Da alcuni anni il santuario del Calcinaio è impegnato a vivere il natale mandando un preciso messaggio “controcorrente”.
Controcorrente a cosa? Al nostro sciocco Natale di lucine colorate e consumismo che nascondono la nascita del Dio che si fa uomo e anche tutte le crudeltà e le sopraffazioni che l’uomo oggi compie nei confronti del fratello e che tenta più o meno velatamente di nascondere, ma che indicano mancanza di fratellanza. Il giovane extracomunitario che muore per il freddo nelle strade di Bolzano, a fianco delle luminarie e dei mercatini di natale, la piccola Alì che nasce in un barcone stipato da centinaia di profughi, gli episodi di violenza domestica, i poveri in aumento.
E, su tutto questo, la mancanza di pace, il nostro mondo trapuntato non di stelle ma di guerra, di bagliori di armi. Eppure, sulla lapide dei martiri dell’Olocausto nucleare di Hiroshima, era scritto “riposate in pace, perchè non ripeteremo l’errore”.
Ma l’errore si ripete perchè manca sulla terra la giustizia, e “l’opera della giustizia sarà la pace e l’azione della giustizia tranquillità e sicurezza per sempre”
Ecco perchè il presepe scomodo del Calcinaio ha scelto quest’anno come tema la pace con protagonista un’opera dell’artista Antonio Massarutto.
“Il tema è quello della guerra, dichiara l’artista. Non avrei potuto fare altro in questo Natale del 2022. Si tratta di un’installazione con un agnello bruciato e delle bambole rotte.
L'agnello, animale mito, per la religione cristiana e ancor prima per quella ebraica, è il simbolo di sacrificio per eccellenza, e come tale più volte compare nell'Antico Testamento.
Ho pensato dunque di realizzare un agnello, sul quale sono intervenuto con il fuoco, una parte infatti è stata totalmente devastata dalle fiamme.
Nel complesso l’opera e volutamente scioccante. L’intento è proprio quello di creare disturbo. Solitamente non fornisco risposte con la mia arte, piuttosto faccio delle domande. Quindi la mia opera pone delle questioni, scaturisce degli interrogativi. Ringrazio prima di tutto Don Ottorino, Carla Rossi per il loro coraggio, per avermi dato la possibilità di esporre una mia opera all’interno di questo magnifico luogo sacro.”