Volenti o nolenti l’attuale pandemia del Covid-19 pone a tutti una riflessione generale sul Secondo Novecento e sulla sua coda di sopravvivenza nel ventunesimo secolo.
Con quale Stato, con quale economia , con quali ideali spirituali , culturali, insomma etici, dovremo vivere una volta usciti dal tunnel buio dell’emergenza sanitaria?
E’ una domanda, come si diceva una volta, da un milione di dollari. Ma è una domanda che attraverserà tutte le coscienze delle persone dotate di cuore e ragione.
Andiamo allora per ordine. Uno Stato assoluto , come quello che gli ultimi decreti governativi hanno buttato in mezzo agli italiani e, forse con altri decreti, in mezzo a tutti i cittadini occidentali si trasformerà nel famoso “grande fratello” che tutto vede e provvede?
Le nuove tecnologie e la paura che sta minando le coscienze civili di tanti sembrerebbero far propendere per una risposta positiva.
Io però non ci scommetterei. Perché la gente alla fine, cioè seppur in tempi lunghi, capisce sempre e impone la strada della democrazia , della libertà e del ritorno a quella civiltà cristiana che si è sempre affidata alla Divina Provvidenza e alla ricerca del vero.
Oggi lo Stato sembra voler fare tutto da sé e ha tagliato fuori dalla società gran parte del mondo del volontariato , del cosiddetto terzo settore, cioè dei mondi vitali cristiani ed umanitari che hanno caratterizzato secoli di storia italiana ed europea.
Permetterà la Divina Provvidenza una vita nuova improntata solo sul dominio del più forte sul più debole?
Io credo di no e da modesto ex- professore di lettere invito volentieri, su suggerimento di un mio amico sacerdote, a rileggerci bene i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Vale a dire il romanzo della Divina Provvidenza. Quella divina Provvidenza che Alessandro Manzoni, uomo vissuto a cavallo tra due secoli diversi, contrapposti e scrittore dalla formazione classica avuta presso istituti religiosi, cita ben ventidue volte nel suo capolavoro letterario.
Manzoni , per coloro che vogliono segnarselo, parla della Provvidenza per la prima volta nel capitole sesto associandola alla figura religiosa di padre Cristoforo ( dopo aver parlato con Don Rodrigo, pensa : ““Ecco un filo, – pensava, – un filo che la provvidenza mi mette nelle mani. E in quella casa medesima! E senza ch’io sognassi neppure di cercarlo!” –) e ,via via, ce la presenta costantemente nello svolgersi di tutti gli eventi associati agli altri personaggi fino all’ultimo capitolo del romanzo quando è proprio Don Abbondio a citarla innanzi a Renzo e Lucia che lo informavano della morte di Don Rodrigo ( “Vedete, figliuoli, se la Provvidenza arriva alla fine per certa gente. Sapete che l’è una gran cosa!).
Si può uscire da questa crisi epocale (dove si separano figli da genitori, nipotini da nonni, dove si muore soli davanti a Dio e dove l’ultimo atto della vita terrena non ha nemmeno il conforto dei propri cari, come avveniva invece nel passato) senza ricercare ancora una volta il vero, il senso della storia stessa, senza ragionare con un ottica cristiana?
Io credo che ancora una volta la storia non sia finita e che tornerà ad essere protagonista nel nuovo rapporto tra umili e potenti che oggi si è creato. La realtà ci farà nuovamente mettere sulla strada della ricerca del vero e del sacro, come in fondo ci disse tanti secoli fa nostro Signore nel giorno dell’Annunciazione a Maria che la Chiesa oggi festeggia.
Una Chiesa che non potrà essere nuovamente rinchiusa nelle catacombe, ma che opererà e sarà ancora presente tra gli uomini e le donne di oggi e di domani per agevolare i piani della Divina Provvidenza.
Una “Provvidenza” che si incarna nei segni dei tempi terreni e coloro che desiderano approfondire il significato di questa parola anche con la "p" minuscola (dal latino " providentia", propr. «previdenza, prudenza», e per metonimia «Provvidenza divina») possono agevolmente andare a vedere sui normali dizionari, che ognuno ha casa, oppure nell'ampia descrizione che ci dà l’Enciclopedia Treccani.
Una rilettura approfondita e nuova dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni ci può davvero far bene in queste lunghe giornate di clausura domestica.
Ivo Camerini