Nel pomeriggio di martedì 25 marzo 2025 tutto Borgo Ossaia e tanti amici cortonesi si sono ritrovati nella Chiesa di san Biagio e San Cristoro per l’ultimo saluto cristiano a Marino Lovari , chiamato alla Casa del Padre nelle ore prima dell’alba del giorno antecedente.
Hanno celebrato la Santa Messa funebre don Giovanni Ferrari , vicario di Cortona e don Paolo , viceparroco di Terontola e Val d’Esse.
Come ha ricordato don Giovanni nella sua omelia in chiesa , Marino è stato sempre un marito , un babbo e un cristiano esemplare nella sua vita che, dopo la lunga malattia che lo ha assalito negli ultimi anni di vita, ha risposto alla chiamata in Cielo con le parole della Sacra Scrittura: “ Ecco, io vengo; io vengo per fare, o Dio, la tua volontà".
Marino, che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere e di avere come cognato e amico vero dal lontano 1979 quando sposai Fiorella , sorella di sua moglie Graziella, è stato uno stimato imprenditore e instancabile lavoratore conosciuto ed amato da tutti i suoi concittadini che per tutta la vita lo hanno affettuosamente chiamo “ Core” per il suo grande altruismo e disponibilità di aiuto verso il prossimo. Durante la veglia funebre di trentasei ore tenutasi nella sua casa di Ossaia , a “Maro”, come lo chiamavano in famiglia e che ora ha raggiunto in Cielo il babbo Giuseppe , la mamma Anna e l’amato fratello Maurizio, che lo ha preceduto appena sei mesi fa dopo un tragico incidente stradale, hanno rivolto parole di amore e sentimento familiare la moglie Graziella, i figli Massimo e Monica, i giovanissimi nipoti Lorenzo e Tommaso, le nipoti Alessandra e Cinzia, le cognate Marisa e Fiorella.
Fiorella, che gli ha sempre voluto un grande bene, ricambiato da “Maro”, così lo ha ricordato a parenti ed amici venuti per l’ultimo saluto durante la lunga veglia funebre nel salone di Casa Lovari: “Marino non era solo mio cognato, ma il fratello che non ho mai avuto. L’ho conosciuto da piccola, quando con il suo motorino faceva il tratto Ossaia-Cignano e ritorno, per incontrare la Graziella. Lei aveva sedici anni, lui diciassette, ma per farsi prendere sul serio si era aumentato l’età di un anno. Non si spaventò quando il nostro babbo, vedendoli chiacchierare per la strada ad un metro di distanza l’uno dall’altro, impose a lei di andare in casa dalla mamma e a lui di risalire in motorino e tornarsene a casa sua. Nessuno dei due, né la Graziella, né Marino, si spaventò della sfuriata del babbo, se dopo un fidanzamento di otto anni si sposarono e son vissuti insieme per quasi sessant’anni, creando una bella famiglia con i figli e poi i nipoti. Marino con la sua allegria e la sua voglia di vivere riuscì in brevissimo tempo a conquistare i nostri genitori, entrando a far parte della nostra famiglia. All’inizio dovevo fare, mio malgrado, da scorta ai fidanzatini, quando uscivano insieme. A dir la verità la cosa non mi dispiaceva, a loro era poco gradita di sicuro. Ma nessuno osava opporsi alla volontà della mamma, che dolcissima e mite di carattere, era intransigente in questo. Ho una vita intera di ricordi con Marino e la Graziella. Mi viene in mente la Fiat 500 usata, decappottabile, di colore bianco, che Marino mi riportò da Roma e che ho tenuto per più di vent’anni. E prima le lezioni di guida che mi impartì con la sua macchina, una Fiat 1100, che però non dava volentieri a nessuno. E tutta la famiglia su questa macchina mi accompagnò la prima volta a Badia Tedalda, quando ebbi il mio primo incarico come insegnante. Ricordo ancora il ciondolo di argento e smalto che Marino e la Graziella mi avevano regalato l’anno prima per la mia laurea. Mi sono stati sempre vicini, testimoni al mio matrimonio, padrini di Francesco, presenti nei momenti felici e in quelli dolorosi. L’ultimo ricordo di Marino è di pochissimi giorni prima della sua morte: era sofferente, ma lucido e mi guardava con gli occhi stanchi, ma sempre affettuosi. Poi ha alzato un poco la mano per salutarmi. Da qualche tempo lo trovavo seduto a capotavola, posto che aveva occupato dopo la morte del suo babbo. Mi sorrideva e io mi avvicinavo. All’inizio lo baciavo sulla fronte. Poi un giorno mi ha detto che sulla fronte si baciano i morti e scherzando mi indicava la guancia. Da quel giorno era sulla guancia che gli davo un bacio. Ma non gli ho mai detto che i morti io non riesco a baciarli e neanche ad avvicinarmi, perché mi sembrano inermi e indifesi. Qualche volta, invece, mi convinco che nel momento della morte i nostri cari diventano potenti e sacri, diventano i nostri “santi”, che continuano a proteggerci con il loro affetto. Noi che sopravviviamo ritorniamo bambini, quando la mamma per rispondere ai nostri perché, raccontava che i morti volano in cielo e dalle nuvole e dal cielo stellato ci guardano ed esaudiscono le nostre preghiere”.
A Marino, cognato buono, amico vero e persona per bene e sempre sorridente con me, il mio solito saluto familiare “ Ciao “ e “Che la terra ti sia lieve. Soprattutto: Buona strada nelle eterne praterie della Gerusalemme Celeste , dove possa la strada alzarsi per venirti incontro, / possa il vento soffiare sempre alle tue spalle,/ possa il sole splendere sempre sul tuo viso".
A Graziella, ai figli Massimo e Monica, agli amati nipoti Lorenzo e Tommaso, a Marisa, ad Alessandra e Cinzia, a Fiorella e ai parenti tutti , le cristiane condoglianze anche de L’Etruria, di cui Marino era un attento e fedele lettore.
Ivo Camerini