( seguito dalla quinta puntata )
Venerdì, 23 Settembre.
In questa calda giornata ancora estiva ci dirigiamo al Mar Morto, un lago in realtà di acqua molto salata e calda. Ci siamo quindi immersi, alcuni totalmente, altri si sono limitati a camminare sulle acque salmastre! Mischiata alla mota si tirava su a fior d’acqua una gran quantità di cristalli di sale, senza bisogno di andare a toccare il fondo: l’impressione era di un liquido-solido. Il termine brodo primordiale di alcune teorie sull’origine del mondo è stato forse suggerito a qualcuno che è passato di qui!
Dopo il bagno ci dirigiamo in un altro luogo sacro: Qumran. Si tratta di un sito archeologico, che sorge in pieno deserto sulle rive del Mar Morto. Gli scavi iniziarono nel 1947 dopo la scoperta casuale in una grotta di manoscritti conservati dentro anfore e nascosti in cavità del terreno. Secondo l’ipotesi più accreditata una comunità religiosa ebraica, di tipo monastico, forse Esseni, dal II secolo a. C. al I d. C. , avrebbe abitato questi luoghi e avrebbe proceduto alla trascrizione di testi religiosi ebraici e, secondo alcuni, del primo cristianesimo con il vangelo di Marco. In seguito all’occupazione romana nel 68 d. C., i manoscritti furono, forse temporaneamente, nascosti perché fossero salvati. Coloro che li avevano nascosti non tornarono più a riprenderli, non per negligenza, ma forse perché non poterono. La natura li ha conservati per loro, forse come monito per noi.
A questo punto ci dirigiamo verso Gerico (Yeriho) nella valle del fiume Giordano. La celebrazione della messa è avvenuta nella chiesa costruita dove, secondo la tradizione, sorgeva la casa di Zaccheo, l’esattore di tasse, presso il quale Gesù, autoinvitandosi, cenò e che convertì.
Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” (Luca, 19,1-5 )
Ancora una volta, sulla scorta della lettura di passi del Vangelo, ci siamo immersi nell’atmosfera di 2000 anni fa, quando Gesù percorreva questi luoghi incontrando gente comune, persone umili e peccatori, ammaestrando e compiendo miracoli. Sulla strada tra Gerico e Gerusalemme è ambientata la parabola del buon samaritano.
«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. [31]Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. [32]Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. [33]Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. [34]Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. » (Luca, 19, 30-34).
Altra esperienza mozzafiato è stata l’ascesa mediante la “Ovovia” (una funivia sospesa nel vuoto), al monastero ortodosso, costruito sulla parete del Monte detto delle Tentazioni. Da qui si contempla la città di Gerico e la valle del Giordano. Sotto la giurisdizione dell’Autorità Nazionale Palestinese, il monastero è gestito dalla chiesa greco-ortodossa. L’edificio è stato costruito su un monastero preesistente del VI secolo, sopra la grotta, dove, secondo la tradizione, Gesù trascorse quaranta giorni e quaranta notti digiunando e pregando, messo alla prova dalle tentazioni di Satana.
[1]Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto [2]dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. [3]Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane». [4]Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo»…
E ancora:
[12]Gesù gli rispose: «E' stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». [13]Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato( Luca, 4, 1-4; 12-13).
Dopo qualche ora di viaggio arriviamo finalmente a Gerusalemme, che ci appare a prima vista come una qualsiasi città del mondo, col suo traffico caotico, con edifici moderni, chiese cristiane e minareti musulmani. Molti sono gli arabi vestiti all’occidentale e con qualche rara kefiah. Alla folla di pellegrini e turisti si aggiunge, poi, un gran numero di ebrei ortodossi, con i caratteristici cappelli neri, da cui spuntano lunghe basette e capelli arricciati. Alcuni bambini sono abbigliati allo stesso modo e suscitano tenerezza e, non so perché, anche un po’ di apprensione. Ma a dimostrazione che i bambini sono tutti uguali in qualsiasi parte del mondo, ho ancora in mente un piccolino con i piedi piantati per terra, tirato inutilmente da un adulto, forse il padre: non piangeva e non strillava, ma non voleva muoversi. Non saprò mai come è andata a finire la cosa!
Sabato, 24 Settembre.
La mattina del sabato ci siamo recati ad Ein Karem, un antico villaggio, oggi divenuto un quartiere di Gerusalemme, dove, per la tradizione cristiana, nacque Giovanni Battista. Secondo i Vangeli, qui, tra le colline in una città di Giuda, si sarebbe recata Maria in visita alla cugina Elisabetta, dopo l’annunciazione. Secondo alcuni, il luogo, in cui sarebbe avvenuto l’incontro, sarebbe la casa di Zaccaria, secondo altri, la fonte del villaggio. In questo ultimo luogo sorge la Chiesa della Visitazione di Maria ad Elisabetta, madre del Battista
[39]In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. [40]Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. [41]Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo [42]ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! »(Luca, 1, 39-42).
Qui Maria avrebbe pronunciato il suo canto di lode, il Magnificat.
«L'anima mia magnifica il Signore
[47]e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
[48]perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
[49]Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
[50]di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.
[51]Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
[52]ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
[53]ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
[54]Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
[55]come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza,
per sempre».
Sulle colonne della chiesa sono scolpiti versi del canto e sul muro ci sono tavole di ceramica che riportano il Magnificat in lingue diverse. Sulla facciata della chiesa c’è un bel mosaico che raffigura la Visitazione. Presso la chiesa, gestita come altri luoghi sacri dalla Custodia Francescana della Terra Santa, abbiamo incontrato un giovane frate di Grosseto, compaesano di alcuni pellegrini. Non posso dimenticare il sorriso e la serena tranquillità di questo giovane, in posa per una foto da mandare alla mamma in Italia.
A poca distanza, sulla sinistra e sopra una collinetta, sorge la chiesa dedicata a Giovanni Battista, sul luogo dove, secondo la tradizione, era la casa di Zaccaria ed Elisabetta. All’interno si trova una grotta, dove sarebbe nato il Battista. All’esterno piastrelle in ceramica ricordano in diverse lingue il canto di lode di Zaccaria, il Benedictus, all’annuncio della nascita del figlio
[68]«Benedetto il Signore Dio d'Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
[69]e ha suscitato per noi una salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo…
[76]E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
[77]per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati,
[78]grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge
[79]per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell'ombra della morte
e dirigere i nostri passi sulla via della pace».
(Luca, 1, 68-69;76 -79)
Nella stessa mattinata siamo arrivati a Betlemme. In territorio palestinese ad una decina di chilometri da Gerusalemme, la città è luogo d’incontro di culture diverse. Il centro spirituale per i cristiani è la Chiesa della Natività, amministrata congiuntamente da autorità cattoliche, ortodosse e armene. La prima chiesa fu innalzata per ordine di S. Elena, madre di Costantino, nel 327 sopra una grotta che la tradizione indica come il luogo di nascita di Gesù. Distrutta e ricostruita, ampliata successivamente, ha come accesso una porta molto bassa, chiamata La porta dell’umiltà.
Emozionante è stata la visita alla Grotta. Ci mettiamo in coda dietro a credenti cattolici ed ortodossi: scendendo ripidi scalini troviamo a destra il luogo dove, secondo la tradizione, è nato Gesù e a sinistra dove fu avvolto in fasce. Il luogo esatto è indicato al di sotto di un altare da una stella d’argento, collocata sul pavimento di marmo e circondata da lampade votive, anch’esse d’argento.
[4]Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, [5]per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. [6]Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. [7]Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo (Luca, 2,4-7).
A mezzogiorno abbiamo anche partecipato alla processione che i custodi della Chiesa della Natività compiono ogni giorno dalla Chiesa cattolica di S. Caterina d’Alessandria alla Grotta. Poi abbiamo celebrato la messa proprio in una cappella adiacente, portando i nostri canti e le nostre preghiere dentro a quei luoghi santi e all’interno di quelle antiche mura.
Vicino alla Chiesa della Natività si trova la Grotta detta del Latte: secondo la tradizione, Maria, durante la fuga in Egitto, vi si rifugiò e, mentre allattava Gesù, alcune gocce di latte sarebbero cadute, colorando le rocce di bianco.
A circa tre chilometri dalla Chiesa della Natività, si trova il cosiddetto Campo dei pastori, dove, secondo la tradizione, alcuni pastori, che pascolavano le loro greggi, accolsero per primi l’annuncio della nascita di Gesù:
[9]Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, [10]ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: [11]oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. [12]Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». [13]E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:[14]«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Luca, 2,9-14).
Qui è stata innalzata, a metà del secolo scorso, la Cappella dei Pastori, a forma di tenda, e la cupola con strette finestre di vetro ricorda un cielo stellato.
Al rientro a Gerusalemme, dopo cena abbiamo visitato la città di notte. Da un luogo elevato, non identificato con precisione, abbiamo potuto contemplare la spianata del Tempio, con le Moschee di Omar e El Aqsa. Nella stessa serata abbiamo raggiunto il Muro del Pianto, luogo sacro per eccellenza agli ebrei. Costruito come muro di contenimento sul finire del I secolo a. C., chiudeva il lato occidentale della spianata del Tempio. La distruzione romana di Gerusalemme e del Tempio nel 70 dopo Cristo lo lasciò intatto. Ci siamo avvicinati al Muro, le donne a destra e gli uomini a sinistra, con un po’ di timore dettato dal rispetto: personalmente avvertivo la mia presenza come quella di un’intrusa in un rito che non mi appartiene, ma che mi ha molto impressionato. Mi ha colpito la presenza di tanti giovani, ragazze e ragazzi, alcuni piangenti, che procedevano in silenzio e a capo chino in direzione del Muro e poi se ne allontanavano camminando all’indietro. Non solo al Muro del Pianto, ma anche in altre situazioni la gioventù mi è apparsa profondamente ferita con un grande peso sulle spalle: un passato tragico, un presente doloroso nella sua incertezza e un futuro inimmaginabile.
Domenica, 25 Settembre.
La mattina della domenica abbiamo visitato Betania, a circa tre chilometri da Gerusalemme. Dove era la casa degli amici di Gesù: Marta, Maria e Lazzaro, è stata costruita la Chiesa di S. Lazzaro, adorna di mosaici che ricordano l’incontro con le due sorelle. A poca distanza dalla chiesa si trova la tomba di Lazzaro, che abbiamo visitato: qui, secondo la tradizione, Gesù resuscitò l’amico dai morti:
[41]Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. [42]Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». [43]E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». [44]Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare»(Giovanni, 11, 41-44).
Il mistero della resurrezione provoca sempre sbigottimento: quel gridò a gran voce rimbomba nel silenzio, producendo un’eco che arriva ancora fino a noi dopo quasi duemila anni. Ma del brano dell’evangelista il punto per me più commovente è quando, all’annuncio della morte dell’amico, si dice Gesù scoppiò in pianto[35] !
Nel pomeriggio abbiamo visitato la Collina della Memoria: sulla vetta di un colle nella parte ovest di Gerusalemme si trovano il Museo dell’Olocausto, il Memoriale dei bambini, il Giardino dei Giusti: questo luogo mi è apparso come una nuova Via Dolorosa.
Già sapevo del Museo e del Giardino e in parte ero preparata. Al contrario, mi ha colto di sorpresa e mi ha sconvolto il Memoriale dei Bambini vittime dell’olocausto. L’edificio è costruito in un luogo semisotterraneo. Si procede al buio, uno dietro l’altro, seguendo un corrimano. Il buio è rischiarato da piccole luci disposte su un soffitto a cupola, simile ad un cielo notturno: queste luci creano l’illusione di stelle, e brillando, alcune più altre meno, suggeriscono una diversa distanza. Una voce elenca in diverse lingue e incessantemente i nomi dei piccoli, uccisi nell’olocausto, l’età e la nazione di provenienza. Quando sono uscita, ho sentito di essere quasi emersa da una voragine e alla luce del sole, all’aria e alla brezza, ho ricominciato a respirare e con gli occhi umidi mi sono sentita in colpa.
Questo luogo, insieme al Muro del Pianto, è stato una tappa da percorrere nella convinzione che la meditazione sul passato non basta né si esaurisce mai per scongiurare il ripetersi delle stesse atrocità: quanti genocidi, quante stragi, quanti morti, prima e dopo questo, si sono succeduti nella storia! Nello stesso tempo, anche semplicemente muoversi in una terra dilaniata dalle divisioni, mentre s’innalzano muri che separano città e paesi e si infittiscono posti di blocco e confini, in una pace che appare labile e temporanea, tutto questo accresce un senso d’impotenza, nel dubbio se questa sia stata la migliore soluzione possibile per le popolazioni coinvolte. (segue)
Chiara Camerini