Grazie allo scalabriniano Padre Giuseppe Castelli, dagli anni 1990 ad oggi, la Chiesetta di San Lorenzo alla Montanina ,nella montagna castiglionese, è tornata quel giardino di Dio, che era nei secoli passati.
Nella montagna castiglionese la piccola, ma bella, Chiesa di San Lorenzo è stata infatti parrocchia fiorente dall’ Alto Medioevo ai primi decenni del Novecento. Costruita dal popolo cristiano dei contadini della zona di Val Uberti la piccola chiesa, oggi tornata ad essere un fiorente eremo e un punto di vita cristiana, domina il crinale della Val di Chio e rimane ancora lo storico passaggio dei secoli passati verso la montagna cortonese ed in particolare verso l’Alta di Sant’Egidio.
L’eremo di San Lorenzo esisteva già prima dell’anno Mille come edificio sacro dedicato a San Biagio e, nel 1302, risultava suffraganeo della Pieve di Santa Maria a Chio.
Nel 1379 al titolo di San Biagio venne aggiunto quello di San Lorenzo, che in seguito sostituì il primo. Nel frattempo, venne costruito anche un piccolo gruppo di case, il borgo veniva chiamato San Lorenzo oppure San Lorenzo alla Montanina o semplicemente Montanina. Nel millecinquecento il borgo e la chiesa decaddero e divennero oggetto di scorribande, fino a che il sito riacquisì splendore dopo il milleseicento. Nel 1745 la Montanina contava 148 abitanti, che divennero 98 nel 1833 e 102 nel 1845. La parrocchia ha cessato di esistere nel 1987 quando è stata inglobata in quella della Pieve di Chio.
Dopo l’abbandono degli anni 1970, dovuto all’emigrazione degli ultimi abitanti del luogo, la chiesa e il borgo sono stati ristrutturati verso la metà degli anni 1990 da Padre Giuseppe Castelli ,giunto fin qui dalla lontana Brescia e, dopo anni di servizio pastorale in Canada, per dedicarsi alla vita eremitica.
La chiesa,come si vede dalle foto, è in pietra locale ed ha una sola navata e presenta una facciata molto semplice, sovrastata da un minuscolo campanile a vela con due campane. L’interno è costituito da un piccolo vano, che termina nel presbiterio dove si trova l’altare maggiore. Sul pavimento in cotto sono presenti due botole con coperchio in pietra massiccia che prima del 1806, quando fu esteso all' Italia l' editto di Saint Cloud, servivano a fare scivolare i morti nel sottostante cimitero. Sulla sinistra della navata c'è un altare secondario, decorato con stucchi tardo barocchi, è sormontato da una nicchia, che ospita una statua della Beata Vergine Maria ,salvata dalle ruberie degli anni 1980 da una famiglia del luogo, che poi l’ha ridonata a padre Giuseppe, dopo i suoi lavori di restauro e di riapertura al culto e la sistemazione della canonica, che oggi è divenuta un austero, ma confortevole romitorio, frequentato da pellegrini di Dio e ricercatori di senso, offrendo anche ospitalità per consentire i ritiri spirituali.
Un grazie davvero speciale e di cuore al giovanotto ottantenne scalabriniano padre Giuseppe Castelli e alla sua recente collaboratrice Suor Nunzia , che, con la loro vita monastica e romita, hanno ridato nuova vita a questo luogo di Dio e di cristianità castiglionese, cortonese ed aretina.
Nella foto-collage di corredo , padre Giuseppe e alcune immagini di questo ritrovato “ giardino di Dio”.
Ivo Camerini