Riceviamo e Pubblichiamo
“Le politiche giovanili non esistono”. Sebbene questa frase possa sembrare forte e forse senza fondamento, in realtà è l’unico modo per capire come fare effettivamente delle politiche giovanili. Molto spesso non si ha e non si riesce a dare una definizione chiara di cosa sia una politica giovanile: sicuramente ha a che fare con i giovani, che stando alla definizione dell’ONU hanno «dai 15 ai 24 anni» (l’ISTAT invece è più gentile: «dai 15 ai 34 anni»), ma quando si arriva a definire l’obiettivo si incontrano i primi problemi, perché una politica giovanile non è necessariamente fatta solo di iniziative giovanili.
Innanzitutto, la classe che va dai 15 ai 24 anni è un obiettivo e non il solo pubblico che deve godere di queste politiche, questo perché le politiche giovanili possono agire sia sopra che sotto questa fascia (e poi un ragazzo di 25 anni non ha meno coscienza di essere giovane di un ragazzo di 24, così come un ragazzo di 14), ma in quanto obiettivo devono esserne i primi beneficiari. Per fare in modo che però l’obiettivo sia il più ampio possibile, le varie iniziative che compongono la politica devono essere progettate in maniera strategica e soprattutto non diretta. Non ha alcun senso fare iniziative sporadiche senza un disegno.
I giovani poi hanno una coscienza: in quanto giovani abbiamo necessità ed esigenze. Questo non significa che «in fondo vogliamo tutti la stessa cosa» in maniera particolare, perché sarebbe assurdo presupporre che le mie aspirazioni siano identiche a quelle dei miei amici, come non sono identiche a quelle di chi è stato giovane prima di me. Questo significa però che tutti abbiamo necessità ed esigenza di avere l’opportunità di poter esprimere questa diversità: ognuno di noi deve avere l’opportunità di seguire il corso di studi più adatto senza impedimenti, ognuno di noi deve avere l’opportunità di poter aspirare alla carriera dei suoi sogni, ognuno di noi deve avere l’opportunità di poter accedere al reddito che vuole raggiungere impegnandosi, magari rimanendo nel proprio Comune.
Quindi possiamo dire che le politiche giovanili sono lo strumento messo in mano ai governi, all’Europa e al nostro Comune per poter dare a noi queste opportunità.
Nel territorio è molto attiva l’associazione culturale Cautha, di cui ormai faccio parte da quasi quattro anni e che continua a dare sorprese e soddisfazioni a me e a tutta la comunità. Tutti abbiamo visto iniziative come il Cautha Summer Festival e il concertone all’interno del Cortona Comics, così come tutti abbiamo visto il Laboratorio per le Politiche Giovanili, con gli incontri e il report. Per quanto queste iniziative giovanili siano dei veri e propri battiti per il nostro tessuto sociale, non possono essere lasciate da sole. Quello che ho scritto in occasione del Laboratorio e che adesso ripeto e amplio all’interno del Partito Democratico è che l’associazione culturale ha un limite naturale, così come ce l’ha qualsiasi ente del terzo settore, cioè la non partecipazione al potere. Questa è solo – semplificando molto – espressione di interessi. Può richiedere la parità di opportunità, ma non può risponderle, se non in maniera troppo sporadica per una soluzione strutturale o entrando in contatto con la politica. Infatti il Laboratorio aveva l’obiettivo primario – e così ho provato a portarlo avanti – di fornire un primo contatto con la politica, ma non di occuparne il posto.
Se noi guardiamo l’azione delle associazioni dal punto di vista delle associazioni, questa è adatta (nel nostro caso eccellente, abbiamo una rete estremamente attiva), se invece la guardiamo con una lente politica, questa è insufficiente. Le associazioni poi raccolgono, per intento, più visioni politiche, per questo è giusto che la richiesta ultima siano le opportunità (da non confondere con il “volere tutti la stessa cosa”). La politica fa bene a rispondere alle singole richieste (e deve continuare, perché non dobbiamo lasciare morire questi battiti), ma per soddisfare a pieno le esigenze delle associazioni, così come dei singoli individui, deve avere un piano, perché altrimenti continueremo a creare Laboratori, e ci alterneremo sempre fra momenti di fibrillazione e momenti di stasi.
Le associazioni non possono fornire una risposta duratura e strutturata, non solo perché non possono e non devono partecipare al gioco politico, ma anche perché – detta in maniera brutale – le politiche giovanili non sono per “noi”.
Le politiche giovanili appartengono a noi giovani nella misura in cui noi ne siamo l’obiettivo preferenziale, ma non sono per noi perché servono a fornirci le opportunità per accompagnarci ad un’altra età. Non saremo per sempre giovani, e non sempre beneficeremo di queste politiche, e quando arriverà quel momento dovremo essere autonomi, a questo servono le opportunità. Il paradosso si crea proprio perché – e riprendiamo il titolo controverso – “le politiche giovanili non esistono”.
Fornire delle opportunità non significa soltanto agire in termini strettamente sociali (offerta del lavoro, giustizia salariale, accesso alla formazione), ma anche in termini morali: i soldi senza idee sono capitale, con le idee diventano investimenti. Ci stiamo avviando a uno dei periodi con più crisi nella storia: individualismo, clima e finanza sono i fronti su cui ci troveremo a combattere più duramente. Non possiamo pensare di risolverli senza coinvolgere gli apparati più capillari delle nazioni (che esisteranno ancora per molto tempo), come le Amministrazioni: partecipazione, sostenibilità e agevolazioni sono le risposte più forti e allo stesso tempo più piccole che possiamo fornire a quelle tre problematiche. Per questo il titolo ha un’altra valenza: ad ora non esistono politiche giovanili da noi, quantomeno non in queste direzioni. Esistono iniziative giovanili, ma non politiche.
Qui ci dividiamo. Come sapete meglio di me – in poche parole – la sinistra è rivoluzione continua delle cose, contrapposta invece alla conservazione della destra. Le politiche giovanili devono avere un colore perché, sebbene possano nascere esigenze, necessità, talvolta anche proposte comuni, le priorità, le modalità e i percorsi da seguire per la realizzazione di queste proposte presuppone per forza una visione di domani che diverge. Non significa “farsi la guerra”, significa “riconoscersi”, tutto qui.
Delle politiche giovanili di sinistra sono politiche giovanili che mettono al centro la personalità del giovane che diventerà adulto, creando sistemi e modelli che tutelino non solo lui, ma anche i suoi figli e nipoti e quelle generazioni che potremmo non vedere. Alcune nostre direttive sono: 1) la diversificazione dell’offerta di lavoro, per proporre un primo tentativo energico contro il problema annoso della disoccupazione, insieme alla creazione di politiche del lavoro strutturali; 2) la progettazione urbana sostenibile, con la creazione di spazi a misura d’uomo e di ambiente, che incentivino la vivibilità prima della sola costruzione; 3) l’opportunità di aggregazione e di massima espressione per i giovani, ventaglio che copre le iniziative giovanili delle nostre associazioni (e quindi il loro supporto, senza alcun interesse se non quello di costruire qualcosa, perché i giovani non si lasceranno sventolare come una bandiera) ma anche la promozione di mobilità per i meritevoli, accessibilità per ragazzi in difficoltà (economica e sociale), sostegno dei servizi del benessere (dalla salute mentale alla questione del consultorio) e ascolto attivo, quindi con la riattivazione dei tavoli preposti per il dialogo con i cittadini.
La nostra visione è quindi quella di un Comune che accolga le generazioni e che non le respinga, che crei una storia a partire dalle nostre mani, per i nostri figli, profonda come lo è stata quella dei nostri padri ormai alle nostre spalle. Le politiche giovanili sono politiche sociali, economiche e fiscali, del lavoro, ambientali e dell’istruzione. Le politiche giovanili non esistono, noi sì.
Flavio Barbaro ( Segretario giovani democratici cortonesi )