Tutti a dire e cantare in maniera solenne ed ipocrita che i nostri giovani medici specialisti devono restare in Italia perché se si perdono le loro competenze, le loro capacità, i loro faticosi anni di studio è un impoverimento della comunità, delle nostre aziende sanitarie, della nostra Italia. Poi al momento della assunzione , dopo una dura selezione concorsuale superata , la burocrazia ci mette del suo e , senza alcun rispetto professionale ed umano, li tratta come al mercato delle vacche.
Procedure bizantine, arroganti, comunicazioni personali di scelta di lavoro abborracciate, fuorvianti ed inviate alle vigilia del fine settimana con obbligo di risposta entro settantadue ore e con dizioni ingannevoli dove si indicano come esistenti posti nella disciplina concorsuale e poi invece rivelatesi al momento dell' acettazione inerenti invece a profili lavorativi diversi anche se tecnicamente assimilabili. Insomma quasi da commedia degli equivoci o da raggiri dei classici mercati delle vacche tipici della realtà contadina di una volta.
Tutto questo non è un brutto sogno o una fiction televisiva da " Doctor" per intenderci, ma una sconsolante e brutale realtà della sanità di una regione italiana raccontataci da tre giovani medici dai curriculum super eccelsi e che, dopo aver superato un duro concorso pubblico, si sono trovati nel tritacarne delle procedure amministrative di assunzione e che ora , delusi dalla arroganza dei burocrati , si sono incamminati verso l' estero come già facevano molti loro coetanei precovid, ma per loro tre con sulle spalle lo scorno di aver servito il proprio paese sulla frontiera della sanità pubblica in questi due duri e stressanti anni di pandemia.
Davvero dispiaciuti di questo ulteriore danno che la burocrazia compie alla nostra amata Italia, raccontiamo ai nostri lettori questa brutta storia di malaamministrazione sanitaria con il rammarico di non poter fare i loro nomi in quanto potrebbero essere esposti a danni futuri qualora volessero ritornare a lavorare vicino agli affetti familiari che ora sono costretti a lasciare se non vogliono menomare la loro professionalità.
(EB)