Dopo due anni di interruzione dovuta alla pandemia è ripartita alla grande la storica festa contadina della Sagra della Ciaccia Fritta di San Pietro a Cegliolo in Valdi Loreto. Son potuto passare sul piazzale della secolare chiesa parrocchiale ( a lungo retta e guidata nel novecento dal mitico don Ferruccio Lucarini, inventore e fondatore di questa semplice ma, forse unica,almeno nella Valdichiana aretina, celebrazione religiosa e sociale dell’ Immacolata, dove si unisce fede, devozione e ringraziamento per la fine del lavoro agricolo autunnale) solo all’imbrunire, ma ho trovato, come sempre nei tanti anni ( dal 1993 al 2019) in cui la Sagra ospitò il mio premio della Civiltà contadina e della Poesia dialettale, tanta gente in fila per gustare le ciacce fritte; cioè il cibo povero di una volta, ma sano, che le nostre nonne cucinavano in famiglia all’arrivo in casa dell’olio nuovo dal frantoio. Ho trovato tanta felicità e gioia negli uomini che friggevano nelle due grandi padelle e nelle donne che, con esperienza e leggerezza le impastavano e stendevano, agli ordini del fornaio Miro Nespoli, sulla rustica tavola del piccolo locale , che per oltre quarant’anni don Ferruccio aveva messo a disposizione dell’evento.
I cegliolesi e i viciniori della Val di Loreto, anche quest’anno, nonostante le grandi novità intervenute nella vallata a partire dagli anni d’inizio del nuovo secolo, hanno saputo mettersi insieme,fare comunità e regalare (l’offerta per la consumazione di una ciaccia è rimasto sostanzialmente quello prepandemico) ai cortonesi e ai tanti venuti da fuori una giornata all’antica, fatta di festa semplice, di ritrovo umano e cristiano e di pace , mentre l’Europa e il mondo sono nuovamente in fiamme per la guerra, dopo tre anni di pandemia devastante.
Il presidente Paolo Caterini e il motorino di questa sagra, il sempre giovane Nicola Ottavi, nel guidarmi nel backstage oltre il bancone di attesa, tra le due grandi padelle, la piccola cucina e le stanze della canonica parrocchiale, riaperta per l’occasione, mi confidavano tutta la loro soddisfazione per aver raggiunto il traguardo di oltre tremila ciacce sfornate e quindi aver rinverdito i numeri più rosei dei successi novecenteschi della loro sagra.
Nel salutare le cuoche, i friggitori, gli addetti alla consegna delle ciacce e alla piccola cassa parrocchiale (che quest’anno ha visto la presenza di tante nuove leve, ma che ringrazio tutti per l’accoglienza, l’amicizia e la stima che mi manifestano ogni volta che ci incontriamo e, come sempre mi hanno manifestato a partire dal 1993 anche coloro che, purtroppo tanti, oggi guardavano la festa dal Cielo) ho scambiato con loro alcune brevi riflessioni su questo straordinario otto dicembre 2022.
Vorrei raccontarle tutte e descrivere la felicità di volti sudati e affaticati dal loro lavoro gioioso e volontario. Vorrei narrare , ma lo spazio non me lo consente, la sapienza dei loro pensieri e il loro amore umano ad una tradizione cristiana radicata tra questa gente cortonese da sacerdoti devoti alla Madonna come don Ferruccio Lucarini e dal vescovo missionario Mons. Dante Sandrelli. Un vescovo, un Buon Pastore, che qui nacque ed esercitò il suo ministero nelle terre piuù povere dell'Argentina e di Cuba e a cui proprio in quest’otto dicembre 2022 il sindaco Luciano Meoni (che qui è nato ed abita) ha reso omaggio con un incontro di memoria e con l’inaugurazione ufficiale della strada intitolata alcuni fa (su sua proposta, dalla Giunta e dal Consiglio comunale di allora, ma mai realizzata) a questo grande ed umile cortonese, a questa personalità religiosa.
Comunque un pensiero, una riflessione che mi ha molto colpito voglio raccontarla ai lettori de L’Etruria. E’ quella del dolore che alberga da circa cinque anni nei loro cuori. Nei loro cuori di cristiani cortonesi è forte la sofferenza di non poter più entrare a pregare nella loro chiesa e ad accendere una candela alla Madonna per il loro cari, vivi e defunti, come hanno fatto per secoli.
Sembra infatti, a quanto mi è stato detto, che la Chiesa di San Pietro sia stata chiusa al culto a causa della croce sul tetto rimurata non a piombo dopo la tempesta di vento del marzo 2015 e che nel sopralluogo dei tecnici siano state riscontrate crepe e distacco di piccole parti dell’intonaco interno. Non so come stanno le cose (e non rientra nel compito di questo servizio giornalistico appurarle), ma non posso non dare voce e spazio al dolore e alla sofferenza umana e religiosa di queste donne ed uomini innamorati della loro chiesa, del loro campanile che in questi tempi,così pagani e tempestosi, piangono nei loro cuori per questo grave impedimento alla esplicitazione della loro vita di comunità cristiana.
Uomini e donne che, come mi è stato detto, ne hanno parlato, discusso anche durante la pausa del loro pranzo contadino consumato nella familiare sala pranzo che dal 1970 metteva a loro disposizione don Ferruccio. Uomini e donne che rispondono ai nomi di Paolo Caterini,Nicola Ottavi, Rossano Contini,Briganti Lido, Franco Casini, Lorenzo e Francesco Landi, Vladimiro Nespoli, di Maria Loreta Berni , Gloria Lucioli e di tutti gli altri/e che ora non riesco a ricordare.
Nella foto collage, alcune immagini della Sagra dell'otto dicembre 2022.
Ivo Camerini