Nel prossimo numero dell'Etruria cartacea, che sarà in edicola a partire dal 14 agosto, nella pagina culturale, viene pubblicato un interesssante articolo di Isabella Bietolini su di un bene ecclesiastico cortonese poco noto : il Calice d'oro del Vescovo Gherardi. Lo anticipiamo come trailer del nostro giornale che uscirà appunto per Ferragosto.
Di Mons. Luigi Gherardi, vescovo di Cortona dal 1726 al 1755,abbiamo avuto modo di scrivere di recente nella rubrica dedicata proprio ai Vescovi della nostra Diocesi. Torniamo però sull’argomento per segnalare l’interessantissimo saggio breve di Giuliano Centrodi, storico dell’arte ed esperto in storia dell’oreficeria nonchè autore di numerose opere su tale argomento, dedicato al “calice d’oro” che proprio Mons. Gherardi donò nel 1749 alla Cattedrale cortonese, pubblicato nella Rivista scientifica semestrale dell’Accademia Raffaello di Urbino ( n.1/2 del 2018). Il saggio, che reca il titolo “ Aloysius Gherardi Episcopus Cortonensis e il suo calice d’oro”, restituisce centralità artistica e storica a questo meraviglioso manufatto settecentesco che Centrodi definisce come uno tra “ i più qualitativamente straordinari del Settecento che si conservano nell’aretino e forse anche in Toscana”. L’indagine condotta recupera e ripropone la preziosità del Calice aggiungendo osservazioni originali che giungono a ricostruire l’ambiente culturale romano nel quale l’opera venne ideata e realizzata: una vera e propria ricostruzione che dall’oggetto conduce al contesto di provenienza e di questo traccia un profilo storico, culturale ed artistico ricco di spunti e suggestioni. La rigorosa analisi storico-artistica dunque s’intreccia con una narrazione più ampia al centro della quale resta comunque quest’opera preziosa ed unica. IL calice infatti è manufatto insigne non soltanto per il valore intrinseco ma soprattutto per “..le invenzioni creative e l’alta qualità delle lavorazioni..”, come precisa Centrodi che, grazie al bollo dell’orafo, era già riuscito in precedenza a identificarne l’autore nel maestro orefice e argentiere Michelangelo Ambrogi, operante a Roma nella prima metà del ‘700: il calice cortonese rappresenta la prima opera in oro conosciuta di questo valente artigiano-artista. Non arrivando ai vagheggiati 3 Kg d’oro, il Calice Gherardi pesa in realtà 768 gr. per un’altezza di 28,49 cm : inoltre non si tratta di oro zecchino, cioè puro, ma di caratura inferiore. Tutto ciò nulla toglie alla preziosità estrema dell’oggetto, splendido per creatività, realizzazione e ispirazione iconografica che si sostanzia nei simboli e negli strumenti della Passione di Cristo oltre ad altri meravigliosi decori . Come scrive Centrodi “Il Calice Gherardi presenta una composta e raffinata monumentalità e appare come una piccola architettura d’oro i cui elementi – timpani, mensole, cornici cartocci e nicchie a conchiglia – sono realizzati con decise ed esuberanti modellazioni..”. L’aspetto più originale di questo saggio è tuttavia legato all’accostamento che l’Autore fa , con solide argomentazioni, al “revival borrominiano” che ebbe a caratterizzare l’ambiente romano e quindi il momento culturale in cui il calice fu ideato e realizzato. Gli architetti del barocco romano dettero linfa vitale “..allo stile della grande argenteria romana settecentesca, in particolare dopo la riscoperta dei disegni e dei progetti di Francesco Borromini “ spiega Centrodi in tema di revival borrominiano riconducendo ad esso l’ispirazione artistica del donativo Gherardi. Il calice si completa con una semplice patena in argento dorato ed un raro cucchiaio eucaristico in oro ( in Italia simili oggetti non sono frequenti poiché vi è maggior uso delle ampolle per gettare alcune gocce d’acqua nel vino da consacrare).Grazie a questo saggio così particolareggiato e ricco di spunti di ricerca un altro capolavoro poco conosciuto appartenente a Cortona ritrova giusta valorizzazione. Isabella Bietolini