Mercoledì 21 Settembre.
È il giorno del viaggio verso la Giordania. Ricordo la mattinata come un’interminabile serie di controlli al confine tra i due Stati. Qui, come poi a Gerusalemme, abbiamo davvero avvertito la gravità di una situazione politica instabile e confusa, dove l’incertezza e il sospetto sono palpabili.
In Giordania la prima tappa è stata al monte Nebo, da dove Mosè contemplò la Terra Promessa che Dio aveva riservato al suo popolo.
Poi Mosé salì dalle pianure di Moab sul monte Nebo…(Deuteronomio, 34, 1.). Da una delle vette del monte si gode effettivamente di un panorama splendido: il mar Morto, poi Gerico e la guida ci ha assicurato che quando il cielo è limpido si scorge anche Gerusalemme.
Secondo la tradizione ebraico - cristiana, Mosé fu sepolto su questa montagna. Sul luogo della sepoltura già dal IV secolo fu costruita una chiesa, che ha subito nel corso dei secoli ampliamenti e modifiche e forse più tardi si aggiunse un monastero ortodosso. Molto suggestivi sono i mosaici, conservati in modo sorprendente, che raffigurano scene di vita quotidiana e di caccia. Furono i Francescani che acquistarono il sito all’inizio del XX secolo e iniziarono i lavori di scavo. Sulla cima del monte Nebo è stata collocata una scultura a forma di croce con serpenti di rame intrecciati, che ricorda il bastone di Mosè: l’opera è immagine di Cristo.
Ad una decina di chilometri dal monte Nebo si trova Madaba, dove abbiamo visitato la Chiesa ortodossa di S. Giorgio. All’interno un pavimento in mosaico riproduce una mappa della Terra Santa risalente al VI secolo dopo Cristo. Più precisamente la mappa comprende Sinai, Palestina, Libano e Transgiordania. Scoperta a metà del XIX secolo, durante la costruzione della chiesa dedicata a S. Giorgio da parte di frati greco-ortodossi, la mappa nella parte centrale rappresenta la città di Gerusalemme. Nell’opera la raffigurazione della Chiesa del S. Sepolcro, il cui ampliamento sarebbe terminato intorno al 543, consente di datare il mosaico bizantino dopo la metà del VI secolo. Le didascalie in greco segnalano l’itinerario per raggiungere la Città Santa attraverso quasi 150 località. Dei due milioni circa di tessere che lo componevano, a noi è arrivato forse un terzo, sufficiente, tuttavia, ad impressionare tutti noi visitatori.
È ormai tarda sera, quando arriviamo a Petra. I manicaretti locali ci saziano con il loro gusto straordinario. Dopo cena, come di consueto, ci fermiamo nella hall dell’albergo a raccontare le nostre impressione a caldo di queste intense giornate. La serata passa allegramente tra risate e scherzi, con un po’ di disappunto da parte degli ospiti arabi.(segue)
Chiara Camerini