Il 22 febbraio a Bari si è tenuto il Convegno “ Mediterraneo, Frontiera di Pace” promosso dalla Cei. Ai lavori è intervenuto anche il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, con un significativo ed interessante discorso che L’Etruria è lieta di pubblicare nel testo originale ricevuto direttamente dal Presidente. (IC)
Illustrissime autorità, Eccellenze, Gentili ospiti,
desidero ringraziare innanzi tutto Sua Eminenza mons. Gualtiero Bassetti, salutare le autorità presenti e dare il benvenuto ai rappresentanti delle Chiese del Mediterraneo che si sono riuniti in questi giorni a Bari, una città che è luogo ideale di incontro tra Oriente e Occidente.
Dopo anni di paure, finalmente, si torna a parlare di Mediterraneo come di una opportunità. L’Europa che per lungo ha guardato, anche giustamente, a Nord e a Est ha evitato spesso di concentrare la propria attenzione su quest’area in cui, come ricorda Fernand Braudel, “tutto si mescola e si ricompone in un’unità originale”.
La complessità dell’area del Mediterraneo, invece, ci ha fatto solo paura.
Paura dei problemi che propone, delle questioni nuove che dobbiamo affrontare, degli squilibri che dobbiamo ripianare.
E come sempre avviene, la paura ci ha paralizzati, risvegliandoci di volta in volta e facendoci trovare impreparati, senza strumenti adatti per esprimere un punto di vista condiviso.
La paura, per troppo tempo, è stata la nostra risposta ad un mondo che cambia.
Paura dell’altro e degli altri; paura che in quei paesi potessero nascere classi dirigenti orgogliose non più disposte a svendere le proprie risorse, paura di essere chiamati ad una concorrenza leale e a un confronto impegnativo.
Il vuoto lasciato dall’Europa si è riempito oggi con nuovi attori, interessati ad alimentare i conflitti in corso per assicurarsi la loro presenza.
Senza una politica europea per il Mediterraneo il divario Nord-Sud si è accresciuto. Non si è stati capaci di stabilire interessi condivisi e neppure di operare per il dialogo fra i paesi della sponda sud, la cui incomunicabilità accresce le crisi e i conflitti. Per molti paesi europei è sembrato più semplice alimentare le divisioni fra i paesi del Sahel e del Mashreq piuttosto che facilitarne il dialogo.
Oppure, dispensare sanzioni aiutando i governi a rafforzarsi , i poveri a diventare sempre più poveri e i paesi ricchi a pulirsi l'anima.
Una relazione più stretta e dinamica tra il Nord e il Sud del Mediterraneo rappresenta, invece, la premessa indispensabile per definire un approccio regionale condiviso di fronte a sfide comuni, quali la crescita demografica, il cambiamento climatico, l’inquinamento, le infrastrutture di trasporto, la pianificazione dello sviluppo urbano, l’incremento della domanda di energia e la scarsità di risorse primarie, come l’acqua.
L’Unione europea si trova a vivere una fase di grandi sfide e profondi cambiamenti e all’inizio di questa legislatura europea ci siamo chiesti quale fosse la nostra chiave di lettura della contemporaneità.
E la riflessione ha intravisto una opportunità in un interesse, comune e condiviso, a salvare il Pianeta, come leva per un profondo cambiamento del nostro modello di sviluppo. La tabella di marcia illustrata dalla presidente Von Der Leyen è un buon punto di partenza perché contiene obiettivi ambiziosi e strumenti adeguati per imboccare la strada della sostenibilità attorno a cui rilanciare gli investimenti, sostenere la transizione, sviluppare una strategia integrata contro la povertà e attuare il Patto Verde europeo. Papa Francesco, sapete, fa scuola anche in Europa…
Tutto questo, se finanziato adeguatamente, sarà molto utile anche per rilanciare una politica per il Mediterraneo.
Ecco perché siamo molto delusi della riunione che si è svolta ieri al Consiglio europeo fra i capi di Stato e di governo sul quadro finanziario pluriannuale in cui è emersa poca lungimiranza e molto egoismo.
Lo stesso egoismo che si è declinato in questi anni rinunciando a sviluppare una politica per l’immigrazione, rifiutando di accogliere la decisone, votata a stragrande maggioranza dal Parlamento, per la riforma del trattato di Dublino.
Con quella riforma avremmo avuto una politica europea, e non avremmo avuto paesi meno soli, più capacità di organizzazione e integrazione, più convenienza per tutti e un forte investimento sulla nostra umanità…
Le decisioni che saranno adottate sul bilancio pluriennale avranno un forte impatto sulle nostre opinioni pubbliche. Ne condizioneranno la fiducia. Un’Europa più unita e consapevole è una garanzia per tutti.
E sarà utile anche per guardare al Mediterraneo con occhi diversi, creando le condizioni per una maggiore integrazione tra le due sponde e per uno sviluppo condiviso di tutta la regione.
Ma per fare tutto ciò serve partire dimostrando che abbiamo deciso di sconfiggere la paura.
Non possiamo rassegnarci ad un Mediterraneo trasformato in un cimitero di profughi se vogliamo far leva su questo mare per costruire nuovi ponti.
A testimonianza della ferma convinzione di dover investire con ambizione nelle relazioni euro-mediterranee, come Parlamento europeo, abbiamo deciso di assumere fino al 2021 la presidenza dell’Assemblea parlamentare dell’Unione del Mediterraneo, un forum parlamentare che accoglie i Parlamenti delle diverse sponde del Mediterraneo, l’unica assise dove siedono allo stesso tavolo israeliani e palestinesi.
In questo scenario la diplomazia parlamentare può giocare un ruolo molto importante sui temi più sensibili e sulle sfide comuni. Nel nostro sforzo abbiamo bisogno delle nostre opinioni pubbliche. L’obiettivo della nostra Presidenza, che coinciderà con il 25esimo anniversario della dichiarazione di Barcellona, sarà sicuramente quello di rilanciare questo forum attorno ai valori e alle politiche di interesse comune con i nostri partners della sponda Sud.
Su certe questioni l’Europa deve giocare d’anticipo ed assumere una leadership in termini di proposta e iniziativa. La diplomazia parlamentare è ancora, per certi aspetti, uno strumento poco esplorato. Nei confronti del Mediterraneo dobbiamo sviluppare una riflessione integrata, una strategia comune e nuove politiche al servizio dei cittadini. Ecco perché sostengo l’idea di promuovere una Conferenza dei presidenti dei Parlamenti del Mediterraneo, una occasione che può mettere a fuoco interessi comuni.
Signore e Signori, stiamo vivendo una fase di svolta e mai come in questo momento abbiamo bisogno di una strategia che sia in grado di dare impulso e slancio alla politica. Nel Mediterraneo, l’Europa ha il dovere di investire su progetti in grado di abbattere le disuguaglianze, favorire il passaggio ad una società sostenibile e rilanciare politiche di partenariato in ambito sociale, economico e culturale. Dobbiamo far valere il nostro peso nella stabilizzazione dei conflitti e aprire una prospettiva di libero scambio.
Pensare il Mediterraneo significa pensare la differenza, la pluralità, l’alterità.
La dimensione interculturale è una componente strutturale di questa regione. Ecco perché investire sul dialogo interculturale e interreligioso è indispensabile. È il senso delle domande che ha posto Papa Francesco in occasione dell’incontro interreligioso di Abu Dhabi, ovvero “come le religioni possono essere vie di fratellanza anziché muri di separazione e come possiamo far prevalere nelle nostre comunità l’accoglienza dell’altro”.
Il dialogo e la cooperazione fra le confessioni religiose è fondamentale.
Sappiamo bene quanto siano decisivi in questo passaggio coloro che operano per rafforzare nell’uomo il significato della propria vita. E quanto nel "mosaico di culture" - riprendendo mons. Bassetti - "le religioni possono avere un ruolo inclusivo nello spazio europeo".
Ed è proprio nel Mediterraneo, nell’antichità spazio del politeismo più spinto, che la vittoria sugli idoli ha fatto diventare questo mare lo spazio del Dio unico. Ne sono testimonianza i giudizi di Geremia e Isaia che ritroviamo quasi alla lettera nel Corano: “Io sono il primo e sono l’ultimo. E fuori di me non vi è Dio”.
Qui non si tratta di annullare le differenze, perché sappiamo che l’idea del Dio unico solleverà sempre questioni sugli attributi di Dio, la Creazione, il libero arbitrio, la predestinazione... Qui si tratta di rispondere alla domanda che il Corano, con semplicità rivolge a tutti coloro che oggi stanno navigando nel Mediterraneo in tempesta: “O genti del Libro, perché litigate?”.
A Bagdad, nella Casa della Saggezza del Califfo Al Ma’mun s’incontravano ebrei, cristiani e musulmani a leggere i libri sacri e i filosofi greci. Oggi sentiamo tutti, credenti e laici, la necessità di riedificare quella casa per continuare insieme a combattere gli idoli, abbattere muri, costruire ponti, dare corpo ad un nuovo umanesimo.
Guardare in profondità il nostro tempo e amarlo anche di più quando è difficile da amare, credo che sia il seme gettato in queste giornate così attente al nostro destino. Basta avere paura dei problemi che ci sottopone il Mediterraneo.
Per l’Unione europea e per tutti noi ne va della nostra sopravvivenza.
David Sassoli