Sulla pagina Fb di Spartaco Mencaroni, giovane dottore cortonese, dirigente della Usl Toscana Nord Ovest troviamo questo interessante post, che volentieri pubblichiamo anche per i nostri lettori. Spartaco in questi giorni così difficili, oltre al suo lavoro quotidiano in ospedale, tiene anche una rubrica-commento su Città Nuova, giornale del Movimento dei Focolarini. Grazie Spartaco! ( IC )
Aumentano i casi, calano i ricoveri.
La domanda che tutti ci stiamo facendo, in questa vigilia della Pasqua più strana della storia contemporanea, è come mai aumentano i casi e calano i ricoveri.
Ci sono diverse risposte possibili e poche certezze.
Partiamo dalle buone notizie.
I ricoveri calano e i malati in terapia intensiva sono sempre meno; lo scenario più drammatico, quello del collasso del sistema sanitario, si allontana.
Ma i casi aumentano e l'aumento dei casi non sembra seguire un trend in riduzione. Di fatto la curva dei ricoveri e quella dei casi continuano a seguire strade diverse, come se i rapporti fra le due fasi della malattia fossero decisamente cambiati.
E' la novità di questi giorni: un fenomeno inatteso e nuovo a cui dobbiamo rapidamente cercare una spiegazione. Di questa malattia conosciamo poco e ogni fenomeno che si spiega male ci deve far drizzare le antenne: i virus infatti sono nemici subdoli, veloci e abili nel cambiare strategia, per cui ogni dato che non segue l'andamento previsto va attentamente studiato.
Dunque: perché i ricoveri calano e i casi aumentano?
Risposta facile: i casi aumentano perché facciamo tanti tamponi e stiamo mettendo in evidenza gli asintomatici. Questa fino ad ora è stata anche la mia ipotesi. E' la più semplice, spiega tutto e non è in contrasto con alcuno dei dati disponibili. Fino ad ora.
Il problema è che siamo in lockdown dal 24 marzo e ancora oggi i dati ci indicano che più tamponi facciamo, più casi troviamo. Oggi entrambi i trend (nuovi tamponi e nuovi casi) sono in aumento.
Questa non è una buona notizia.
Può significare due cose:
1. gli asintomatici rimangono positivi per un tempo lungo, maggiore dei 14 giorni del periodo di incubazione, e possono continuare a trasmettere a lungo l'infezione.
2. anche in lockdown, la malattia circola in qualche modo, e quindi gli asintomatici positivi la diffondono. Questo potrebbe essere legato alle sempre crescenti evidenze della diffusione della malattia nelle RSA, fra gli anziani fragili e suscettibili, aspetto che solo negli ultimi giorni sta emergendo in tutta la sua gravità.
Entrambe le ipotesi sono inquietanti e richiedono una spiegazione del perché i ricoveri stiano calando. Il motivo può essere legato al fatto che stiamo diventando più bravi a trattare i pazienti a domicilio, intervenendo precocemente con le terapie (ad esempio il protocollo idrossicolorochina + eparina) ed evitiamo che la malattia peggiori al punto da richiedere il ricovero.
Quest'ultima ipotesi sarebbe l'unica vera buona notizia: non dimentichiamoci che lo scenario di una epidemia si modifica drasticamente non appena cambia uno dei fattori in gioco, e la disponibilità di una terapia efficace è senz'altro uno di quelli a nostro vantaggio.
Ciò contrasta con la situazione che pare emergere dalle RSA: lì i ricoveri non aumentano semplicemente perché i pazienti, fragili e anziani, muoiono subito. Questa situazione, che in alcune zone d'Italia sta venendo a galla in tutta la sua silenziosa drammaticità, rischia di essere un grande e doloroso fallimento come sanità pubblica e come società. In qualche modo il sistema sembra aver voltato la testa dall'altra parte, almeno in una prima fase, o aver sottovalutato il problema fino a quando non è stato troppo tardi.
A parte le ipotesi, rimane il fatto che l'aumento dei casi prosegue e questo deve spingerci a progettare bene la nostra strategia di fase 2: sicuramente sarà necessario trovare un modo per convivere con l'epidemia, non essendo possibile restare in lockdown a tempo indeterminato.
Ma non possiamo permetterci altri errori. Le evidenze che cominciamo a raccogliere sulla vasta circolazione del virus e i sospetti sulla sua lunga persistenza fra gli asintomatici devono guidarci verso scelte logiche, protocolli condivisi e unitari, consapevolezza delle conseguenze di una ripresa della diffusione virale.
Prima di ripartire dobbiamo fare tre cose:
* sapere quanti sono i malati e i contagiosi asintomatici, identificare i loro contatti e mantenere verso queste persone le misure di sorveglianza e isolamento fino alla loro negativizzazione
* definire un protocollo per stabilire chi è negativo e non contagioso (perché mai contagiato o definitivamente guarito) in modo che il Paese possa ripartire in sicurezza senza rischiare un devastante passo falso
* preparare un piano univoco, applicabile su scala locale, per rispondere ad ogni nuovo incremento dei casi in maniera rapida ed efficace. Circoscrivere i nuovi focolai subito, in modo da limitarli ed evitare di doverci rimettere tutti in lockdown
Ripartire, in parte o in toto, senza queste tre condizioni fondamentali è una ricetta per il disastro (e le parziali riaperture di questi giorni, palesemente legate al malcontento e agli interessi di alcuni gruppi della popolazione sono il dato in assoluto più preoccupante di tutti).
Oltre a questo, dobbiamo sapere che alcune abitudini andranno cambiate: le mascherine ci accompagneranno fino a quanto il virus circolerà, ma poi non serviranno più. La consapevolezza che serve un maggior rispetto delle regole sociali e dell'igiene personale invece non dovrebbe mai più abbandonarci.
Dopo tutto questo deve essere chiaro che andare al lavoro con la febbre è da idioti, che i bambini malati devono stare a casa, che non si va alle feste di compleanno se si ha la faringite o la bronchite (e pazienza se il bimbo ci rimane male), che i vaccini vanno fatti, che la sicurezza di tutti è totalmente dipendente dai comportamenti di ognuno.
E' la logica del "io sono più furbo" che ci ha condotti qui: il coronavirus è stata solo la circostanza scatenante. Se stiamo a casa a Pasqua lo dobbiamo a questa cultura.
Forse se impariamo la lezione, per quanto somministrata nel modo peggiore, la prossima volta andrà meglio.
Spartaco Mencaroni