Intervistare Antonio D’Urso, il direttore generale della Usl Toscana Sud-Est, non è facile, soprattutto per un giornalista di strada, ma il comune, reciproco amore per Cortona e per Catania, le nostre città natali, ha permesso il risultato e giovedì venti aprile 2023 ho potuto incontrarlo nel suo studio di Via Curtatone, in Arezzo, per un’intervista diversa e fuori dai canoni. Un’intervista esclusiva a cuore aperto, che, volutamente, ha mantenuto il dialogo nel solco della matrice culturale umanistico-cristiana, oggi molto minoritaria e quasi confinata in riserva rispetto a quella mercantile che, come nell’antica Mileto, predomina in quasi ogni settore della società contemporanea italiana ed europea. Ecco di seguito le mie domande e le sue risposte.
D. Medico e manager: come vive lei questi due mondi, queste due professioni apparentemente diverse e in contrasto?
R: Non parlerei proprio di contrasto. Infatti per un medico come me, fortemente legato al Sistema Sanitario, scegliere di fare il manager significa assumersi la piena responsabilità di far lavorare al meglio i professionisti, anche medici, nel delicato equilibro tra benefici di salute per il cittadino e sostenibilità delle risorse. Oggi, d’altra parte, questo ruolo è affidato anche ai Direttori di struttura che sono obbligati, oltre alla clinica e all’assistenza, a fare i conti con le risorse a disposizione. In questo contesto, la difficoltà è quella di coniugare l’appropriatezza, il buon uso delle risorse, l’efficacia e l’efficienza, con una carenza, soprattutto di personale che affatica oltremisura i professionisti. Come medico io vivo con loro questa difficoltà. Come manager devo trovare le migliori soluzioni per rispondere al diritto alla salute dei cittadini, a partire dai più fragili con le risorse a disposizione, nell'ambito della normativa in essere.
D: Come anche lei ricorderà, “sanità e popolo” fu uno dei temi caldi portati avanti nelle grandi lotte operaie e studentesche che guidarono la rivoluzione pacifica dell’Italia degli anni 1968-1994. Una rivoluzione che riportò al centro del dibattito politico italiano quanto ben codificato nell’articolo 32 della nostra Costituzione repubblicana e che aiutò l’approvazione della legge 833 del 1978, che istituì il nostro SSN. Ecco, secondo Lei, il Sistema Sanitario Nazionale italiano ha ancora, concretamente, al suo centro, i principi fondamentali dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità delle prestazioni sanitarie al cittadino?
R: Rispondo con orgoglio di sì. Il Sistema Sanitario Nazionale e di Regione Toscana ha ancora al centro questi valori e chiari questi obiettivi. Il nostro principale impegno è garantire l’universalismo e l’equità delle cure, considerata l’evidenza dell’inadeguatezza di accesso per le sottopopolazioni svantaggiate sotto il profilo socioeconomico e, in particolare, in base al livello d’istruzione; persone spesso residenti nelle aree interne, che è bene ricordare rappresentano il 22% della popolazione in un contesto geografico pari al 60 % della superficie italiana. Non si discosta il nostro territorio. Non si tratta solo di una scelta etica. Infatti, favorire l’equità significa contribuire a rendere il Sistema sostenibile, ridurre gli accessi inappropriati al Pronto Soccorso e, quindi, evitarne il sovraffollamento; significa favorire visite e prestazioni per tutti, quando necessarie, riducendo complessivamente i tempi d’attesa. Anche questi legati, spesso, alla ripetizione di esami conseguenti ad aspettative non correlate a bisogni di salute effettivi ma ad un malessere soggettivo: fenomeno più diffuso tra le popolazioni svantaggiate quindi meno consapevoli. La stessa sottopopolazione che è più a rischio di salute e che noi abbiamo il dovere di tutelare.
D: Qual è oggi il livello aretino e della Valdichiana nell’assistenza sanitaria pubblica e quali prospettive di miglioramenti ci sono per questo non facile 2023 o comunque per l’immediato futuro?
R: L’assistenza sanitaria della provincia di Arezzo secondo il Sistema di Monitoraggio Ministeriale NSG-Nuovo Sistema di Garanzia raggiunge un livello medio alto. Il Sistema monitora la capacità di rispondere ai cosiddetti Lea, ovvero ai Livelli essenziali di assistenza nelle cure e nelle prestazioni nell’area ospedaliera, nell’area territoriale e nella prevenzione. La sufficienza si raggiunge con il punteggio di 60 e l’area aretina sfiora in media un punteggio di 90. Nella provincia di Arezzo il tasso di mortalità è inferiore alla media dell’area vasta sud est. Da tenere sotto controllo, seppur in diminuzione, è tra le malattie croniche, la prevalenza del diabete. Parlando di un tema che sta a cuore ai cittadini, ovvero i tempi d'attesa nello specifico della Valdichiana aretina, i tempi di attesa previsti da Regione Toscana sono rispettati nella maggior parte dei casi: sono da migliorare i tempi d’attesa chirurgici per l’emorroidectomia. Nelle prestazioni ambulatoriali stiamo lavorando per ridurre i tempi, ad esempio, delle visite programmate dermatologiche, allergologiche, otorino ed ortopediche ma ci tengo a sottolineare che i tempi di tutte le visite urgenti sono rispettate nel 100% dei casi.
D: Quale futuro attende la Sanità pubblica in Valdichiana e più segnatamente: quale futuro attende il nostro ospedale di Santa Margherita della Fratta di Cortona?
R: L'Ospedale Santa Margherita è un presidio che risponde in modo ottimale ai bisogni di base della popolazione di riferimento: attività di Pronto Soccorso h24, reparto di degenza di medicina interna con area di monitoraggio per pazienti complessi multidisciplinari, anche post-chirurgici, reparto di chirurgia Week Surgery, ripresa dell’attività ortopedica programmata, è centro di riferimento per terapia rigenerativa e procreazione medicalmente assistita. In questi giorni c'è stata la nomina ufficiale del Responsabile dell’Ortopedia e interessanti progetti nell’ambito dell’oculistica e della cardiologia sono in arrivo. Ma di questo parlerò quando si saranno concretizzati. Considerato quanto detto, sulla carenza di personale voglio anche ricordare che nell’Ospedale della Fratta il personale è stato sempre aumentato ed oggi, rispetto al 2019, ci sono 13 unità di personale in più.
D: La sua formazione e la sua cultura di vita incontrano (ed hanno incontrato) spesso il cattolicesimo sia a livello nazionale che locale. Cosa significa per Lei essere cattolico oggi in questa società sempre più dominata dal consumismo, dal neoliberismo capitalista, che sono ben altro rispetto alla Civitas cristiana dell’Italia del Novecento e dei secoli passati?
R: Questa domanda mi richiama alla mente l’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI, dove il pontefice sottolinea come “ lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica”. Aggiungendo che “per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”. E’ questo concetto che mi guida come manager della salute, che opera nel servizio sanitario pubblico. Pur nelle difficoltà, il mio fine è quello di anteporre sempre l’uomo,cioè la promozione della sua salute, del suo benessere psicofisico e sociale, il rispetto della sua sofferenza, la dignità dei professionisti, alle logiche del bilancio. Perché chi riconosce la sua centralità nel creato vive l’uomo come il fine ultimo del proprio operato, contro una logica liberista, che rischia di mercificare il lavoro dei professionisti e di ridurre i pazienti a numeri. Qui si gioca la nostra battaglia per l’universalismo delle cure, per offrire una risposta a tutti a partire dai più fragili. In questa prospettiva l’azione di un manager si fa "carità cristiana" vissuta nell’impresa, nella responsabilità di produrre servizi utili alla collettività e nell’ andare incontro agli emarginati, ai poveri, agli stranieri “nuovi ignudi”. Insomma,agire su questa strada significa davvero costruire e difendere una sanità proattiva e per tutti.
D: Quindi posso scrivere che lei si sente più manager del popolo che del profitto?
R: Certamente si.
D. Nella sua vita di ogni giorno è più importante la famiglia o l’azienda?
R: Sono entrambi importanti, ma su due piani diversi. La famiglia su quello personale. L’azienda è sul piano collettivo ed è la vita a favore della comunità. Certamente l’impegno aziendale spesso toglie spazio e tempo agli affetti familiari e in questo senso mi sento un po’ in debito con mia moglie Melisa e con mio figlio Emanuele.
D: Un’ ultima domanda. So che lei conosce Cortona, la città di cui L’Etruria è diario di bordo da centotrentuno anni. Cosa pensa della nostra città? Vuol mandare un suo saluto particolare ai cortonesi?
R: Di Cortona penso tutto il bene del mondo e invio volentieri, tramite L’Etruria, un saluto affettuoso di amicizia alla grande comunità dei cortonesi. Mi sento molto legato alla Civitas, ai valori umanistici ed umanitari dei cortonesi e sono sicuro che i cortonesi di oggi faranno di tutto per trasmettere e tramandare alle generazioni future i valori e la bellezza di un patrimonio culturale, civile e cristiano unico al mondo. Un patrimonio che comprende anche l’amore francescano per gli animali, che ho avuto modo di sperimentare direttamente con le attenzioni riservate al mio cane Ciak, quando, ancora recentemente, sono venuto a pranzare con la famiglia in una delle vostre rinomate e tradizionali trattorie del centro storico.
Grazie, direttore, del tempo che ha riservato alla nostra chiacchierata e, anche a nome de L'Etruria, arrivederci a Cortona.
Ivo Camerini
PS: Chi è Antonio D’Urso?
Ecco una breve nota essenziale tratta da biografie pubblicate su Internet. Antonio D'Urso nasce a Catania nel 1962. Dopo la Laurea in Medicina e Chirurgia conseguita nel 1986, dopo le specializzazioni in Anestesia e Rianimazione ( 1989) e in Organizzazione Sanitaria e Sicurezza Sociale( 1993) e dopo un cursus honorum professionale di prim’ordine negli ospedali di Latina e di Roma ( con conseguimento, nel frattempo, di master e specializzazioni in varie università italiane,compreso il diploma del Corso per direttori generali Aziende Usl e Aziende ospedaliere presso la mitica Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Italiana) è Direttore Generale nella Usl di Lucca (2012-2014) , nell’Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini di Roma ( 2014-2016) , nell’Azienda Ospedaliera di Sassari ( 2016-2019).
Dal 2019 è Direttore Generale dell’Azienda Usl Toscana Sud-Est, che è la più grande Azienda Sanitaria d'Italia. Antonio D'Urso è autore di numerose pubblicazioni di ambito sanitario ed è stato docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università del Sacro Cuore e presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università degli Studi di Sassari. Oggi D'Urso è anche vicepresidente di Fiaso, Federazione italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere. L’azienda, il suo senso del dovere e il rigore ( "con cui contamina tutti i suoi collaboratori", come, nel nostro veloce saluto scambiato nel corridoio dopo l’intervista, mi hanno detto la direttrice Antonella Valeri, suo braccio destro nell’amministrazione aziendale e la responsabile della Comunicazione aziendale Marzia Sandroni ) lo trattengono molto al lavoro. Ma Antonio D’Urso, anche se è costretto a non viverla a tempo pieno a causa del suo impegno di general manager di una grande azienda, che si estende sulle tre province di Arezzo, di Siena e di Grosseto, ha una famiglia cui tiene molto. E’infatti sposato con Melisa, ha un figlio, Emanuele ( laureato in Scienze della Comunicazione e Marketing e che lavora presso l’Università romana Lumsa) ed ha anche un amico fedele: il cane Ciak. Anche se la sua passione più forte sono i cani, tanto che è anche addestratore cinofilo, Antonio ama tutti gli animali.
Nelle foto di corredo, Antonio D’Urso (1)con i sui direttori di settore: Patrizia Castellucci, Simona Dei ed Antonella Valeri; (2) con i suoi collaboratori del periodo di Sassari; (3) tra i giovani professionisti della Usl Toscana Sud-Est; (4) con la moglie Melisa e il figlio Emanuele nel giorno della laurea; (5) in un affettuoso primo piano con la moglie Melisa; (6) alla scrivania del suo ufficio in Arezzo durante l’intervista; (7) con il direttore amministrativo Antonella Valeri al termine dell’intervista; altre: primi piani. ( IC )