazioni fisiche e morali. Quelli che riuscirono ad essere liberati durante il conflitto africano nelle varie battaglie, l’8 settembre 1943 trovarono un altro atroce destino.
Polezzi era tra gli IMI (internati militari italiani) la definizione attribuita dalle autorità tedesche ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori della Germania nei giorni immediatamente successivi all’armistizio firmato da Badoglio.
Secondo una statistica dell’agosto 1944, il 90% degli internati fu destinata ai lavori forzati più duri in aiuto allo sforzo bellico tedesco.
Polezzi finì in uno dei tanti sottocampi di lavoro forzato nei pressi di Stoccarda. In questi campi l’orario di lavoro era di 60 ore settimanali, con un solo intervallo, in genere di mezz’ora per il rancio. Durante i lavori forzati non vi era praticamente alcuna attenzione alla sicurezza, anche i servizi medici erano del tutto assenti. L’alimentazione era assolutamente insufficiente e molti riuscirono a sopravvivere soltanto grazie agli scarsi pacchi centellinati che sporadicamente provenivano dalla croce rossa.
I lavoratori rischiavano continuamente di essere aggrediti da sorveglianti e capisquadra per il minimo sospetto oppure soltanto per un ritardo sulla produzione. Le punizioni erano esplosioni di violenza gratuita dei superiori tedeschi sui prigionieri. La morte da fucilazione più comune era quella “perché non più abile al lavoro”. A causa di maltrattamenti, malattie, malnutrizione e fucilazioni, morirono 50.000 militari all’interno dei confini del Reich, tra soldati e ufficiali.
Polezzi, nonostante tutte le vessazioni ricevute, riuscì a tornare a casa anche se malconcio e provato. Gli abiti civili che ritrovò nella sua casa natia gli entravano 4 volte e i ricordi che portò con sè in breve tempo fece di tutto per dimenticarli e non parlarne.
Il 28 Febbraio 1959 il comandante Generale della Guardia di Finanza gli conferì la croce al merito di guerra per internamento in Germania.
Una delle migliaia di storie di guerra che fanno poco rumore, forse perché quelli che hanno obbligatoriamente e forzatamente combattuto per il regio esercito sono sempre stati visti prigionieri e vittime di serie B. Il problema della storia è sempre stata la sua narrativa. La storia di GINO POLEZZI, cortonese decorato e dimenticato, merita memoria e ricordo, soprattutto nel Giorno della Memoria, cioè il 27 gennaio.
Daniele Brocchi
Gino Polezzi, il cortonese che sopravisse ai lavori forzati in Germania
Una storia sconosciuta, da non dimenticare soprattutto nel Giorno della Memoria