Un grande maître à penser, un intellettuale italiano di primo piano del mondo cattolico novecentesco è stato chiamato alla Casa del Padre nelle prime ore del 2 novembre. I funerali religiosi si sono svolti il 3 novembre nella Cappella dell’Aloisianum di Gallarate ( Varese).
Tutti i giornali hanno riportato la notizia della sua morte. Per coloro che non lo conoscono riprendiamo da l’Avvenire di ieri la parte iniziale dell’articolo scritto da Filippo Rizzi : “Gesuita per vocazione, politologo per professione. Ma soprattutto un contemplativo che da giovanissimo aveva accarezzato l’idea di farsi carmelitano o francescano prima di sentirsi chiamato a entrare nella Compagnia di Gesù nel lontano 1946. È la storia singolare di padre Bartolomeo Sorge, classe 1929 (era nato all’Isola d’Elba ma di origini siciliane per parte di padre), storico direttore de La Civiltà Cattolica (1973-1985) poi guida carismatica dell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe a Palermo (1985-1996) e chiamato a Milano a dirigere riviste come Popoli (1999-2005) e Aggiornamenti Sociali (1997-2009). Il gesuita si è spento lunedì mattina 2 novembre dopo la colazione all’Aloisianum di Gallarate, in provincia di Varese. Un luogo che al sorridente prete ignaziano – additato a torto o a ragione dai media come un «sacerdote politico» – rievocava gli anni della sua giovanile formazione filosofica ma che considerava, da quando vi era stato destinato dai superiori nel 2016, come l’ultima «sala d’aspetto», proprio come era capitato nel 2012 al suo illustre confratello, il cardinale Carlo Maria Martini. È rimasto lucido sino alla fine ed era profonda la sua devozione mariana, legatissimo all’icona Mater Divinae Gratiae (il cui affresco originale si trova a Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore) la cui copia cinquecentesca è presente proprio nell’infermeria dell’Aloisianum. I confratelli raccontano che «si sentiva pronto a congedarsi dalla vita terrena ed era soprattutto contento che, da quando era stato ordinato sacerdote nel 1958, aveva avuto dal Signore un dono speciale: l’aver potuto celebrare, ogni giorno, l’Eucaristia». Padre Sorge aveva il dono della parola e la capacità del grande oratore nei dibattiti grazie anche alla sua preparazione nel campo della Dottrina sociale della Chiesa: si era laureato, tra l’altro, in teologia nell’Università dei gesuiti di Comillas. Sarà proprio nel 1966 il gesuita Roberto Tucci, perito al Vaticano II e futuro cardinale («Da cui imparai – fu la confidenza a chi scrive – l’importanza di leggere i giornali, anche quelli internazionali») a chiamare il promettente gesuita a far parte del collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica, di cui sarà direttore dal 1973 al 1985. Sono questi gli anni in cui Sorge si scoprirà «alfiere del magistero montiniano»: fu infatti uno dei collaboratori per la stesura definitiva della Lettera apostolica Octogesima adveniens (1971). E un ruolo centrale sarà giocato da Sorge nella preparazione del primo Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana nel 1976 su «Evangelizzazione e promozione umana». In quegli anni romani intrattenne rapporti con grandi personaggi della Chiesa del tempo: oltre che con l’amato Paolo VI (di cui anche nella sua semplice “cella” di Gallarate conserverà molte lettere autografe), con il segretario generale della Cei il vescovo Enrico Bartoletti o con i cardinali Antonio Poma e Ugo Poletti (che lo nominerà esorcista per la diocesi di Roma), ad Albino Luciani (che da patriarca di Venezia lo sceglierà come predicatore di Esercizi Spirituali nella diocesi lagunare e a cui indirizzerà una delle sue ultime lettere appena eletto Papa) fino a Salvatore Pappalardo. Padre Sorge partecipa – «sono uno degli ultimi sopravvissuti» amava ripetere – alla XXXII Congregazione generale della Compagnia di Gesù (1974): l’assise voluta dall’allora preposito Pedro Arrupe, dove erano presenti anche Jorge Mario Bergoglio e Carlo Maria Martini, che porterà i gesuiti a recepire in forma organica gli insegnamenti del Vaticano II. Ma è con il 1985, dopo 25 anni di presenza a La Civiltà Cattolica, che si ha la “discesa” a Palermo che cambierà la vita di Sorge: accanto al confratello Ennio Pintacuda sarà uno degli animatori in chiave di impegno sociale per un riscatto etico e non solo della città e della Sicilia dal fenomeno delle mafie. La sua intelligenza lo portava anche ad avere una certa vis polemica e a non risparmiare critiche frutto del suo personale punto di vista e della sua storia. Così è accaduto che padre Sorge abbia espresso perplessità su alcuni tratti del pontificato di Giovanni Paolo II e su alcune impostazioni di fondo o scelte del Papa ora santo. E, dopo il suo ruolo di primo piano avuto nel primo Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana nel 1976, ha manifestato a più riprese riserve sulla Cei e sui percorsi proposti dall’episcopato italiano non rinunciando anche a toni accesi. Uomo del Novecento padre Sorge aveva il dono particolare della preghiera e della contemplazione di fronte al tabernacolo…. «Grato di aver potuto celebrare Messa ogni giorno della vita», ha detto ai suoi confratelli dell’Aloisianum negli ultimi mesi del 2020.”
Ho ripreso da Avvenire questa lunga citazione per far capire anche ai nostri lettori chi era padre Bartolomeo Sorge. Ma per me ( che ho avuto la fortuna e l’onore di conoscerlo nella primavera 1975 quando fui chiamato da Amintore Fanfani a dirigere, come Segretario generale, L’Istituto di Studi Politici Superiori Alcide Degasperi in Roma ( la famosa Camilluccia) e di averlo poi come amico personale, tanto da ricevere da lui, nel 1979, come regalo di nozze una splendida e rara copia della Bibbia di Salvatore Garofalo, che conservo al centro della mia piccola libreria casalinga) il dolore del lutto per un caro amico si unisce anche a ricordi importanti di vita ecclesiale, comunitaria locale, come quando venuto a Cortona negli anni 1990, per una conferenza in San Domenico, assieme a mia moglie, fui suo ospite per quasi un’ora nel salottino delle Suore Stimmatine di Betania, dove aveva preso alloggio per quella sua breve venuta nella nostra città, avendo il dono di un lungo colloquio sulla nostra vita familiare, sui nostri figli, sul nostro matrimonio e di ricevere, al termine, la sua benedizione di sacerdote gesuita.
Ma soprattutto il ricordo va all’onore avuto di seguire in Roma e fuori le sue famose conferenze, di avere avuto da lui il regalo di vedere pubblicata su La Civiltà Cattolica, da lui diretta, una bella recensione del mio libro “ I contadini e il vescovo” scritta dal suo confratello e grande scrittore padre Giuseppe De Rosa.
Inoltre il ricordo va anche alla immeritata fortuna e all’onore di aver avuto da lui una intervista in esclusiva per Conquiste del Lavoro, quando , nel 1992, venne a Città di Castello a parlare di Fede e Politica e del suo libro “ L’Italia che verrà”. Intervista che qui ripubblico, come post scriptum, nella versione breve riportata nel mio libro : “Sotto il Cielo di Cortona” del 2019. Una intervista non solo di interesse storico, ma anche attuale: "le regole della maggioranza, quando la maggioranza è ricca e sta bene, possono essere la tomba dei poveri", mi dissse in maniera diretta e senza peli sulla lingua.
Ciao, padre Bartolomeo! Buona strada nelle eterne praterie della Gerusalemme Celeste , dove "possa la strada alzarsi per venirti incontro, / possa il vento soffiare sempre alle tue spalle,/ possa il sole splendere sempre sul tuo viso".
Ivo Camerini
Post Scriptum
A colloquio con Bartolomeo Sorge: “Dare un'anima etica alla democrazia italiana”
Il travaglio dell'Italia di oggi è quello di una nazione unica al mondo, che dal l946 ad oggi ha sempre avuto al governo la stessa classe dirigente. E, siccome il rinnovamento deve passare attraverso la salvaguardia dell'unità nazionale, del rispetto dei diritti della persona umana, del riscatto degli ultimi e di coloro che non hanno voce, occorre un nuovo impegno politico dei cattolici italiani. Un impegno che riporti al centro delle istituzioni, del governo e dell'azione economico-sociale i valori etici, morali di una politica cristianamente ispirata. Senza i valori umani e cristiani infatti la democrazia occidentale sta diventando un subdolo marchingegno al servizio dei più forti oppure sfocerà apertamente nell'autoritarismo e nel totalitarismo. Ai tanti politici che hanno perduto la bussola del bene comune della politica intesa come progettazione alta del governo della città, come dialogo con tutti e come servizio per il prossimo, occorre chiedere di farsi da parte e di lasciare il campo a coloro che sono onesti, competenti e possibilmente cristiani. Infatti la soglia di sopportazione, di pazienza della gente comune sta oltrepassando i limiti di ogni realistico ottimismo e di tollerabilità. Di fronte ai sacrifici iniquamente ripartiti c'è il rischio di una dura e grave rivolta popolare. Come si fa, infatti, a chiedere sacrifici ai cittadini quando chi governa e chi fa politica vive nella ricchezza più sfrenata ed i rappresentanti del governo smantellano lo stato sociale colpendo i lavoratori, ma rimanendo ben decisi a difendere i propri innumerevoli privilegi a partire dalle consumazioni semi-gratuite al bar ed al ristorante di Montecitorio, ai viaggi, agli ingressi gratuiti, alle macchine di servizio, ai porta-borse pagati dallo Stato ed alle scorte armate sempre più numerose, ma sempre più inutili? Questo è quanto, in estrema sintesi, si è chiesto ed ha affermato, con tono deciso, da vero leader e "maìtre à penser" del cattolicesimo democratico italiano padre Bartolomeo Sorge in un affollatissimo ed applauditissimo incontro su "Fede e politica", svoltosi a Città di Castello su iniziativa della Diocesi, delle Acli e della Cisl. Al termine dell'incontro Bartolomeo Sorge ha risposto in esclusiva ad alcune nostre domande su “L’Italia che verrà”:
Camerini: Per l'Italia che verrà: quale ruolo per i cattolici?
Sorge: “Credo che ci sia un servizio di creatività, di testimonianza e di coagulo con tutte le forze oneste e democratiche. Il problema è che di fronte alla caduta delle ideologie l'ispirazione cristiana si manifesta sempre più come un supplemento d'anima per tutti; purché venga poi mediata nella sua laicità, nel rispetto della coscienza di tutti gli altri.
Ecco quindi che la situazione che abbiamo oggi dinanzi presuppone un cristianesimo adulto. Di qui l'importanza di formare uomini nuovi fra i laici. Uomini di sintesi politica che siano professionalmente validi, rispettosi della laicità, delle regole della convivenza civile e che però al tempo stesso vivano il servizio politico con una vera attenzione morale".
Camerini: C'è oggi un tentativo scoperto di ridividere l'Italia in ricchi e poveri; c'è in atto una vera e propria politica di arretramento sociale: cosa possono fare i cattolici perché non vinca la restaurazione dell'ancien regime capitalistico?
Sorge: “Penso che questo sia già una realtà contro la quale bisogna combattere da subito. Ma questo compito di opposizione non tocca solo ai cattolici. Questa è una battaglia che o vinciamo tutti assieme o non vinciamo. Si tratta, infatti, di rendersi conto dei limiti del formalismo democratico, cioè di una democrazia puramente formale e di dare un’anima etica al sistema democratico. Certe scelte si fanno soltanto se si crede nella priorità dei valori umani. Altrimenti le regole della maggioranza (quando la maggioranza è ricca e sta bene) possono essere la tomba dei poveri".
Camerini: Un grande economista ed intellettuale italiano, che ha dato la sua vita per i valori della Cisl e del sindacalismo italiano, Ezio Tarantelli, era solito ripetere che " ... l'utopia dei deboli è la paura dei forti". Riallacciandoci a questi valori, a questa tensione etica dell'azione sindacale, non ritiene forse che è arrivato il momento, anche per il sindacato italiano, di vivere a tutto campo la propria autonomia dai partiti, la propria natura di soggetto politico autonomo che deve porsi alla guida di quella rivolta di popolo che manifestandosi già il 9 giugno 1991 si è consolidata con il voto del 5 e 6 aprile scorso?
Sorge: “Credo che non da oggi questo è il compito del sindacato italiano; forse una certa caduta di tensione è dovuta proprio ad un modo vecchio di impostare le questioni. Non si tratta più di tutelare gli interessi di categoria, ma bisogna avere una visione più ampia, cioè da vero soggetto politico, pur senza ovviamente sostituirsi al ruolo che hanno i partiti o le istituzioni, in senso politico stretto. L'Italia che verrà ha bisogno di una forte collaborazione tra le forze sociali. Senza l'apporto del sindacato non esce la nuova Italia.
Quindi occorre un dialogo nuovo con criteri comuni di crescita e con suggerimenti anche operativi nel rispetto dei singoli ruoli. Credo infatti che il sindacato sia uno di quegli strumenti privilegiati del fare politica, che però si integrano e non si sostituiscono all'opera dei partiti. Naturalmente ci vuole un po' di maturità per farlo e la crisi attuale del sindacato è forse riconducibile a questo aspetto. Ritengo quindi che per raggiungere questo obiettivo ci sarà ancora da sudare molto”.