Nel tardo pomeriggio di venerdì otto novembre 2024, ho avuto l’onore ed il piacere di visitare il bel museo aperto nel centro di Camucia in onore e memoria dell’arte immortale di Francesco Sandrelli, morto il 24 marzo 2023 a seguito delle gravissime ustioni riportate nell’incendio della sua autovettura andata a fuoco mentre era in viaggio sul grande raccordo anulare di Roma.
Con la prestigiosa guida del suo babbo Alberto Sandrelli e del suo amico Enereo Paoloni, ora anche custode di questo bel museo, ho potuto immergermi nelle tre sale che espongono le tele e le poesie di un grande artista contemporaneo, quasi sconosciuto nelle nostre terre , ma noto ed apprezzato non solo in Italia , ma anche in gran parte del mondo.
Le grandi tele dipinte da questo singolare e significativo artista cortonese (che, come mi dice il suo babbo Alberto, amava definirsi agricoltore pittore e poeta) danzano negli spazi bianchi delle grandi sale dell’ex-centro sociale novecentesco camuciese in una sinfonia della sua arte senza tempo, che avvolge il visitatore con i suoi colori vivaci,delicati allo stesso tempo e accarezzati dalle belle parole dolci e toccanti delle sue poesie.
Poesie che sono un inno alla vita e al pellegrinaggio sulla terra di una persona che ha saputo trasmettere gioia e felicità ai suoi familiari e a chi l’ha conosciuto. Gioia, felicità e amore per la natura paradisiaca delle nostre terre di Cortona e della Valdichiana e per l’umanità di un mondo fuori dai cardini, come quello contemporaneo, che oggi ci fanno il bel regalo di restituirci a tutto tondo il messaggio di cultura e di pace dell’arte di un cortonese reduce di una vita profondamente cristiana e innamorata. Un cortonese che con le ali del pittore, che sa andare oltre il tempo quotidiano con il linguaggio semplice, ma onirico dei suoi colori e dei suoi versi poetici, fa volare il visitatore come gli uccelli d’estate su di un campo di grano, come ci indica la grande tela dipinta da Francesco. Una tela dominata dal giallo passionale della vita e della natura che ci accoglie nella seconda sala.
Una sala museale davvero importante che accoglie anche l’altra grande tela dominata dai colori blu e nero intervallati dalla nebbia bianco-grigia delle brume novembrine della nostra Chiana e che fanno scivolare le slitte del visitatore attento sopra le nuvole. Una tela in cui il suo amico Enereo vede il volto vivo e presente di Francesco e i cui colori fanno risuonare nei pensieri del visitatore la musica dei violinisti fra i tetti secolari della Roma trasteverina o di quella rinascimentale di Piazza di Spagna. Cioè di quella Roma, che tanto amava e viveva Francesco Sandrelli. Un Francesco che oggi è tornato a vivere e a parlarci nella sua Camucia , nella sua Valdichiana con questa esposizione permanente della sua arte davvero straordinaria e che senz’altro resterà anche nel futuro della nostra piccola patria e dell’Italia.
Questo in fondo il senso importante e forte del bel museo allestito dalla sorella Maria,dal fratello Lorenzo,dalla mamma Maria Vittoria e dal babbo Alberto con la sapienza dei grandi galleristi d’arte e delle teche di cultura; ma soprattutto con quell’amore caldo ed immenso del focolare di Villa Sandrelli, che accolse Francesco bambino e giovane e che sempre lo festeggiò nei suoi ritorni dai tanti pellegrinaggi, che lo fecero conoscere ed apprezzare in tante parti d’Italia e del mondo.
Viaggi di un pellegrino cristiano che lo fanno apprezzare ,soprattutto, dalla civitas di quella umanità che sa ancora emozionarsi ed amare i “ manufatti culturali” della nostra amigdala, che non si vergogna di piangere di gioia e di raccontare, anche con le lacrime, l’empatia di un agricoltore che seppe essere pittore,poeta e che ci ha regalato queste parole, quasi come scolpite in una lapide da tempo edace, che però su Francesco oggi con questa mostra permanente non trascorre più: “ Corpus Christi è un posto bello. C’è una bella atmosfera. Vado a riposare spesso a Corpus Christi. Laggiù gli alberi sono luce che non abbaglia, puoi trovare il pane e le braci di cui ho bisogno. Amo quel luogo. C’è il dolce maturo odore del grano…vi si accede da un buco nero e rapisce i miei sentimenti, come tela di ragno”.
Ivo Camerini