Di recente è uscita la seconda edizione dell’ultimo lavoro di Ivo Ulisse Camerini, il romanzo breve “I giorni e le notti di Annibale Barca tra Vallecalda e Cerventosa”, con il sottotitolo “ Le ignote cinque giornate dei casalesi al tempo dell’antica Crestona”.
Il romanzo, sapiente miscuglio di realtà e fantasia, è dedicato da Ivo ai suoi genitori, Gigi e Rina, e a tutti i casalesi che riposano sul “Toppo della Chiesa”, il piccolo cimitero di Casale, eredi di quei casalesi che assistettero al passaggio di Annibale: il generale cartaginese, venendo da Nord, e dirigendosi verso il Trasimeno, per la battaglia in cui, ancora una volta, avrebbe sconfitto le legioni romane, secondo tradizioni accreditate, sarebbe entrato in Vallecalda, attraversando il fiume Minima al ponte di legno di Stabbia.
La ricostruzione dei cinque giorni precedenti la battaglia del Trasimeno deriva da un manoscritto rinvenuto dall’autore sul sedile di un treno, a imitazione di un ben altro manoscritto e di un ben altro autore!
Il manoscritto dell’anonimo manda gambe all’aria secoli di storia: per questo nella premessa del romanzo si avverte l’eventuale lettore di non prendere troppo sul serio la narrazione, perché il racconto, pur essendo l’antecedente di una battaglia sanguinosa, vuole essere solo puro divertimento, una rievocazione fantastica, un gioco, dove passato e presente si intrecciano e in un ipotetico “mondo alla rovescia” la vita di semplici montagnini, boscaioli e pastori, è innalzata agli onori della Storia, mentre nella realtà gli umili la Storia la subiscono, rimanendo sempre senza nome e senza parola.
Nel romanzo, invece, i veri protagonisti sono loro, che, antenati dei casalesi di oggi, ne ricordano il nome o il soprannome e ne svolgono le stesse attività, che si tramandano come un rito di generazione in generazione. Ma sono soprattutto i luoghi che, conosciuti e molto amati dall’autore, rivivono nel racconto: ogni posto, ogni punto della montagna ha il suo bel nome, che solo chi vi abita conosce perfettamente e non confonde. Vallecalda e Pian di Valtasso, Santarso e Ginezzo, Trafforata e Termine, Castel Giudeo e Melello: nomi che sanno di antico, che si perdono in tempi lontani e di cui sfugge il significato, ma che sono tutt’uno con quella quercia lì da sempre, con quel castagno che fiorisce ogni anno, con quella pietra che sembra sempre sul punto di rotolare giù.
Anche il dialetto ha una funzione essenziale nel racconto: oltre alle ricette culinarie tipiche in dialetto chianaiolo del “trisavolo” Zeno, tradotte in lingua “cartaginese” da Ulisse, il giovane figlio di Gigi e Rina, che aveva studiato a Roma, veri e propri “fiori” sparsi qua e là nel racconto, come il cibo dei casalesi che è da secoli il “pan de legno” ( le castagne), annaffiato con il “vin de nuveglie” (acqua), testimoniano la vitalità del dialetto e la sua aderenza ai luoghi e alle persone che vi abitano.
In questo mondo i personaggi “storici” , Annibale e i fratelli Asdrubale e Magone, il comandante della cavalleria, Maarbale, Ducario, l’insubre che ucciderà il console Flaminio al Trasimeno, sono coprotagonisti, spesso figure di contorno o comparse, pretesto per un racconto che vede come attori principali sconosciuti casalesi del III secolo a. Cr..
Le immagini più reali sono forse il mulo”indomito e selvaggio “ di Gigi, che ospita Annibale, e Surus, l’elefante del condottiero cartaginese con cui giocano i piccoli casalesi. La guida gallica, Magalo, solo al termine del racconto si rivelerà a sorpresa centro della narrazione, come colui che “lega”il nostro tempo al passato lontano.
Oltre all’inserimento di protagonisti della politica novecentesca, come Aldo Moro, Amintore Fanfani,Sandro Pertini,Enrico Berlinguer, Franco Marini,Pierre Carniti e Giorgio Almirante, personaggi da “salvare” nella generale corruzione di Roma da parte di Annibale, una volta giunto nella capitale del mondo, la “contemporaneità” del racconto è soprattutto nella speranza che i casalesi vivono e ripongono in un “salvatore”che liberi lo Stato dai corrotti: tentazione questa che costituisce un po’ il peccato originale dell’umanità da sempre.
In questa circostanza la figura del “salvatore”si identifica con Annibale. La delusione è, però, quasi immediata: “… anche il grande comandante cartaginese si perse negli ozi termali romani e nonostante le promesse dei suoi giorni passati tra Vallecalda e la Cerventosa, non riuscì a ripulire la grande capitale del mondo dalla corruzione, dai furbetti del quartierino e dai teatranti politici, che, pur cambiando di tanto in tanto come i suonatori sul palco, continuano ancor oggi a suonare la stessa musica” .
Fiorella Casucci