Nei giorni scorsi sono stato contattato dalle amiche e colleghe professoresse Ilaria Marri e Donella Comanducci per dare una mano al loro progetto di Festa per i cinquant’anni dell’ITC Laparelli.
A dire il vero mi aveva scritto, oltre un mese fa, anche la gentilissima amica Maria Beatrice Capecchi, attuale preside dell’Istituto d Istruzione Superiore Luca Signorelli in cui il commerciale cortonese è da anni confluito. Avevo allora declinato l’invito per vari motivi familiari e anche per l’attuale situazione pandemica che poco spazio di movimento lascia a noi pensionati, anche se, ringraziando Dio, ancora in forze e in salute.
Quattro giorni orsono su telefonata di Ilaria e Donella ho accettato di scrivere due brevi ritratti dei presidi Fattorini e Bruni, che poi dovrebbero confluire in una pubblicazione che loro, assieme a Vittorio Camorri e Fabio Comanducci stanno progettando.
Nel parlare con Ilaria ho chiesto se aveva per caso conservato il giornalino Zanzare che feci fare ai miei alunni negli anni 1995 e 1996. Un giornalino che ricercavo da più di un anno in quanto la mia copia era andata distrutta in una piccola alluvione del mio garage.
Alla risposta positiva di Ilaria sono corso subito a Cortona per un prestito di ventiquattro ore e ho digitalizzato quel giornalino che uscì sia nel 1995 sia nel 1996, come sostituto del primo compito in classe d‘italiano.
Sabato 13 marzo ne ho fatto poi un post su Fb che ha avuto un ottimo riscontro e ha fatto venir fiori ricordi e indicazioni interessanti per il progetto di Donella , Ilaria et compagnia.
Tra i vari commenti mi hanno colpito quelli fieri ed interessanti di alcuni ex-studenti dei primi anni pionieristici dell’ITC Laparelli. Allora non mi son lasciato sfuggire l’occasione e subito, negli spazi privati di Messenger, ho chiesto a Maria Pia Tacconi , Ambra Galletti e Maurizio Tacconi di farmi avere qualche loro ricordo per scrivere un articolo sul nostro giornale di incoraggiamento all’iniziativa capitanata dalla collega Ilaria Marri e che , se non ho mal compreso, un ex alunno come Vittorio Camorri (oggi importante imprenditore cortonese) e Fabio Comanducci ( ex-funzionario di banca) vorrebbero concludere con una giornata di Festa autunnale in Cortona.
In attesa di quella Festa, pubblico volentieri come prima puntata i ricordi che mi ha inviato Maurizio Tacconi che, pur vivendo a Foiano, è rimasto un cortonese doc e che subito nella mattinata di domenica 14 marzo ha risposto alla mia richiesta.
Do pertanto subito spazio ai ricordi del simpatico amico Maurizio e li lascio volutamente in presa diretta, così come di getto me li ha inviati nella chat di Messenger . Ogni mio aggiustamento avrebbe rovinato la spontaneità dei ricordi e la bellezza del suo racconto.
Ecco di seguito i suoi messagi: “Ivo, io ero un ragazzino; allora si pensava molto al pallone. Mi ricordo che riuscirono ad aprire l’ITC grazie a molti ripetenti, anche bocciati per due volte al Buonarroti di Arezzo; erano tutti di Castiglioni. Anche per questo motivo credo che quelli del Liceo erano considerati e si consideravano molto di più di noi. Dopo di noi veniva solo l’Inapli, che, non so se ti ricordi, era il professionale di Camucia.
Quando riuscimmo a staccarci da Arezzo fu una festa incredibile. L’Istituto cominciò a ricevere iscrizioni, tanto da avere due sezione in tutte le classi. Eravamo in Poggio, davanti alle monache di clausura. La segretaria storica, amica di tutti, ma con l’età non mi ricordo il nome.( ndr: Signora Miretta ). Tutti i nostri primi due diplomati di ogni sezione, venivano assunti a stretto giro da Banca Toscana.
Qualche aneddoto: il mio compagno di studi, C. C., all'inizio me lo appiccicarono perché si trasferì in seconda ragioneria dal Ginnasio-Liceo Luca Signorelli. Per farlo recuperare, gli dissero che per le materie scientifiche potevo essere un suo buon supporto e lui divenne il mio compagno di banco e di studi. Infatti abbiamo studiato ininterrottamente tutti i giorni insieme a casa sua fino alla maturità. Io forte con le materie scientifiche e lui con quelle umanistiche. Insomma, ci completavamo. Nostra compagna di studi inseparabile era M. P.. Ricordo lui prese 54/60 alla maturità. Fu il voto più alto dato da una commissione del tutto inadeguata. C.C. e M.P. sono stati veramente i miei compagni inseparabili.
Il professore e preside Mario Fattorini ebbe con noi tre un grande diverbio. Si arrabbiò moltissimo perché chiedemmo copia del giudizio di ammissione alla maturità. Richiesta mai fatta da nessuno e del tutto osteggiata anche dalla sala dei professori. Mai avevano dovuto dichiarare i loro giudizi. Avevamo il dubbio che nel nostro caso i giudizi erano stati fatti al ribasso. Invece, dopo che abbiamo sostenuto e difeso la nostra richiesta, ce li hanno consegnati e i nostri dubbi furono fugati del tutto. I professori ci avevano ammesso con formula piena e apprezzamenti inaspettati.
Non ci furono grandi eventi a ragioneria nel mio periodo. Il preside Fattorini, forte dei suoi uomini Bruni, Domini e Ghezzi, l’anno prima che mi iscrivessi io, aveva già ottenuto l’indipendenza e trasformò la scuola da Sezione distaccata del Buonarroti di Arezzo, in Istituto Commerciale per ragionieri Francesco Laparelli. Forse mia cugina Maria Pia Tacconi, quella del Bar tra le piazze , che si iscrisse l’anno prima, magari ricorda qualcosa di più su quella battaglia per l’autonomia e indipendenza di ragioneria di Cortona.
Altri ricordi sono i seguenti. Primo: in quei tempi, da poco passato il 68, il nostro compagno A. R., cercava di organizzare manifestazioni studentesche, molto di moda in quel periodo, specialmente nelle città, dove il vanto di occupare la scuola imperava e li facevano sentire grandi. Per questo A.R. voleva che le due ore di assemblea scolastica sul diritto allo studio e sulle attività extracurriculari diventassero un’occasione per scambiarci idee politiche; ma, a parte a lui e al professor Gabrielli che lo incoraggiava, la politica non interessava a nessuno. Per noi quelle non erano altro che due ore di alleggerimento. Comunque l’assemblearismo studentesco al commerciale per ragioneria non attecchì; almeno nei miei cinque anni. Molti di noi avevano famiglie democristiane e non ci interessava minimamente l’ideologismo marxiano e sovietico. Figuriamoci io che ero il nipote di don Renato Tacconi. Proprio non mi interessava e non me ne fregava niente; ma anche quasi tutti i professori e il preside Fattorini scoraggiavano la politicizzazione di noi studenti. L’iniziativa del nostro compagno A.R. fu un fiasco per lui e per il professore Gabrielli che lo appoggiava.
Secondo:il professor Bruni una mattina stava cercando di far capire un concetto alla nostra classe, ma molti non riuscivano proprio a farselo entrare in testa, compreso me. Tuttavia fui l’unico a dirgli apertamente che nessuno di noi aveva compreso il difficile concetto che ci aveva spiegato. Lui calmo e gentile mi disse che ero duro come il diamante. Poi si corresse e mi disse: anzi duro come il corindone. Da allora fino alla maturità quel soprannome mi rimase appiccicato addosso; ma non è mi mai pesato. Anzi era un segno distintivo.
Terzo: il mio compagno C.M., finalmente presente ad un compito in classe di matematica, dopo venti minuti consegnò il compito. Tutti rimanemmo stupiti perché di solito impiegavamo due ore a fare un compito di matematica. Quando il professore tornò la lezione successiva con i compiti corretti, si scoprì l’arcano. M.C. aveva scritto sul foglio “caro professore, io come al solito questo compito non lo so fare, fallo te che sei più bravo di me”. Ci ridemmo tutti; però lui ci rimediò un bel due.
Quarto: compito in classe di Francese. La professoressa Centonse annunciò che il giorno dopo ci sarebbe stato il compito in classe. Noi ci ribellammo perché non poteva comunicarci la cosa cosi all’improvviso, senza darci nemmeno tempo per poterci preparare nel modo adeguato. Il programma era vasto ed eravamo preoccupati, perché impauriti che vertesse su argomenti studiati in tempi troppo lontani. Ma lei candidamente ci rispose: “non vorrete mica che vi dica anche il titolo e lo svolgimento?Ma se oggi abbiamo parlato della Marsigliese, non vi dico altro”. Noi non ci fidavamo che ci volesse così agevolare. Il pomeriggio e la sera ripassammo tutto il programma svolto. Fatica sprecata. Il compito fu sulla Marsigliese.
Quinto: i miei professori. Bruni (l’ho avuto a scienze e merceologia);Formelli a Ragioneria (commercialista di Arezzo che veniva in Porsche e mi mandava a parcheggiarla);Domini (anche lui a ragioneria dopo Formelli; era anche consulente della Banca Popolare di Cortona; la sua materia fu oggetto dello scritto di maturità con l’italiano ); Comanducci (affabile insegnante di Italiano); Cappelli (divenuto giudice, mi diede un 9 che l’ho portato avanti tutto l’anno, senza che mai mi rinterrogasse, solo perché avevo saputo illustrare e spiegare la Teoria Quantitativa delle monete, quando nessuno ci aveva capito niente); don Ottorino Cosimi, poi don Giovanni Tanganelli a religione; Giuliarini poi sostituito da Berni Mario, che mi preparò ai giochi della gioventù nei 1000 metri; a Cortona arrivai terzo dopo Maurizio Pinna e il Quitti; ci qualificammo alle provinciali ); Tiezzi Gilberta a Tecnica Commerciale, poi trasferita a Foiano con l’apertura della succursale; Consonni a inglese, abitava sotto i macelli. Non ricordo altri professori del mio quinquennio.
Sesto: i miei compagni, alcuni solo per un periodo: Mario Ponticelli, Wiliam Peverini, Mariarosa Paoletti, compagna di studi; Carlo Andrea Carloni, compagno inseparabile di studi; Massimo Caneschi; Brunella Equatori;Rosalia Gracco, l’avrai conosciuta in amministrazione all’ospedale della Fratta; Enzo Toto Brocchi; Andrea Magi, il Diddo, all’anagrafe Maffei, figlio di un preside di un’altra scuola; la Pierini che poi ha lavorato alle Poste; Vavassori Giuseppe e Ceccherini Franca di Castiglioni, Patrizia Anderini, stimata capo-sala alla Fratta. Altri non mi sovvengono.Eravamo in ventitré, ma la mia memoria è ormai quella di un 65 enne….
Ultimo ricordo: comunque di tutti i cinque anni, la fatica più grande fu quella di arrivare a scuola. Infatti noi di campagna (con il Pulman che arrivava in carbonaia alle 8.30, con le lezioni che iniziavano alle 8,20, perché si erano inventati le lezioni di 40’ e anticipavano tutto) arrivavamo al portone con la lingua di fuori e spesso disperati perché i bidelli alle 8,40 chiudevano anche il portone. Qualche volta anch’io son rimasto fuori con altri ad aspettare le nove per aver sforato l’orario del permesso dei dieci minuti concessi per fare tutta la ripidissima salita da Carbonaia al Poggio.”
Grazie Maurizio. Credo proprio che hai emozionato e scaldato il cuore di tanti tuoi coetanei e di tanti nostri lettori che amano Cortona e il suo centro storico. A Maria Pia e Ambra il rinnovo ufficiale della mia richiesta inviata su Messenger, con la piena disponibilità a pubblicare altre puntate.( potete inviare anche alla mia mail: [email protected])
Ivo Camerini