Franco Ciavattini, storico democristiano aretino , quindi dirigente provinciale del Ppi e poi, da pensionato, a lungo segretario dei pensionati della Cisl aretina racconta per L'Etruria la storia del salvataggio dell'Archivio democristiano della sede provinciale di Via Cavour, oggi conservato all'Archivio di Stato di Roma con il nome: Archivio storico della Dc di Arezzo. Pubblichiamo volentieri questo contributo dell'amico Franco Ciavattini come apertura di una Rubrica di Memoria storica democristiana dell'ex-collegio elettorale Arezzo-Grosseto-Siena che nel Novecento eleggeva in Parlamento ben tre onorevoli e due senatori democristiani. La storia della Dc dei popoli di questo collegio è un bene culturale da riscoprire, salvaguardare e tutelare in quest'oggi che sembra voler distruggere o, perlomeno, fare a meno del passato. (IC)
La storia dell’Archivio Storico della DC di Arezzo, in particolare le vicende legate al suo “salvataggio” e, soprattutto, al successivo recupero, riordino e valorizzazione, credo che meritino un ricordo non rituale, soprattutto perché siamo in presenza di un vero e proprio giacimento culturale di portata storica per la nostra realtà locale.
Ma andiamo con ordine. Siamo alla fine del 1995 e l’implosione della DC a livello nazionale è già avvenuto in maniera fragorosa e con le conseguenze che tutti sappiamo. Sul piano locale restano aperti numerosi problemi, legati in particolare alle sedi ( Comitati Regionali e Provinciali, Sezioni ecc.), quasi tutte riconducibili in termini di proprietà alla SER – Società Edilizia Romana – il cui capitale è al 97% in capo alla DC. Il palazzo Rossi-Ferrini, posto in Via Cavour 105 e sede storica del Comitato Provinciale DC di Arezzo, è fatto oggetto di quotidiane attenzioni e visitazioni da parte di società immobiliari ma anche di semplici cittadini, attratti dalla sontuosità delle sue forme e dalla ricchezza dei suoi pregi artistici ed architettonici. Le trattative legate alla sua alienazione sembrano allontanarsi, quando veniamo informati – noi che continuavamo a frequentarlo – che il palazzo è stata venduto e che nel giro di quarantotto ore deve essere lasciato libero.
La struttura ormai è vuota: restano soltanto lo splendido lampadario ( la cui vicenda è tuttora avvolta da risvolti non proprio edificanti) e, soprattutto, l’archivio, costituito da una mole imponente di documenti accuratamente custoditi negli anni, in particolare quelli del primo dopoguerra.
Insieme ad alcuni amici ( Simone Viti – Angiolo Gialli – Mario Romani ) decidiamo che quel materiale non può finire nel macero ma, al contrario, deve essere salvato e recuperato: rappresenta infatti un pezzo importante della storia della nostra terra.
Noleggiamo un furgone che durante una intera notte viene riempito all’inverosimile con centinaia e centinaia di scatoloni e faldoni che trovano come sede temporanea di salvataggio i locali della vicina sezione DC di Rigutino. Ma dopo qualche mese anche la sede DC di Rigutino, sempre di proprietà SER, viene venduta, per cui ci troviamo costretti (siamo i soli quattro a mici) a ripetere l’operazione di carico e scarico dei tanti documenti, rimasti per mesi sepolti dall’incuria e dall’indifferenza generale.Questa volta la destinazione è un salone della città di Arezzo, in Via Adige,messo benevolmente a disposizione dalla proprietà ( famiglia Arcangioli).
A questo punto ci poniamo seriamente il problema di come sistemare in maniera adeguata tutto il materiale e, soprattutto, quale destinazione finale dare al medesimo, nella prospettiva della sua valorizzazione.
Personalmente intensifico i rapporti già in essere con la Dottoressa Flavia NARDELLI PICCOLI, Segretaria Generale dell’Istituto Sturzo di Roma, e con un suo collaboratore, Drottor Maurizio GENTILINI, che già aveva avuto modo di visionare il materiale e di averne valutato in termini assai lusinghieri la valenza politica e storiografica.
Da questi rapporti nasce un impegno formale dell’Istituto Sturzo: un progetto che prevede il riordino complessivo dell’archivio a totale carico dell’Istituto, attraverso l’attività giornaliera di personale specializzato: due figure professionali,entrambe laureate in scienze archivistiche, lavorano per circa due anni nei locali di Via Adige per dare una sistemazione razionale e scientifica a verbali, relazioni, manifesti, documenti politici, comunicati stampa e altro ancora.Ricordo che ci lavorò anche una archivista di Camucia (dottoressa Minaglia, se non ricordo male).
Ora l’Archivio Storico della Democrazia Cristiana di Arezzo ha trovato la sua destinazione finale e definitiva: costituito da ben 571 faldoni, è custodito in Arezzo a Palazzo Albergotti, sede dell’Archivio di Stato, a disposizione di tutti i cittadini.
Accanto alla legittima soddisfazione per l’operazione di salvataggio, resta comunque il rammarico per la scarsa conoscenza di questa realtà da parte di studiosi e non solo, ma soprattutto per il disinteresse diffuso e generalizzato di una società distratta, che sembra aver smarrito il senso della propria storia e del proprio passato.
Franco Ciavattini
( Arezzo, 29 giugno 2021)