In questo Primo Maggio 2020 ci mancheranno i cortei dei lavoratori, i comizi dei bravi sindacalisti ( di quelli non bravi ne abbiamo sempre fatto volentieri a meno). Ci mancheranno i suoni e i colori delle grandi e piccole manifestazioni di rivendicazione prima e di difesa poi dei diritti dei lavoratori, del diritto al lavoro. Ci mancheranno i canti del lavoro e l’inno d’Italia. Dell’Italia, che, nella sua Costituzione, con l’articolo primo, fonda la nostra Repubblica proprio sul Lavoro. Ci mancherà lo sventolio delle bandiere unitarie dei sindacati confederali, che, dal lontano primo maggio 1970, hanno sempre riempito le piazze, le vie delle nostre grandi e piccole città. Ci mancheranno anche a Cortona il suo tradizionale corteo per le vie cittadine , l’omaggio ai caduti, il comizio in piazza della Repubblica. Sarà questo un Primo Maggio diverso e di silenzio. Ma nei cuori di chi ama il lavoro ( tutto il lavoro, dipendente ed autonomo) , di chi crede che lavorare significa difendere la propria dignità e realizzarsi come persona che vive con il sudore della propria fronte, sarà sempre Primo Maggio.
Primo Maggio per ricordare le persone uccise dalla repressione capitalistica nel lontano maggio del 1886 a Chicago, negli Usa, quando uno sciopero dei lavoratori di una fabbrica viene represso con le armi e sul campo rimangono undici morti e centinaia di feriti che avevano la sola colpa di rivendicare una giornata umana fatta di “ otto ore di lavoro, otto ore di tempo libero e otto ore di riposo”.
Una rivendicazione quanto mai attuale anche oggi, nella nostra società neoliberista dove , come ricorda Papa Francesco, c’è ancora tanta mancanza di diritto al lavoro, di dignità per le persone che lavorano e che troppo spesso sono ridotte a nuova schiavitù.
Forte e da meditare attentamente la denuncia fatta da Papa Francesco alla Messa in Santa Marta: “ ...solo il lavoro dà dignità all'uomo, lo avvicina a Dio. Oggi c'è tanta schiavitù , lavoro senza diritti. Deve finire la schiavitù odierna del lavoro, di persone che lavorano dieci, quattordici ore al giorno per salari da fame. Una situazione che toglie dignità umana alla società ed instaura la dittatura del padrone sul lavoratore ridotto a schiavo …. Ci sono però anche tanti imprenditori buoni come quello che mi telefonò di pregare per lui perché non dovesse licenziare nessuno dei propri dipendenti, perché licenziare anche uno solo dei suoi lavoratori sarebbe stato come licenziare se stesso. Preghiamo perché a ogni persona non manchi il lavoro, abbia il giusto salario e il giusto riposo”.
Sono pensieri, argomenti di tanti lavoratori e sindacalisti , martiri o testimoni, che hanno guidato le lotte dei lavoratori dalla seconda rivoluzione industriale di fine ottocento a tutto il novecento per conquistare diritti che nei primi decenni di questo secolo vengono nuovamente calpestati e negati. Sono gli argomenti e le denunce della dottrina sociale della Chiesa ( Rerum Novarum del 1891 e Centesimus Annus del 1991 ). Sono le denunce della cultura democratica e socialista dell’ Ottocento e del Novecento. Sono le denunce che segnarono la vita di Giuseppe Di Vittorio, di Giulio Pastore, di Italo Viglianesi , che organizzarono i diritti dei lavoratori negli anni della nascita e della fondazione della nostra Repubblica e che poi sindacalisti come Bruno Storti, Pierre Carniti, Franco Marini, Luciano Lama , Bruno Trentin e Giorgio Benvenuto codificarono nello Statuto dei Lavoratori del 1970.
A questi diritti deve andare oggi la meditazione , la riflessione di coloro che credono ancora in una società di promozione della persona umana, di difesa della sua dignità e del diritto costituzionale del lavoro per tutti nella sicurezza.
E,naturalmente, in questo momento di emergenza sanitaria imposto dall’invisibile Covid-19, con un pensiero grato ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari che hanno affrontato e affrontano in prima linea questa pandemia. E con un omaggio e altrettanta gratitudine a tutti quei lavoratori , dipendenti ed autonomi , che hanno permesso all’Italia di campare nel buio di un tunnel, terribile, ma necessario, come il lockdown. Un tunnel di cui oggi si intravvede la fine ancora lontana e la luce di una nuova società. Una società che dovrà essere migliore di quella di ieri, nonostante tutto e nonostante tutti. Come saremmo stati senza i lavoratori degli ospedali, dei supermercati, dei trasporti , dei panifici, della sussistenza industriale, dell’agricoltura e delle forze dell’ordine pubblico? La risposta è nella mente e nel cuore di ognuno di noi.
Noi dell’Etruria auguriamo Buon Primo Maggio, prima di tutti, proprio a loro.
Insieme a loro, naturalmente, auguriamo anche un sentito Buon Primo Maggio e Buona Festa di San Giuseppe Lavoratore a Papa Francesco, ai nostri sacerdoti, ai nostri vescovi, ai nostri parroci, che, attraverso i media e i social, non hanno mai mancato di starci vicini e di prendersi cura della nostra anima invitandoci ad aprire in ogni casa la nostra piccola Chiesa come facevano i primi cristiani.
Nella foto-collage di corredo, il manifesto dei lavoratori americani ed europei di fine Ottocento e alcune immagini dei recenti primi maggio cortonesi.
Ivo Camerini