Una sera di fine giugno il caro amico Michele Guida, oggi innamorato contadino in quel di Renaia, dopo un’intensa, rinomata e brillante vita professionale in Arezzo, all’imbrunire mi telefona e mi dice che sono invitato ad una movida segreta, del tutto particolare ed unica in un bosco ai margini di Borgo San Lorenzo, sul lato destro della superstrada Perugia –Siena. Un posto riservato e quasi sconosciuto dove da sempre e anche nelle stesse lunghe, tristi serate del recente lockdown, si ritrovano, sotto l’accorta regia di una sua amica e collega medico in pensione , tanti giovani e meno giovani per parlare, discutere , bere, cantare e ballare alla vita di madre natura. Sconcertato da quest’invito, ma fiducioso nella sua attenta curiosità di conoscenza, non mi sottraggo alla sua richiesta anche perché da modesto giornalista di strada ho sempre raccomandato, da quando è iniziata la pandemia Covid-19, il rispetto delle regole date dall’autorità e la necessaria distanza fisica nella vita fuori casa ed esternato sempre la contrarietà assoluta agli assembramenti caotici e irresponsabili.
Certo di fare un piccolo colpo giornalistico nel raccontare di una movida clandestina nelle nostre terre , lascio tutto e passo a prenderlo sotto casa sua. Nel giro di venti minuti, proprio mentre il sole cala all’orizzonte verso Montepulciano, seguendo le sue indicazioni mi ritrovo nel mezzo di una piccola foresta chianina, davanti ad una casa ( tutta in mattoni rossi e costruita quasi in copia delle più note leopoldine settecentesche) dove la sua amica Fiammetta , una signora minuta dallo splendido sorriso e con due occhi luminosissimi, che ti squadrano da capo a piedi, ci attende e dove, dopo le consuete presentazioni fatte a regola di coronavirus, prende a guidarci per uno stretto viottolo,chiedendoci di seguire i suoi passi e di non uscire dal sentiero che lei percorre, onde arrivare al centro del suo magico bosco, dove appunto mi aspetterebbero i suoi amici della segreta movida chianina.
Alla mia domanda su chi siano questi giovani così scapestrati da ritrovarsi qui tutti insieme e tutte le sere, senza alcun timore per il coronavirus e bere, cantare e ballare, invece di andare a letto, sorride e, tra il serio e il faceto, mi chiede di non fare domande e di seguirla in silenzio che i suoi amici già mi stanno osservando e si domandano se sono lì in amicizia o no.
Sempre più perplesso e cominciando a dubitare di uno scherzo fattomi dal mio amico Michele, la seguo avvertendola che sono anch’io un figlio dei boschi montagnini e che so che tra poco, al calar delle tenebre, anche il bosco va a letto a dormire.
Lei in tutta risposta mi dice : “guardi alla sua sinistra sotto quel cespuglio d’erica”. Mi volto e tra le foglie scorgo uno splendido boletus aereus ( porcino nero) che s’inchina e danza con un collega aestivalis ( porcino estivo).
Non faccio tempo a domandarmi chi sia veramente questa donna sessantenne medico, che sto seguendo, che lei subito mi indica una piccola radura dove fanno gioiosa combriccola altri edulis, amanite caesaree ( ovuli buoni) , broche e altri funghi , tra cui spicca un grande boletus satanas (il famoso turino non commestibile) che sembra ambire ad una leadership non richiesta.
Questi e tutti gli altri esseri viventi che fanno loro corona ( dalle roverelle, ai cornioli, alle eriche, ai rovi, passando anche per i pini) o supporto (dai batteri, dalle ife, ai miceli, dai licheni ai muschi) sono i miei amici – mi dice vedendomi perplesso- che fanno ogni sera e ogni notte la loro buona e bella movida.
Una movida cui, in questo tempo cosi difficile e nuovo, essi vorrebbero invitare tutti i cortonesi, tutti i chianini, tutti gli aretini e tutti i toscani per far loro toccare con mano la bellezza e l’importanza di madre natura, che qui, in quest’angolo di Valdichiana cortonese, si è salvata in un bosco, che risale ai tempi degli etruschi e che io ho ribattezzato come il bosco di Puck.
A questo nome la mente va subito al folletto magico di Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare e chiedo di fare immediatamente quattro chiacchiere con questa sconosciuta regina che sto seguendo, con la benevola e sicura scorta del comune amico Michele, che, sotto i baffi, che non ha, se la ride beato per avermi portato a conoscere un luogo magico e sconosciuto.
Un luogo sconosciuto anche a tanti cortonesi e che oggi invece andrebbe valorizzato di corsa in questa ripartenza post-lockdown, non solo come amore panico alla natura , ma soprattutto come formazione dei nostri giovani ai valori della terra ed anche come oasi per anziani e persone meno abili , che , in una passeggiata sulle piccole vie di questo straordinario bosco, possono fare memoria attiva e ritrovare se stessi cullati dal sottofondo musicale della sana movida degli abitanti del bosco di Puck.
Esseri viventi di un habitat magico che ogni giorno si vedono coccolati e curati dalla loro regina Fiammetta , assistita dal suo fido gatto Robin ( però non è Goodfellow o Hobgoblin, che dir si voglia), che la precede o segue a seconda del bisogno e delle diversità di questi cinque ettari di bosco etrusco e chianino, che è uno dei tanti tesori della nostra splendida e unica pianura cortonese, che le istituzioni locali dovrebbero tutelare e valorizzare non da domattina, ma “fin da ieri”.
Prendendo il taccuino e la penna, che mi porto sempre dietro, a questa gentile signora sessantenne, per me e i lettori de L’Etruria, tra poche righe non più sconosciuta regina del bosco di Puck, chiedo:
Lasciando da parte la sua biografia di medico specialistico dello sport di cui poco fa mi accennava Michele, vuol dire ai nostri lettori chi è Fiammatta Piras?
“ Certamente - risponde la regina del bosco di Puck in Borgo San Lorenzo. Mi chiamo Pierangela Fiammetta Piras e sono un medico, specialista in Medicina dello Sport, perfezionamento in Medicina d’Emergenza, dottorato di ricerca in Scienze Motorie, master in “Welfare territoriale: progettazione di servizi alla persona e attività sportive”. Ma non è della mia professione che voglio parlare ai lettori de L’Etruria. Voglio raccontare loro perché sono qui a Cortona e vivo da tempo in questo bosco. Una decina di anni fa ho deciso di comprare un piccolo terreno per farne una palestra riabilitativa a cielo aperto. Solo per curiosità ho risposto all’annuncio di vendita di una “casa nel bosco”. Non sapevo nulla di alberi e boschi ma sono rimasta affascinata da questo piccolo Eden, residuo di un classico podere cortonese, e dalla storia che mi ha raccontato l’anziana proprietaria. Una storia che narrava di un rapporto con la terra antico, faticoso ma anche rispettoso e amorevole, drasticamente mutato negli anni ’70 con l’arrivo della superstrada e dell’agricoltura intensiva.
Così, anche se non era il luogo che cercavo, ho deciso comunque di acquistarlo e qui ho avviato le attività scientifiche che avevo programmato.
Ma il professor Barbiero, l’ecologo con il quale collaboro,mi ha fatto notare che era un habitat unico nel suo genere e incredibilmente rigoglioso e ricco di preziosa biodiversità, raccomandandomene la tutela. Nei miei esordi da contadina e silvicoltrice mi sono rivolta a professionisti qualificati, però ogni volta gli scienziati bloccavano gli interventi proposti: non era vero che dovevo sfoltire gli alberi e pulire il sottobosco, non dovevo potare drasticamente le piante per aiutarle a crescere meglio. Non sapendo a chi dare ragione, ho cominciato a studiare e sperimentare da sola e, quasi senza accorgermene, ho cominciato a conoscere ogni albero, ogni lichene, ogni fungo, ogni animale. Non come specie ma come individui, non le querce ma “quella” quercia, non le orchidee ma l’orchidea che fiorisce ogni anno vicino al tiglio, diversa da quelle nella radura a ovest. E, insieme alle singole creature che abitano il bosco, ho imparato a conoscere il senso dei tanti segnali che lo percorrono e come essi siano in relazione a ciò che accade o accadrà, dalla pioggia alla siccità, dall’andamento delle stagioni all’intrusione umana. Ho imparato come si svolge la vita nel bosco di giorno e di notte, in primavera e in autunno, e persino quando gli alberi lasceranno cadere le foglie e di che colore saranno a seconda di come è stata l’estate. Un’esperienza quasi esaltante per una cittadina abituata alla tecnologia come ero io”.
Ecco, ma cos’è il bosco per lei?
“Dapprima ho cominciato a guardare al bosco come ad un popolo attivo e volitivo, ma poi mi sono resa conto che avevano ragione gli ecologi a definirlo invece una sorta di singolo macro organismo, in cui nulla può essere toccato senza che tutto il resto ne sia influenzato. A partire dal suolo, qui così fertile, che non è un contenitore di terriccio e radici e animaletti vari ma un vero e proprio tessuto, persino più complesso della pelle umana. Più in generale, è il ciclo di vita di ogni creatura ad essere fondamentale per l’intero ecosistema, dalla sua nascita ai suoi resti dopo la morte. Vale per gli alberi e vale per la lepre, vale per il fungo e vale per la farfalla. Distruggere il formicaio della pineta significherebbe far morire la grande quercia cava che quelle formiche mantengono invece sana e pulita. Tagliare i rovi del sottobosco significherebbe non avere nuove generazioni di alberi per il futuro e l’inaridimento del terreno che essi ombreggiano. Ma è stata una dura lotta ottenere anche solo che ogni inverno non venissero a prelevare tutte le lepri e i fagiani. Perché è così che alcuni pensano di tutelare i boschi: mettendo e togliendo come se si trattasse di sostituire una mensola con un quadro”.
Ho visto che nel suo bosco magico ci sono tanti funghi e ho visto che li conosce e ci parla come esseri viventi e intoccabili.
“Quello che ho detto per gli alberi e gli animali vale anche per i funghi. Anche quelli li conosco ormai uno ad uno. Il “Grande Vecchio” a est, intorno alla “Quercia biforcuta”, e il giovane “Cugino del Nero” che da qualche anno cresce intorno all’ “Antico Cotogno”. Ovviamente intendo il fungo sotterraneo, quello dal quale spuntano poi i “frutti” tanto ambiti dai cercatori. Proteggere il bosco ha significato infatti difenderlo anche dagli abitanti del luogo che vengono a depredarlo perché qui “i funghi fanno”. Ma qui i funghi “fanno” perché il bosco è fertile e il bosco è fertile perché i funghi vengono rispettati e protetti e si possono diffondere. Tutti, anche quelli velenosi. È sempre un circolo virtuoso che va assecondato”.
Da figlio dei boschi montagnini cortonesi, le chiedo ancora: cosa l’ha colpita di più in questi anni di vita qui al bosco di Puck?
“Quello che forse mi ha colpito di più in questi anni è stato scoprire che non è vero che un albero è vecchio tanto più è grande. Una quercia può rimanere minuscola anche per decenni e solo quando una vecchia matriarca morirà lei ne prenderà il posto, ma con la forza e l’ “esperienza” che la sua lunga infanzia le hanno offerto. Gli alberi isolati sono in realtà giganti fragili e forse anche un po’… “infelici”. Perché la Scienza ha scoperto anche questo: che gli alberi hanno almeno 20 sensi – contro i solo 5 nostri – e che sono in grado di comunicare tra loro (non parlando, eh!) e persino di aiutarsi, curarsi, avvertirsi dei pericoli e difendersi. Tra loro e persino con gli animali. Che poi sembra ovvio a ben pensarci: come riuscirebbero a vivere decine, centinaia e persino migliaia di anni senza potersi mai muovere se non avessero sviluppato meccanismi di difesa eccezionali? E gli alberi sono sulla Terra da centinaia di milioni di anni: sospetto che su alcune cose ne sappiano più di noi umani”.
Queste sono scoperte di grande interesse. Sono solo sue?
“Molte di queste scoperte sono italiane, addirittura toscane, ma poco conosciute fuori dagli ambiti specialistici. I vostri lettori possono saperne di più andando a leggere quanto ha scritto il professor Stefano Mancuso dell’Università degli Studi di Firenze, responsabile del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV), rintracciabile al link: http://www.esalq.usp.br/lepse/imgs/paginas_thumb/Alcuni-aspetti-di-neurobiologia-vegetale.pdf .
Non molti però qui a Cortona conoscono queste cose e il colmo è che sono invece soprattutto i turisti a conoscerle, specie quelli stranieri, e le apprezzano quando visitano il bosco, lamentando invece l’inospitalità e la monotonia della nostra pianura che si aspettavano bella come un vasto giardino, così come la descrivevano i viaggiatori di un tempo. I turisti dicono che qui, nel bosco di Puck, respirano anche, finalmente, lo spirito etrusco che erano venuti a cercare e quello dei boschi a loro sacri. E qui comprendono la fertilità dell’antico “granaio d’Italia” che la saggezza contadina aveva saputo preservare per secoli. Ma oggi vedo molti agricoltori arrivare, lavorare e andarsene senza mai scendere dai loro trattori. Sulla loro terra non mettono più piede, non la toccano né ne sentono il profumo chissà da quanto tempo. Spargono concimi, diserbanti e antiparassitari notando che non dà loro neanche più di che sopravvivere. Temo che la vecchia proprietaria del bosco avesse ragione: un piccolo podere sfamava diverse famiglie persino solo con quello che restava del dovuto al padrone, ma era perché i vecchi contadini erano alleati della natura e non pensavano di poterla solo dominare. Eppure, la cultura degli anni 1970 è dura a morire anche laddove si è dimostrata un’illusione”.
Sono sicuro che i nostri lettori apprezzeranno queste sue riflessioni e spiegazioni, ma può dire loro, concludendo questa nostra chiacchierata, cos’è oggi il bosco di Puck e qual’ è la sua speranza per il domani di questo patrimonio , di questo tesoro di madre natura cortonese, che in pochi eletti conoscono?
“Adesso il Bosco è un Centro di Osservazione Sperimentale dell’Università della Valle d’Aosta (UniVdA/LEA) ed è un Centro certificato per le Terapie Forestali dalla SIMeF – Società Italiana di Medicina Forestale. Anche se abito qui da molti anni , io resto pur sempre un medico e le mie ricerche e attività sono volte soprattutto ai benefici dei boschi sulla salute umana. In molti Stati la frequentazione della Natura viene già prescritta dai medici di famiglia e dai pediatri! Ma, soprattutto, il Bosco è la mia casa: ormai non potrei proprio più vivere in una città, mi sentirei davvero sola. La speranza è che venga riconosciuto come patrimonio culturale e naturale anche dalla stessa Cortona, che le nuove generazioni imparino a conoscerlo e che possa ispirare altri a riqualificare terreni abbandonati o impoveriti per creare una rete ecologica e di servizi agli abitanti e ai turisti, valorizzando il grande potenziale della pianura cortonese. Sogno altri boschetti ricchi di funghi, frutti di bosco, erbe medicinali, dove i bambini possano tornare ad arrampicarsi sugli alberi, gli anziani trovare frescura e i giovani ricrearsi. Sogno altre Food Forest (foreste alimentari), come sto sperimentando qui, al posto dei campi coltivati a biomasse. Sogno che la Natura torni ad essere una fonte di sussistenza appagante per le nuove generazioni, ma perché si è tornati ad allearsi con lei invece di depredarla soltanto”.
Grazie, cara Fiammetta , se mi permette di chiamarla così, di questa sua interessante presentazione. Ringrazio Michele per essermi stato un buon Virgilio di questa visita al bosco di Puck e però permetta a me, che sono un peccatore cattolico seguace di Papa Francesco, di salutare in rispettoso silenzio questo miracolo di nostro signore gesù Cristo e, per me , non del dio pagano Pan. Quindi di recitare nel mio cuore la preghiera con cui il Pontefice Bergoglio conclude la sua bella enciclica Laudato si .
Una Enciclica con cui Papa Francesco ha invitato tutti i credenti a ringraziare il Creatore per il dono della terra e a custodire la nostra “Casa comune”, che è "come una sorella, come una madre bella che ci accoglie tra le braccia, della quale siamo responsabili, non padroni", come sopra ha ben ricordato lei, seppur con altre parole. Ecco la prima parte della preghiera scritta da Papa Francesco: “Dio Onnipotente, /che sei presente in tutto l’universo /e nella più piccola delle tue creature, /Tu che circondi con la tua tenerezza / tutto quanto esiste, / riversa in noi la forza del tuo amore /affinché ci prendiamo cura/della vita e della bellezza. / Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle /senza nuocere a nessuno./(...) Risana la nostra vita,/ affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo, /affinché seminiamo bellezza/e non inquinamento e distruzione”.
Con questa preghiera, che son sicuro anche lei condivide, la saluto con un sincero arrivederci a presto. Le assicuro, inoltre, che i nostri lettori portano nei loro cuori non solo un grande rispetto e amore a mamma natura; ma da buoni francescani sanno che un bosco serve a fermarsi un attimo, a riflettere su se stessi, sulla propria vita e ritrovare quello che siamo. Cioè, persone ed esseri viventi dotati di anima e corpo, che nel bosco sono chiamati a ritrovare e recitare la “laude de omni creatura al Creatore”.
Ivo Camerini