Pubblichiamo anche oggi molto volentieri le riflessioni del diario di Anna Cherubini. Riflessioni sul matrimonio, sulle cerimonie di nozze rimandate. Grazie Anna! ( IC )
Diario dei MATRIMONI SALTATI
Questa foto la feci all'incirca un anno fa sotto le scale del Campidoglio, aspettando l'autobus. Così, nell'attesa.
Era un sabato verso l'ora di pranzo e stavo andando verso la stazione Termini per tornare a Cortona, dopo aver trascorso a Roma dei giorni di lavoro.
Al Campidoglio si sposano in tantissimi, ci vengono da tutto il mondo. La sposa della foto ad esempio, parlava spagnolo.
Salgono tutta quella rampa normalmente piena di gente. Accanto c'è la chiesa dell'Aracoeli, una delle più belle, e anche lì si sposano in tanti, solo che per salire fino a quella chiesa ci sono 124 scalini, e ho sempre pensato che allora si ripieghi sul vicino Campidoglio anche per questo, più che per motivi religiosi.
Comunque, mi ricordo che feci questa foto dalla fermata del 44 che scendeva da Monteverde, dove avevo alloggiato a casa di una cara amica, e faceva capolinea proprio lì, nel punto in cui viene offerta la possibilità di sbirciare gli sposi attraverso la scalinata. E anche di ripensare al proprio matrimonio finito, o a quello che verrà dopo, oppure a quello in corso, ma magari anche a qualcosa di molto più allegro, e quest'ultimo era il mio caso in quel momento.
Procedo a ruota libera, come faccio ogni mattina con questo piccolo diario improvvisato, dove non penso affatto a ciò che scriverò ma vado come a braccio, monologando attraverso lo spunto di una foto, trascorrendo così mezz'ora a parlarmi addosso per iscritto. Una specie di seduta d'analisi che infatti suggerirei a tutti, perché mette ordine tra i pensieri della giornata. L'analista è la pagina del profilo. Se davanti a me ora ci fosse un analista vero mi direbbe: lei oggi Anna ha postato spontaneamente una foto che parla di matrimonio, proviamo a lavorare su questi istinti che la abitano... Allora risponderei che in realtà no, non avevo alcuna intenzione di scrivere di matrimoni, stamani, la foto era solo frutto di uno scorrimento sul cellulare datato Aprile 2019, e questa in particolare mi sembrava venuta bene. "Però però, lei Anna, in questi giorni si sofferma spesso a riflettere sul tema". E io risponderei: sì ma guardi dottoressa (perché le mie analiste sono sempre state donne), non penso mai al mio di matrimonio, a parte il fatto che in questi giorni l'unica vita sociale che faccio è quella con il mio ex marito perché abbiamo due figli in comune e siccome abitiamo vicinissimi a volte li porto da lui e lui li riporta da me, e siamo cordiali e amichevoli tra noi, il che è una fortuna. "Eh, però però..." No, però però niente dottoressa! Gliel'ho detto, questa foto mi faceva allegria, e scusi se mi permetto, ma pensare al proprio matrimonio finito non fa allegria per niente, checché io abbia una figlia adolescente che ogni tanto mi dice: mamma raccontami del vostro matrimonio così rido tanto! ecco. Ha capito dottoressa cara?"
Semmai oggi, stamani, il mio pensiero va ai matrimoni in generale, quelli in corso, o quelli che dovevano essere fatti in questo periodo e sono stati invece rimandati come il resto delle cose. Se ci penso, tra i tanti cambi di scena che si susseguono attualmente, quelli che non sono drammatici rispetto ai tubi, ("i tubi" per me sono il titolo del film drammatico che la realtà sta girando tra i pazienti delle terapie intensive), c'è anche lo slittamento/annullamento dei matrimoni. Questo era il periodo che se ne sarebbero celebrati tanti. E mi dispiace, mi dispiace tanto per quei ragazzi innamorati che hanno dovuto rimandare il loro a chissà quando. Gli darei un abbraccio per questo. Però, se le cose vanno bene, se questo periodo manterrà intatto il loro bene, il matrimonio slittato e magari un po' sgangherato, sarà ancora più bello.
L'anno scorso, forse dopo questa foto, m'era venuto in mente questo "business", (parola molto inerente i matrimoni): scrivere i romanzi per chi si sposava, ossia la loro storia d'amore ben strutturata in una forma narrativa di almeno, come minimo, cento pagine. Ho anche una pagina qui che si chiama Il romanzo degli sposi fateci un salto se volete (magari un giorno il "business" decollasse.) Era per me l'invenzione di una nuova forma di bomboniera: anziché donare il pezzetto di coccio o d'argento con i confetti a fine ricevimento, mi piaceva l'idea che gli sposi potessero regalare ai loro amici un libro che raccontava di loro. Di sposi ce n'erano tanti, ce ne sarebbero stati tanti anche quest'anno. E invece, matrimoni sospesi, e il mio progetto di romanzi degli sposi pure. Però questo non è certo un dramma. Così come, forse, non lo è il fatto che magari, se il matrimonio slitta per via del coronavirus, ad alcuni forse offre occasione per ripensarci. E più che slittare va in fumo. Può essere un'occasione buona e rendere i due più felici.
Drammatico invece, oltre ai tubi, è in questo momento il tema dei matrimoni andati a male e finiti, eppure costretti dalle circostanze a restare dentro la griglia del loro accordo firmato e quindi anche di una stessa casa. Questo succedeva anche prima del coronavirus e mi sta a cuore perché ci guardo. Perché penso che, al di là del fatto che può essere giusto provare a tenere i nervi saldi e rimettere in piedi le cose, (ma le forzature finte non sono giuste mai), i matrimoni che a un certo punto non ritrovano il filo della matassa iniziata il giorno di questa foto, diventano infelicissimi, drammatici, se non si possono interrompere. Se non esiste un modo per riportare gli individui, (i due individui sposati) di nuovo dalle parti di quello che sono, a prescindere dal marito o dalla moglie: quelle parti di sé a volta andate in fumo per via di un legame, di un accordo che non suona più bene, diventato sbagliato. Questi sono discorsi seri, e la mia pagina qui lo è fino a un certo punto. Ma il mio pensiero va alle tante donne che dentro quell'accordo diventato dissonante e disturbante, (o sempre stato tale), vivono certi inferni da cui non possono scappare perché la porta di casa, ora, è più sbarrata che mai. Anche agli uomini che vivono la stessa cosa, certo, perché ce ne sono. Ma le donne sono di più, per il semplice fatto che gli uomini sono più forti fisicamente.
Però, tornando a quel giorno di primavera di un anno fa, era bello aspettare l'autobus che come al solito non arrivava mai, aspettarlo in uno dei luoghi più struggenti e quindi belli di Roma. Davanti ai miei occhi c'era il mondo, e tra queste immagini di mondo due sposi forse latino-americani che salivano le scale del Campidoglio, mentre attorno a loro i parenti intonavano una canzone del loro paese.
E poi c'era il traffico, e io il traffico di Roma che puzza e inquina l'aria lo amo.
Ieri ho letto che a Roma in questi giorni succede una cosa particolare: gli autobus sono così vuoti che le pochissime persone che ci salgono salutano il conducente, riparato dietro alla sua barriera di vetro e con la mascherina. E il conducente risaluta. E lo stesso quando i due o tre passeggeri scendono. Si augurano buona giornata e buona salute. Pensare che mi sono sempre sentita un po' obsoleta quando, salendo dalla porta anteriore dell'autobus strapieno, mi veniva spontaneo salutare il conducente. Com'erano belli gli autobus strapieni, e Roma, e il mondo.
La gente ancora si sposava.
Anna Cherubini