Pubblichiamo anche oggi molto volentieri le riflessioni del diario di Anna Cherubini. Riflessioni sulla natura arrabbiata che grida nella notte e somma inquietudine ad inquietudine e la sua tempesta a quella del Covid. Ma anche riflessioni di voglia di pensare positivo nonostante tutto e nonostante tutti. Grazie Anna! (IC)
Diario dei VANEGGIAMENTI SULLA NATURA
Stanotte il vento parlava da solo. O forse traduceva i pensieri di chi era sveglio, in un linguaggio tutto suo che non era importante capire. Però, solo sentirlo, dava un senso di inquietudine. Stamani se mi mettessi a fare un test alle persone care, chiedendo di scegliere se barrare la casella "sereno" o quella "inquieto" penso che il numero più alto starebbe sotto la seconda.
Ma le giornata deve pur iniziare, anche se fatta di cose spicciole, banali, piccole. Stanno tutte dentro un vortice immenso che ci ha ribaltato l'anima.
Mi avevano detto che il 21 aprile, il compleanno della mia città, ne saremmo usciti. Invece non è vero. E' vero che le cose vanno meglio, che ci sono meno morti, meno ricoveri, meno terapie intensive. Però l'uscita è lenta, in tutti i sensi. O la ripresa.
Stanotte, con quel vento in sottofondo, lasciavo i pensieri andare da soli e non li rincorrevo per correggerli.
La natura mi fa rabbia. Quindi io mi faccio rabbia. La Natura di più. Un giorno ti sbatte in faccia il cataclisma in pochi minuti, e poi si prende tutto il suo tempo per rimediare, ammesso che voglia. Se chiedi ti dicono che c'è da aspettare. Se spieghi che però siamo tutti un po' stesi e abbiamo bisogno di tirarci su, ti dicono che c'è da aspettare lo stesso. Che la natura non è mica solo il cataclisma capitato ad altri, ma anche lo stato d'animo che come conseguenza si è spento anche dalle parti tue. La natura. Si chiama così giusto? Chi è che la gestisce e le dice cosa fare? Dipende da che punto la guardi. Comunque è una signora autorevole, giusto? Anche un po' violentina no? Ovvio, chi di noi non lo è. E però lei ha dei tratti molto più delicati dei nostri e di quanto immagini. Sente cose che noi umani... Certo, bella è bella, come certe donne cattive e bellissime di fronte a cui gli uomini tutti zitti e rincretiniti, ma io sono sincera, per i miei gusti preferisco il resto. Ah sì? e il resto qual'è? La vita di città, il cemento, le pietre, i posti brutti oppure quelli belli con tanto marmo, fontane, palazzi meravigliosi? Guarda che stanno tutti dentro la natura, anche quelli. Gli umani e gli attrezzi, pensi che fanno tutto loro? No, vengono da lì. E' tutto, tutto dentro la natura, il resto non c'è. Tu sei dentro la natura. E' casa tua. Ti piace trattare male casa tua, deturparne i muri, fare sempre chiasso, ma un chiasso brutto? No. E allora. Guardati intorno, vivi in un posto in cui gli alberi sono bellissimi. Anche se ora tocca vederli in modalità "contingentata". Come forse anche il mare quest'estate e tutti i boschi dove vorresti andare. Come fa una parola come la parola natura a stare accanto a una parola come "contingentati". La bocca si mette come quando vedi un topo morto. E invece bisogna ringraziare. Anche ora che la natura ha fatto il virus, (perché a questo punto chi se non lei?), devi ringraziare per tutte le cose che hai capito e che non avresti capito altrimenti. Devo? Devi. Sì però, noi magari siamo lì a ringraziare, a chiederle scusa per averla offesa, oltraggiata, trascurata, siamo lì a parlare di quanto è bella, di quanto è generosa quando a primavera ci offre questo dono e quest'altro, a mettere le sue foto sui social adulandola e ringraziandola, e la signora ricambia mettendo le foto dei morti. A me non viene da ringraziare nessuno, ora. Ma funziona così. Siamo pur sempre noi, ci sei dentro e stavolta non puoi scappare, dove vai, dentro una casa del Grande Fratello che ti faceva giù schifo pure un tv? o via dal pianeta? ho capito, e devo pure dire grazie per non avere nessun luogo dove scappare? Le persone disperate, (non io), quelle che non hanno luoghi dove andare, e non parlo solo dei luoghi fisici, ma di quelli che stanno o dovrebbero stare anche dentro la mente, devono dire grazie di che? Mi viene in mente Gianni Morandi quando cantava con Amy Stwuart "grazie perché anche lontano stendo la mano e tu ci sei". Ma chi e dove e di che?
Erano i discorsi, anzi, i vaneggiamenti, che mi faceva venire in mente stanotte il vento.
Ora il problema è mettere fine ai vaneggiamenti e alla cupezza di stanotte.
Parliamo di cose spicciole, altro che di temi immensi. Tanto anche le cose spicciole ne fanno parte, dice.
Preparo la colazione ai miei figli, sto attenta che mentre fanno scuola online non stiano anche chattando tra loro, non li chiamo a voce sguaiata mentre la prof parla dallo schermo, non gli passo dietro con l'aspirapolvere, ora ho imparato. Pulisci casa, fai la spesa "contingentata", cucina a pranzo, cucina a cena, lava i piatti a pranzo e lava i piatti a cena, impasta qualcosa per il pomeriggio, ascolta il tg, fai ginnastica per riparare al guaio del'impasto spizzicato dodici volte mentre lo impastavi (il momento più bello di ogni preparazione), chiama quell'amica, poi quell'altra, ascolta di nuovo il tg, accetta quella videochat e poi quell'altra, leggi una pagina di libro e rimettilo giù, scrivi quattro righe del lavoro che non hai più e rimetti giù anche quello. Chatta altre trecento ore con qualcuno e alla fine meno male arriva il buio della notte fatta per dormire, si spera senza vento.
Ma oggi, invece, cambia tutto... La natura mette fine anche al momento in cui i suoi "figli", cioè noi, girano a vuoto perché lei gli ha sconvolto la vita.
E infatti basta. Ieri ho iniziato un libro nuovo. "Capirai!" mi ha detto mia figlia quando gliel'ho detto. "A scriverlo. Ho iniziato a scrivere un libro nuovo". "Ah fico... dove mi hai messo la felpa di strangers things?"
Ma io sono andata avanti e mi ci sono messa davvero. Anche se ne avevo altri tre su cui stavo lavorando, ormai per nessun editore, temo. Ma la natura fa così, fa iniziare tante cose insieme e a volte ti toglie anche l'editore, mentre altre volte, anzi molte, le porta avanti fino in fondo e per alcuni sono storie da raccontare. E non sono sempre brutte come un virus malefico. Anzi.
Anna Cherubini