Nostra intervista, in esclusiva.
Come molti cortonesi, conosco il professor Ettore Mearini fin dagli anni 1970, quando egli era un brillante studente universitario di medicina in Perugia ed io, assieme a sua sorella Altavilla , già ambedue laureati, militavo nei giovani democristiani. Con Altavilla ed altri coetanei, con passione ed impegno, in quegli anni si portava avanti una visione di democrazia, di libertà e di pluralismo, che, in quel tormentato e difficile periodo, che poi è stato definito come il tempo della notte della nostra Repubblica, veniva messa in discussione con i disvalori di una strategia politica da guerra civile, che provocò tante stragi, lutti e dolori e che culminò nell’assassinio di Aldo Moro. Quanto ad Ettore, i miei lunghi anni di lavoro a Roma ci avevano fatto perdere di vista, ma in questo ultimo decennio ci siamo reincontrati ed abbiamo ripreso un’amicizia che, come accade tra persone perbene, è rimasta sempre quella vera di allora.
Nonostante io sia in pensione dal 2018,i tempi tiranni di questo nostro vivere sempre più veloce non mi hanno permesso di realizzare prima l’intervista a questo nostro illustre concittadino sia per i suoi impegni sia per il lungo e devastante tempo della pandemia Covid, che ha fatto saltare tutti i miei buoni propositi di sedermi un momento a fare una chiacchierata per i nostri lettori con Ettore Mearini.
Ettore Mearini che nasce il 31 gennaio 1956, che si laurea in Medicina e Chirurgia nell’aprile 1982 a Perugia; che si specializza urologo all’università di Firenze nel 1987; che dal novembre 1992 è membro di "Fellow of the European Board of Urology”(EBU); che nel 1999 è Ricercatore dell’Università degli Studi di Perugia. Che dai primi anni duemila è Direttore della Struttura Complessa interaziendale di Chirurgia urologica, andrologica e tecniche mini invasive di Perugia-Terni, Direttore della Struttura Complessa interaziendale di Clinica Urologica ad Indirizzo Oncologico di Perugia – Terni, Direttore del Dipartimento di Chirurgia generale e specialità Chirurgiche di Terni, Professore universitario; Direttore della Scuola di Specializzazione di Urologia – Clinica Urologica ad Indirizzo Oncologico di Perugia–Terni – (Università di Perugia) , Presidente del Collegio dei professori universitari di urologia e che ha al suo attivo una sterminata produzione scientifica e di letteratura medica.
Finalmente, domenica 28 aprile 2024, ho avuto il piacere e l’onore di incontrarlo nel magnifico giardino all’italiana della sua casa cortonese al Sodo ( una storica, settecentesca leopoldina, sapientemente restaurata) per questa registrazione di un’ intervista senza filtri, che, molto volentieri, qui di seguito trascrivo, in esclusiva per i lettori de L’Etruria.
Dal tuo curriculum vitae, che è impossibile riassumere in poche righe, tanto è vasto e nutrito di tappe di una carriera medica che fa onore a te e porta prestigio alla nostra comunità cortonese, emergono qualità professionali di livello nazionale ed internazionale. Come ti senti ad essere presidente degli urologici italiani, preside di facoltà, chirurgo primario di urologia e professore universitario?
Professore universitario,preside di facoltà e presidente degli urologi sono per me una responsabilità grande, perché investe il futuro dei giovani medici nella mia specialità .I professori universitari italiani, infatti, hanno questo obbligo didattico formativo importante e, ovviamente,per me, fare docenza vuol dire impostare il futuro degli urologi italiani e il sapere degli urologi italiani. Il primario, oltre a questo aspetto didattico, dirigendo io una struttura complessa di un ospedale di riferimento regionale, ha il ruolo di fare la loro formazione, ma anche il ruolo di curare la gente, soprattutto i casi più complessi, perché, come è naturale che sia, questi vanno curati negli hub di riferimento regionale.
Da figlio della civiltà contadina cortonese a primario e professore ordinario di urologia dell' Università di Perugia e Terni: una carriera straordinaria e di grande prestigio nazionale ed internazionale. Puoi raccontare ai nostri lettori le tappe principali di questo tuo percorso medico ed accademico?
Da giovane e da ragazzo, come i cortonesi sanno, io vivevo nella capitale culturale Camucia , che era la “Bicheca”, poi, da lì, mi sono trasferito in un’area da civilizzare, che si chiamava “Padule” e da lì, con molti percorsi a piedi, ho raggiunto le varie scuole che di volta in volta ho frequentato fino a raggiungere Perugia, dove ho fatto l’università e quindi Firenze, dove ho fatto la scuola di specializzazione. Come sai per la conoscenza familiare antica intercorsa in gioventù con mia sorella Altavilla, poi ho sempre continuato a camminare molto e tutti i successi professionali ed accademici che ho avuto sono sempre stati frutto del mio andare avanti sempre e soltanto con il buon “cavallo di San Francesco”, cioè con i miei piedi e con le mie gambe. In questo mi hanno aiutato molto indubbiamente le mie origini contadine. Origini, che molto spesso ritornano in me, perché nella realtà contadina della mia infanzia , il contadino era, ma in molte piccole realtà della nostra agricoltura familiare lo è ancora oggi, una persona di grande dignità, che si alza molto presto la mattina e che ha mani tempestate da escrescenze connettivali, cioè dai calli.
Questa persona (il contadino), che tutto il giorno, dal levare del sole al tramonto, lavora senza risparmio per ottenere quello che noi quotidianamente mangiamo, è stato ed è il mio stigma. Quindi sono fiero di sentirmi contadino proprio perché quello è un lavoro molto duro, molto faticoso, ma di grande dignità. Fatica del lavoro e dignità etica erano i valori di mio padre e ,ancor prima, di mio nonno. Due persone esemplari della nostra civiltà contadina cortonese che mi hanno formato a vivere a schiena dritta e del mio lavoro. Dignità e lavoro, assieme al rispetto per il babbo, per la mamma e per la famiglia sono valori guida della civiltà contadina in cui sono cresciuto e a questi valori ho cercato di tenere fede nella mia professione di medico ed anche nei miei successi di carriera universitaria e sociale.
Permettimi una domanda un po’ birichina,alla Marzullo, ma sincera: ti senti più “barone” universitario o "medico del popolo"?
Oggi non esistono più i “ baroni”, così come li contestammo negli anni del 1968. Ma ammesso che ce ne siano, per me non c’è differenza. Io sono un medico che cura il popolo e contestualmente, se si vuole, un “Barone”; forse in ambito urologico un “Barone” molto importante, ma che non dà alcuna importanza alla medaglia e, al contrario, dà tanta passione e importanza alla cura e alla cultura dei nostri ragazzi.
A proposito di ragazzi, cosa ne pensi del ruolo degli specializzandi all’interno del sistema sanitario nazionale? Quanto c’è di sfruttamento e quanto veramente servono per mancanza di dirigenti medici?
Questa è una domanda che ha una forte valenza politica e, come sai, io non sono un grande esperto di politica; me la cavo meglio a fare il chirurgo; però gli specializzandi (ed io ne ho molti e ne ho formati moltissimi) sono il nostro futuro e rispondo volentieri . Capisco che in questa fase emergenziale ci sia bisogno di loro. Il nostro sistema pubblico ne ha veramente bisogno, perché altrimenti non si riescono a coprire nemmeno i bisogni basilari del sistema sanitario, però la loro formazione è l’elemento più importante del loro futuro professionale.
Se non li facciamo formare in maniera adeguata e li utilizziamo solo per tamponare la falla, noi creeremo degli specializzandi di basso livello e quindi il nostro sistema sanitario, che è stato per molti anni uno dei baluardi a livello internazionale, scenderà progressivamente a livello di qualità. E questo non è giusto per noi , per gli specializzandi e per la nostra società . Bisogna far si che riusciamo a dare meno spazio alla politica nella sanità e più spazio alle professioni, perché la sanità non è un qualcosa che ha un colore politico;ma è un bisogno essenziale della nostra società. La nostra società rimarrà coesa se gli forniremo una sanità eccellente a disposizione di tutti e a costi contenuti. Se continuiamo a riempire la sanità dei bisogni della politica, creeremo una sanità che viene indirizzata a seconda di chi avrà in quel momento il potere politico. E questo è sbagliato. La salute è un bene che va al di là degli schieramenti di sinistra, di centro o di destra.
Come hai vissuto e praticato nel tuo campo clinico l' innovazione digitale?
Come sai, vengo da una generazione che si commosse all’avvento della prima televisione in casa e quindi ho grande rispetto e attenzione alla rivoluzione tecnologica. Ho ancora molto vivo il ricordo della prima televisione nella mia famiglia. Dalla prima televisione siamo passati ai primi telefoni in casa; da lì ai cellulari e dai cellulari al computer e allo smartphone ed oggi alla Intelligenza artificiale degli algoritmi che ormai imperversano dappertutto. Tutta questa evoluzione, che ha trasformato il nostro modo di pensare e di vivere, è avvenuta senza alcun governo e quindi non so se sia stata completamente utile per la nostra civiltà umana, ma è innegabile che siano aumentati enormemente le conoscenze scientifiche e il sapere umano. La conoscenza sia scientifica sia umanistica è alla base anche dello sviluppo della sanità, delle nuove cure che orami sono protocolli comuni anche nei nostri ospedali. Indubbiamente molti di queste cose però condizionano il nostro modo di essere, il nostro sviluppo mentale ed io penso che la tecnologia vada usata con criterio; con quel criterio che è l’intelligenza umana; ma ritengo altresì che l’intelligenza di ognuno di noi non deve, non può essere sopravanzata dal potere di dominio che questi strumenti digitali hanno. Vedo i nostri giovani che molto spesso ne sono i condizionati. Ciò è molto positivo perché aumentano le loro conoscenze a dismisura, ma qualche volta ciò diviene negativo perché va a condizionare la loro vita. Potrei fare mille esempi, ma di fatto è meglio mi taccia perché potrebbero essere visti in maniera distorta.
Secondo te, quale futuro attende la sanità pubblica italiana?
Il futuro è roseo, perché le nostre università, nonostante tutto quello che si voglia dire, sono università di qualità. Tutti oggi parlano di problematiche economiche in merito alla sanità pubblica, ma è doveroso ricordare ad alta voce che i nostri ospedali fanno riferimento ai vari santi che sono venerati nel nostro territorio. L’ospedale quindi è il punto dove si accoglie chiunque, di qualunque colore e di qualunque religione. La nostra università è parimenti frequentata da studenti di ogni nazione e di ogni credo religioso, ma dobbiamo mantenere un’identità che è l’identità della nostra civiltà, della nostra religione e far sì che l’università continui ad essere il ruolo di aggregazione e di formazione del nostro passato, rimanendo a bassi costi e quindi un luogo di formazione fruibile da tutti, specialmente per tutti quelli che hanno volontà nella loro crescita umana e culturale. Anche qui io vedo un futuro radioso, perché le nostre università sono ancora una sede di eccellenza, anche se ogni tanto le politiche di destra , di sinistra, di centro le utilizzano un po’ troppo per indirizzare il proprio credo. Voglio ricordare che il sapere è un bene che sopravanza la politica. Il sapere è di tutti; è utile per tutti e in particolar modo per la politica, che dovrebbe utilizzare più sapere anche per i propri fini,che qualche volta sono soltanto elettoralistici. Osare più sapere serve a chi fa politica per fare meglio gli interessi di tutti i cittadini.
Secondo te , il Sistema sanitario nazionale può mantenersi all’altezza del sistema privato, che da oltre un decennio sta americanizzando la nostra sanità ?
Anche questa domanda è molto politica, ma cerco di rispondere, pur riallacciandomi alla precisazione prima fatta in merito alla questione sugli specializzandi. Sono convinto che il nostro paese deve investire molto su ricerca e sviluppo e su tutto quello che circonda la sanità. Se deleghiamo solo ai privati la ricerca, lo sviluppo o la creazione, per esempio, di case farmaceutiche o di aziende, che producono beni sanitari, la sanità diventerà solo privata e si perderà l’identità pubblica, che invece deve rimanere la linea guida nelle politiche di sanità sia a livello nazionale italiano sia nei vari livelli regionali.
Come tutti sanno il privato raramente fa il pronto soccorso o le prestazioni sanitarie dove la redditualità è bassa e si getta a capofitto dove in realtà si può ottenere il maggior profitto possibile. La sanità deve essere sì un profitto, può essere misurata con il metro del profitto ( e la creazione delle aziende ne è un esempio), ma, come diceva il Granduca di Toscana, l’ospedale ha un ruolo solamente se accoglie i bisogni di tutti, altrimenti non è una ‘ospitalità’ (che è la traduzione della parola ‘ ospedale’) ma è solamente un’azienda, che produce sanità, ma che utilizza parametri che nulla hanno a che vedere con la sanità. Forse bisognerà ritornare a un criterio di sanità che cura il bisogno e non che fa interessi sul bisogno.
Come ridurre le liste di attesa e l’appropriatezza delle richieste di visite specialistiche?
Molte delle liste di attesa sono create su bisogni poco affini alla realtà sanitaria. In televisione, oltre la pubblicità delle assicurazioni private, che investono sui bisogni sanitari, vediamo molte case farmaceutiche, che danno false informazioni. Anzi informazioni veramente distorte di quello che è il bisogno e quindi il cittadino, che fa tutto meno che conoscere bene la sanità, si fa influenzare da quello che oggi detta e suggerisce il signor Google anche nel settore della sanità.
Il signor Google crea aspettative che non hanno nulla a che vedere con i bisogni reali. Posso fare un esempio su tutti: nell’incontinenza urinaria femminile, che fa parte della mia specialità, in televisione passa il messaggio che basta mettere i proteggi slip e si è guariti. Questo messaggio invece travisa proprio qual è il bisogno essenziale, cioè smettere di perdere la pipì. Ma dietro a tutto questo c’ è una serie di indagini, di esami e di contro esami che non fanno guarire il malato, ma lo portano a cronicizzare un bisogno che fa sì che uno sia sempre in lista di attesa. In lista di attesa per guarire.
La sanità, purtroppo, molto spesso non fa guarire, ma cronicizza il bisogno e questo ingigantisce le liste di attesa. La sanità deve tornare a puntare alla guarigione e non alla cronicizzazione, che, ahimè, nella terza età è una cosa quasi fisiologica.
Grazie per queste tue puntuali e chiare risposte, ma vista la tua cortese disponibilità, per concludere al meglio questa nostra interessante chiacchierata, ti rivolgo ancora due domande. La prima è: medico, urologo e agricoltore, quale delle tre professioni preferisci?
Il medico nei giorni feriali, l’agricoltore nei giorni festivi. L’agricoltore mi aiuta ad essere un medico migliore, perché mi riconsegna alla natura, che è il più grande equilibratore del nostro sistema psicologico .
La seconda ed ultima domanda, essendo tu un cortonese doc e trovandoci qui a casa tua proprio ai piedi della nostra città, è: puoi regalare ai nostri lettori un tuo pensiero sulla Cortona di ieri (cioè quella della tua gioventù) e sulla Cortona di oggi?
Nella mia vita ho fatto migliaia di chilometri pur di rimanere a vivere nella nostra comunità. Ho lavorato a Perugia, a Terni; faccio il professore in ogni dove in Italia e all’estero, però per me Cortona rimane il mio nido, la mia cultura, i miei amici e molte persone che conosco da tempo e magari non ci ho mai parlato, ma che sono come se le conoscessi da sempre. Cortona è una cittadina, che, pur avendo avuto una strepitosa progressione economica e sociale, rimane una cittadina a dimensione d’ uomo. E questa dimensione mi fa tornare alla prima domanda che mi hai fatto. Quando ero un bambino io andavo a scuola a piedi, andavo a prendere il pullman a piedi e non avevo paura che mi succedesse qualcosa. Forse questa paura oggi è un po’ presente anche a Cortona, ma non ha nulla a che vedere con quella che investe le grandi città; non ha nulla a che vedere con il caos dei grandi agglomerati, che molto spesso mi hanno invitato a porvi le basi della mia famiglia. La mia famiglia vive bene in questa piccola realtà; i miei amici e le persone che conosco sono molto spesso le stesse da anni e la domenica mattina, come tu hai visto, ci incontriamo al bar per quattro chiacchiere paesane, ci scambiamo alcune informazioni, che sono sempre le stesse cose poi e che servono solamente a farci sorridere in comunità. Un sorridere sano, sincero e francescano, che, da noi, è stato ed è uno degli elementi guida per avere una comunità vera, coesa, unita.
La chiacchierata con Ettore Mearini, che si è svolta nella sua bella casa, nella sua isola felice del Sodo, è una vera chiacchierata a cuore aperto, cioè di quelle che ti aiutano a capire non solo l’uomo importante e famoso, ma anche un settore su cui oggi se ne dicono di tutti i colori.
Allora un grazie di cuore al professor Ettore Mearini, cortonese doc e bandiera cortonese nella medicina umbra, italiana ed internazionale. Ma un grazie di cuore anche alla sua gentile signora Cristina, che , con molta discrezione, ha assistito al nostro colloquio e che , con tanta cortesia ci ha preparato un buon caffè all’antica sulla moka contadina dei genitori di Ettore. Una moka conservata come ricordo e cimelio dei momenti felici di un passato ancora non scomparso e perso. Una moka ricordo e cimelio di una civiltà, che oggi, purtroppo, in molti vorrebbero far scomparire anche dalla nostra Piccola Patria per un abbraccio ed una omologazione agli impietosi modelli civili e alle ciniche strutture socioeconomiche del profitto, provenienti dall’oltreoceano nordamericano.
Nella foto-collage di corredo, alcune immagini del prof. Ettore Mearini relative alla sua professione di urologo e di accademico universitario, intermezzate con le due immagini ricordo della nostra intervista realizzata nel giardino della sua casa , che si trova proprio ai piedi del contrafforte del monte di Sant'Egidio, dove sorge la nostra secolare Città di Cortona.
Ivo Camerini