Tutti ci si aspettava , con la celebrazione della Santa Pasqua, di risorgere ad un minimo di vita religiosa e civile. Invece il cosiddetto ingabbiamento in casa, con uscite solo per coloro che lavorano o per motivi di sola necessità , per altro troppo spesso demandata al buon senso ( o arbitrio ) dei controllori sulle strade o al minaccioso occhio dei droni o delle app, verrà prolungato al 3 maggio con un ulteriore speciale decreto, che , more solito, verrà firmato dopo le solite fughe dalle stanze di palazzo.
Il problema non è l’imposizione di regole sanitarie che dovevano essere varate già a gennaio, ma la tracotanza di un potere assoluto che riserva ai grossi e ai ricchi la libertà di un vivere su cui addirittura lucrare e intrapprendere come businnes sulla pelle di chi sta male o di chi non può difendersi.
Sulla pelle di un popolo che, giustamente impaurito da un male sconosciuto e letale, sta oggi rinchiuso in casa e ,dall’iniziale “ andrà tutto bene” , sta passando al “ non ce ne può fregà de' meno” e sta cadendo nell’apatia e nell’insensibilità civile, sociale e democratica.
Da più parti anche nei social si sente dire : “ non vogliamo pensare, non vogliamo sentire, vogliamo salvarci da soli e con tutte le scappatoie che ognuno potrà immaginare”.
Secondo me conservare , salvare i nostri corpi, le nostre cose ad ogni costo, rinchiudendoci tra le quattro mura domestiche, sarà troppo poco per il futuro del mondo. Come si fa a credere che, se noi lasciamo gestire solo al potere i duri fatti che, senza sconto, la natura e il destino oggi ci chiedono di affrontare , potremo essere una generazione vitale? Se non portiamo dentro di noi questa dura , tragica realtà, cioè se non apriamo loro le porte del nostro cuore e della nostra testa, come possiamo fare a credere nel futuro, nel domani vitale della nostra società ?
Credo che, come già ci disse Ety Hillesum , morta ad Auschwitz nel 1943, sia compito di chi ancora ha cuore vero ( e non di pietra come i governanti olandesi e tedeschi di oggi) lanciare nuovamente un grido di speranza che faccia nascere un nuovo pensiero dai “ pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione”. Un nuovo pensiero che sia faro per il futuro dell’umanità. Un nuovo pensiero che partendo dal male come 'pro-vocazione' sia appello condiviso di tutti all’instaurarsi di una nuova etica della compassione , della morale, della pietas, dove la sofferenza del prossimo , dell’altro divenga per ognuno e , in primis per i governanti, un vero imperativo categorico ad eliminarla, a non tollerarla più nelle nostre società. Prima di tutto in quella italiana, che, da secoli, si rifà alla matrice del cristianesimo e dell’umanesimo per costruire ed affermare la civitas terrena.
In tanti nel passato hanno denunciato lo scandalo della “giustificazione del dolore del prossimo come la sorgente di ogni immoralità” ( Lèvinas). Vedere ancor oggi la terribile sofferenza di giovani ed anziani che muoiono soli, senza il conforto dei loro cari, ci riporta alla mente la denuncia di Albert Camus , nel suo libro del 1947 ,La peste. Cioè dello scandalo inaccettabile del dramma del bambino dilaniato dal dolore della peste: “ La sofferenza dei bambini era pane nostro amaro, ma senza questo pane la nostra anima sarebbe perita di fame spirituale”.
Oggi abbiamo come amaro pane quotidiano il dolore di tanti anziani e meno anziani e anche giovani che muoiono da soli. Dolore e dramma che però non ci dà pane per la nostra anima, anzi ci dà , spesso, noia, indifferenza e arroganza di giudizio, come nel caso Boris Johnson, dove in molti non si son vergognati di adoperare parole disumane o da jena ridens.
Perché nonostante la tragedia dei tanti troppi morti di coronavirus, “ l’orribile che accade al prossimo non ci chiama tutti alla sensibilità e alla prossimità?”, tanto per riprendere e attualizzare ancora le parole di Lèvinas?
E’ un interrogativo che in questa Pasqua 2020 ci dobbiamo porre con umiltà tutti, facendo proprio quanto ancora ci raccomanda il filosofo francese Emmanuel Lévinas, morto nel non lontano 1995: “ Il regno di Dio dipende da me. Dio ha subordinato la sua efficacia- la sua associazione al reale e la presenza stessa del reale- al mio merito e demerito; ma proprio per questo Dio regna attraverso la mediazione di un ordine etico, laddove un essere umano risponde di un altro. Il mondo è non perché persevera nell’essere, ma perché , attraverso l’operare dell’uomo, può essere giustificato nel proprio essere”.
Insomma , la provocazione che il male anche oggi ci dà, per non cadere nell’apatia e nell’ indifferenza, sia , per credenti e per non credenti, un guardare al futuro , un darsi da fare per costruire ed istituire un mondo umano, inteso come gratuità concreta , come misericordia e pietas per l’altro, per il prossimo. Quel prossimo che,come ci ricorda ogni giorno Papa Francesco nelle sue messe in Santa Marta, è Dio stesso.
Nella serata strana di un venerdì santo, con un Papa solo in una piazza San Pietro deserta e silenzioso anche a Cortona (dove la tradizionale processione ci faceva tuffare per qualche ora nel tempo dei cristiani testimoni per strada di Gesù morto in croce per redimere l’umanità), un sincero, cordiale augurio di Buona Pasqua 2020 a tutti i nostri lettori da parte di tutta L’Etruria. Nella foto-collage di corredo, immagini delle storiche processioni cortonesi del venerdì santo.
Ivo Camerini