Su Fb di quest’oggi abbiamo trovato questo bel post che volentieri pubblichiamo per i nostri lettori. Grazie, Anna! ( IC )
Diario di QUESTI GIORNI
Alcuni mi dicono che si alzano tardi perché non devono andare al lavoro, altri perché sono tristi, altri ancora perché così ritardano il momento in cui sentiranno i bollettini di guerra. Io mi alzo presto come sempre, anche di più. Le sei, sei e mezzo massimo. Perché c'ho l'ansia, quindi meglio smaltirla da in piedi che da stesa. Poi perché dico che ho da fare tante cose.
E intanto passano le prime ore tra: ultime notizie, ma in genere da mezzanotte non è cambiato molto, commenti, googlate con la frase "quando finirà", oroscopi e boh. E intanto caffè deca. Quanto tempo che non ne prendo un normale. Poi provo a leggere qualche pagina di libro, di mattina me lo impongo, perché per il resto della giornata non ci riesco. Ma giusto qualche pagina e ogni volta di un libro diverso.
Poi sveglio quei due, e questo mi richiede un bel po'. Perché non c'è niente da fare, la mia autorevolezza di fronte a quella della campanella vera, perde dieci a uno.
Quando alla fine ce la faccio, ci ritroviamo al tavolo di cucina. Cerco di dire due o tre cose buffe per riderci su, è proprio tutto assurdo. Se non le dico io, qualcosa dicono o fanno loro, e una risata ci scappa sempre. Lo fanno sempre anche col loro babbo, quando sono da lui, che in certe cose è un maestro.
Poi c'è Sara che cucina i pancake, hanno imparato la ricetta in videochiamata con le amiche. Quell'altro invece, poi uno dice "i maschi...", si fa scivolare giochi del telefono sulle ginocchia, sotto il tavolo, pensando che io non lo veda, malandrino! Allora mi viene in mente mia zia Vera, che mi raccontava sempre che quando era ragazzina, a tavola, si metteva un romanzo sulle ginocchia e di nascosto dai genitori e dai suoi tre fratelli, (uno era mio padre), leggeva. Proprio non poteva farne a meno. Qualcosa mi dice che quei pranzi e quelle cene, conoscendoli, non fossero fatte di grandi dialoghi, e credo che certe stravaganze a tavola non sarebbero state gradite. Mica come oggi, in questi giorni, dove sono io la prima a mettere il computer sul tavolo per vedere il tg mentre si mangia, e fino a poco tempo fa qualche serie che piaceva a tutti e tre. Comunque mia zia diventò professoressa di Lettere, (una delle più brave professoresse di lettere che ho mai conosciuto), forse grazie anche a quei libri letti di nascosto a tavola. E verso gli anni Cinquanta, venendo da una famiglia semplice e ruvida come la sua, (ma bella eh, questo tanto!), non credo che una laurea in lettere e un posto da prof fossero proprio una cosa da niente.
Comunque, il telefono dalle ginocchia di Mumbi viene rimosso, anche con lui che reclama "stavo vedendo che compiti hanno dato!".
Una cosa che facciamo da qualche giorno, mentre gli sbadigli e un po' d'appiccicume di miele e pancake governano la cucina, ci mettiamo lì e io gli leggo qualcosa. Ultimamente sono articoli di Robinson. Gli ultimi per esempio riguardavano Omero, da vari punti di vista. A Sara piace il fatto che qualcuno ha detto che forse Omero non è mai esistito e che al suo posto c'erano vari ghostwriter. E siccome sta leggendo la Ferrante, abbiamo pensato che magari, se un giorno la scuola dovesse ricominciare e lei avesse i suoi esami di terza media, potrebbe fare uno studio su questo, un paragone tra Omero e la Ferrante. "Che dici ma'?" "Fichissimo! E il tu' fratello che dice? Hai sentito almeno una frase che abbiamo letto Mumbi? ripetimi qualcosa." "Dai dopo, ora sono stanco", "ma di già?" "Eh..."
Io lo so che la scuola gli manca. Più che altro gli manca non sapere il quando e il come riprenderà. Non che me lo dicano, ma li ho visti come guardano la piazza alle 5 del pomeriggio di queste giornate di primavera quando magari vanno o tornano dalla casa del loro babbo e io li accompagno. Quella piazza che a quell'ora, in questi giorni, si riempiva di loro, dei loro amici, di gelati, di palloni, di telefoni con foto che le ragazzine si inviavano pur stando a 30 centimetri di distanza. Di discorsi sulla mattina che avevano fatto a scuola, quando quello ha detto e quell'altro ha risposto, e la prof allora, e poi a educazione fisica, e poi all'uscita...
Ho risentito l'odore dei loro gelati in piazza, dei miei sotto casa di Roma alla loro età. Quelli del bar Bondolfi, madonna che buoni. La nostalgia sempre.
Ieri quella piazza mi ha tirato fuori un magone! Perché ieri si sentiva la primavera, e mi sono chiesta se almeno un pezzetto di questa che sta arrivando, magari l'ultimo pezzetto prima che arrivi anche l'estate, ci sarà permesso di vederlo da "fuori", cioè stando fuori casa. Ieri quella piazza era un sipario vuoto, un teatro in cui agli attori non è permesso di salire né al pubblico di entrare.
Ma... siamo fortunatissimi. Siamo ancora sani. Pensa a tutti gli altri, mi dico, dico ai ragazzi.
Il resto sono ore di notizie da ascoltare, che poi non serve ascoltarle tutte. Ma io invece non sono mai stata così esperta di notizie del tg nella mia vita.
Verso sera proviamo a fare ginnastica coi tutorial, e mia figlia mette delle playlist sue con canzoni anni Ottanta che già piacevano a me alla sua età. Bello che la musica non è poi così vero che si rinnova. Quanto mi piace, ultimamente, ciò che non si rinnova ma resiste dal passato.
Poi proviamo pure a suonare. Poi ci sono le serie da guardare. Poi alla fine cediamo ai vizi, loro all'Ipad con cui però giocano insieme, io alle mie tante cose su cui giro a vuoto. Perché poi ci sono anche le mie ore, solo mie. Quelle in cui riesco a fare poco di ogni cosa, a scrivere per lavoro, (sono tre giorni che rileggo le prime dici pagine di una cosa, ora se non vado avanti sono guai), a leggere per crescita personale. Ieri ad esempio ho fatto una lista di persone che non sentivo da tanto e ho mandato messaggi vocali a tutte. Poi fatto due risate con amici di Roma in videochat. E passano le ore, come diceva una canzone che non mi piaceva.
E la sera altre notizie. Ieri sera ho sentito l'intervista di quel dottore rianimatore di Bergamo, che pensava di morire e invece ce l'ha fatta, è tornato a casa dai suoi 4 figli, e forse è anche tornato al lavoro. Raccontava la sua entrata e uscita nell'incubo e sembrava un racconto di fantascienza. Accidenti alla fantascienza che non mi ha mai sconfifferato in vita mia, sono rimasta a "spazio 1999". A me piacciono il passato e la nostalgia delle cose passate, possibile che vogliano convincerci che certi "viaggi allucinanti" (cit. di Asimov, questa la so!), che certi viaggi allucinanti, siano la vita che verrà? No, no, no.
Oggi non lo so come andrà.
Però tra un po' sveglio 'sti due e vediamo se anche oggi ci vengono due o tre cose buffe da dire.
Anna Cherubini