Ultima domenica del 2018 al mio solito bar-circolo culturale camuciese. Un caffè ed un’ora di discussioni davvero forti in tutti i sensi, cioè anche con voce forte e occhi cattivi, che meritano di essere registrate e passate senza paura al 2019 in arrivo tra poche ore e che si annuncia come un anno di grande cesura tra passato e futuro. Ecco allora quanto registrato nel taccuino del giornalista di strada.
Primo avventore: “ Hai visto che la finanziaria ci sarà -dice un signore di mezz’età ad un settantenne del Pd che a ottobre e novembre scommetteva con tutti che il governo penta stellato sarebbe imploso proprio sulla legge di Bilancio dello Stato. Stasera il Bilancio dello Stato sarà approvato e domattina vedrai che sarà legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale con la firma del Presidente della Repubblica, perché in Italia non c’è una dittatura degli asini come dite voi, o una “onagrocrazia” come dicono i vostri capi, ma un governo del popolo che pensa al popolo. Ah! Che soddisfazione quel caffè domattina. Me lo gusterò proprio alla salute vostra e dei vostri padroni dell’Europa e della globalizzazione. Avete preso un altro schiaffo e l’anno prossimo altri ben più forti ne prenderete. Mi raccomando non te ne scordè che vengo a cercatte a chésa”.
Secondo avventore: “ Somèro. Nun fè tanto festa – risponde a tono il settantenne chiamato in causa. Il caffè tel pègo, sta tranquillo. Ma tu e i tua nun cantéte troppo che Junker è sempre lì e, a tiravve l’orecchi, nun ci mette tanto. Mica me fè paura, sé. El caffè tel pègo, ma unn' arizzè tanto la cresta che mica me fè paura, sé! ”
Terzo avventore: “Qui la discussione stamani si fa interessante e anche delicata. I vostri occhi però sono troppo rossi e accecati di rabbia. Sarà bene che vi si divide subito prima che combiniate qualche guaio e vi azzuffate come han fatto i vostri a Montecitorio e a Palazzo Madama. Basta con questa Babilonia della politica da stadio calcistico. Torniamo a ragionare e discutere con rispetto ed educazione civica, perbacco!”
Quarto avventore: “ Dite bene , amico. Ci vuole di tornare subito a ragionare con argomenti e proposte serie per sapere dove la politica va e dove ci sta portando. La crisi la chiamano finanziaria ed economica , ma , per me, è soprattutto di valori, di cultura. E’ una crisi etica, morale e davanti al vento della storia e della rinascita delle nazioni che ha ripreso a soffiare forte non si può restare indifferenti. Soprattutto il tuo Pd, caro amico pensionato, non può schierarsi dalla parte dei lestofanti, dei Gamba di legno della Commisisone europea o della globalizzazione finanziaria e tecnologica. La sinistra non può rendersi complice dell’instaurazione della dittatura tecnologica degli algoritmi, dell’intelligenza artificiale che schiaccia e schiavizza l’uomo. Non può stare dalla parte dei padroni dei blockchain, del grande vecchio che tutto vede e tutto controlla.”
Quinto avventore: “Hai proprio ragione, amico cittadino. Come sai, io vengo dalla campagna, non ho lauree nazionali o masters inglesi o americani da appendere al muro. La mia università è stato il duro lavoro della terra e dell’edilizia, ma oggi lavorare e sacrificarsi per i figli, per la famiglia, per la comunità cui apparteniamo non serve più a nulla. Anzi ti ridono dietro e lo Stato nazionale, locale ed europeo ti corre dietro e ti assale come una sanguisuga facendoti pagare solo tasse su tasse, senza nemmeno proteggerti dai ladri, dai lupi che ormai la fanno da padroni. Questa Babilionia politica, in un modo o nell’altro, va abbattuta.”
Sesto avventore: “Amici del governo pentastellato e amici del Pd, vedo anch’io che stamani siete troppo inveleniti. Mica vorrete fare a botte come i vostri deputati? Lasciate perdere che a Roma sono come i ladri di Pisa. Di giorno questionano, ma di notte vanno a rubare insieme. Qui ci vuole che la sinistra torni a fare la sinistra. Il sindacato torni a fare il sindacato. Cioè che le organizzazioni politiche e sociali del popolo tornino ad essere veri strumenti di lotta politica popolare e non associazioni dirette da traditori della classe lavoratrice e strutturate al servizio degli interessi del nuovo capitalismo, che ha gettato il nostro paese in bocca agli speculatori della globalizzazione e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Prima che il caffè si freddi e la discussione stamani prenda la brutta via della violenza verbale e fisica, permettetemi di ricordarvi brevemente alcune cose che erano valide nel secolo passato, che sono valide ancor oggi e lo saranno anche domani, sempre che gli algoritmi non instaurino troppo presto la dittatura di loro signori, cioè dei nuovi Gamba di Legno.
Chi intende misurarsi con l’odierna realtà produttiva deve cercare un filo di Arianna che lo orienti nella complessità del labirinto sociale, che non è solo il frutto di una ristrutturazione capitalistica che ha rimescolato e frammentato le identità in rapporto al lavoro, ma anche di una mistica del sacrificio che ha infranto i legami di solidarietà, la fiducia in una azione collettivamente vantaggiosa che definisca una nuova architettura di valori e relazioni sociali. Dal regno della scarsità è emerso tutto l’arrogante cinismo dei «meriti» individualistici che si affermano, in una logica darwiniana, calpestando bisogni e valori.
Qui deve ritornare ad agire, operare la vera politica il vero sindacato. Se il lavoro è stato il punto di lacerazione del tessuto sociale deve divenire anche il filo della sua ricomposizione. Deve cioè tornare intreccio fra tempo di vita e di lavoro. Occorre ridare al lavoro una sua autogestione sociale, non capitalistica e non statalista, attraverso il volontariato e la cooperazione.
Una ricerca di nuovo lavoro da creare non in modo assistenziale ma per produrre una nuova richiesta sociale, con una nuova qualità etica, ambientale ed umana di un lavoro oggi offeso dalla voracità del profitto. Questo deve essere oggi l'obiettivo di chi vuol fare politica e sindacato. Questa è la ricchezza di una nuova concezione versatile e multidimensionale del lavoro che deve avere la nuova sinistra, evitando le secche del produttivismo industrialista che continua a segnare il limite dell’orizzonte del Pd e che riporti in primo piano quel lavoro agricolo, non drogato dalla chimica, che è la vera,unica possibilità per l’uomo di sopravvivere su questa terra. Qui è il punto d’incontro su cui costruire una nuova politica per l’oggi e il domani degli italiani, delle italiane, dei giovani,dei meno giovani e degli anziani ormai senza più protezione sociale e sanitaria, nonostante una vita di versamenti contributivi. Il dramma dell’Italia e di tante altre nazioni è la disoccupazione, non il reddito di cittadinanza. Anche gli asini sanno che la disoccupazione è innanzi tutto una carenza di reddito, di salario, da integrare con un altro lavoro, non con surrogati salariali presi dalla cassa comune, limitando quelli altrui o le quiescenze di chi ha versato contributi per una vita. Una ulteriore riduzione di un salario o di pensione, già profondamente intaccati, non distribuisce il lavoro, ma può solo contribuire ad un suo ulteriore degrado.
Fare politica o fare sindacato è diventato, per molti versi, più difficile perché la rapidità ed il carattere dei mutamenti pongono sotto tensione tutto il mondo del lavoro e molte delle soluzione, ancora valide ieri, non sono più in grado di dare risposte ai nuovi problemi della gente, ai problemi della persona che vive oggi come lavoratore o consumatore, giovane o anziano, donna o disoccupato. Su quella che è stata definita come «crisi dello stato sociale e dell’uguaglianza» sì innesta l'epoca terribile della rivoluzione tecnologica, con le sue luci e le sue ombre. Chi vuol mettere in campo oggi una nuova politica di sinistra democratica deve tornare a credere nell’umanesimo e nella leva dell’ottimismo che fece grande l’Italia nei secoli del Rinascimento e poi del Risorgimento e degli anni della costruzione della Repubblica. La leva dell’ottimismo può essere applicata anche oggi facendo forza sulla natura stessa del cambiamento, comprendendone fino in fondo le potenzialità, preparando il terreno alle energie che esso è capace di liberare. La trasformazione da società industriale in società post-industriale può costituire per l’Italia, a partire dal suo retroterra civile e culturale, un grande orizzonte di progresso se sapremo toglierci gli oscuri, neri occhiali del profitto neoliberista e tornare alla solidarietà contadina del passato, naturalmente con strumenti adeguati per un suo nuovo sviluppo solidale e che non lasci nessuno indietro, se sapremo collocare i tanti pezzi della società contemporanea nella condizione giusta per recepire nuove riforme sociali ed economiche costruite per l’uomo e il lavoro e non contro questi due architravi della nostra nazione italiana. La nuova sinistra democratica, cioè il nuovo Pd e gli altri, devono guardare con forza e sicurezza alla loro tradizione e alla loro esperienza di confronto costante con l’innovazione, con il cambiamento per ritrovare la spinta necessaria a muovere l’insieme delle energie e delle intelligenze indispensabili al governo locale, nazionale ed europeo di questa nuova, magmatica e convulsa stagione della storia sociale e politica italiana e mondiale. Ma qui , amici del caffè mattutino, mi fermo. Vi ho riassunto e citato a memoria e in maniera disordinata alcune idee e parole di grandi politici e sindacalisti del Novecento. Ma fatene buona memoria che ci serviranno anche nel 2019 e anche dopo. Buona domenica.”
Il sesto avventore finisce di bere il suo caffè, ormai freddo e stringendo la mano al gruppetto dei suoi affezionati ascoltatori e alla barista, che aveva seguito con molta attenzione l’improvvisato comizio, nonostante il via vai dei clienti, augura loro un Buon Anno Nuovo.
Anche il modesto giornalista di strada che , dopo il suo caffè, si era fermato con molto interesse a registrare la chiara e a tratti ruvida ultima discussione di un 2018, che tra poche ore se ne andrà, saluta la barista, i suoi figli e gli altri avventori, unendosi all’augurio di un Felice, Sereno 2019 che faccia ritrovare l’Italia agli italiani e Cortona ai cortonesi.
Anche per il giornalista di strada è infatti ora di dire basta a Babilonia, di andare oltre le mille voci della gazzarra. Altrimenti anche per i giornalisti, con l'anno nuovo, sarà meglio tornare a fare esclusivamente l’orto, perché se il dialogo cederà il passo allo scontro incandescente, non sarà per niente bello per tutti mettersi a costruire nuove riserve e nuovi recinti, dove vivere la propria vita e proteggersi, con reti familiari e amicali, dai troppi lupi, che hanno preso a scorrazzare liberi e impuniti anche nelle terre d’Italia e, qualcuno dice, anche nelle terre cortonesi ed aretine. La vita delle riserve indiane d' America non fa certo per gli italiani, per i cortonesi di buona volontà.
Ivo Camerini