L’Etruria

Redazione

Diario cortonese di questi giorni – 40

Scrivere serve a vivere

Diario cortonese di questi giorni – 40

Pubblichiamo anche oggi molto volentieri le riflessioni del diario di Anna Cherubini. Riflessioni sulla scrittura come esercizio di vita. Grazie Anna! (IC)

Diario di UNA STRADA

Mi viene voglia di suggerire di nuovo un esercizio di scrittura.
Questo continuerò a farlo, anche quando deciderò di interrompere la scrittura di questa pagine di diario con cui vi ammorbo da due mesi.
L'esercizio è questo:
prendi una foto, oppure un oggetto, o anche una frase di un libro, di un articolo, di una lettera. Mettila sul tavolo a cui siedi col tuo quaderno, o il tuo pc. Parla di quell'oggetto, o a quell'oggetto, scrivine. Scrivine finché non avrai più niente da dire, trattalo bene o male ma dagli un motivo per esistere.
Oppure inventati una storia che quell'oggetto, quella foto, quella frase, ti ha ispirato. Può anche non essere mai menzionato in quella storia, ma comunque te l'ha fatta venire in mente.
Per almeno dieci minuti, ma possono anche essere venti o trenta, non fare altro che lasciarti guidare da quell'oggetto e dalle parole di cui quell'oggetto è origine. Quelle parole saranno un flusso liberatorio o creativo che metterà un po' in ordine i nostri pensieri, oppure li renderà fluidi e alleggerirà le nostre pesantezze.
Ma a che serve? Direte in molti. Serve a una cosa grossa: tenersi vivi. Le parole, servono a tenersi vivi. Ma non nel senso di riuscire ancora a respirare o avere il sangue che ancora circola, e nemmeno a liberarsi dal colesterolo. Tenersi vivi nel senso di concentrarsi su qualcosa di bello, un'ispirazione, una fonte di ricordi, una nostalgia, un sogno futuro, qualcosa che quell'immagine che avremo davanti risveglierà in noi. Sembra un delirio di una matta? Forse lo è, ma per esperienza posso dire che gli esercizi di scrittura mantengono vivi e persino giovani dentro.

Scorrendo le foto sul mio telefono ieri sera mi sono fermata su questa. Una strada. Il mio esercizio di stamani. Il mio foglio è qui (in realtà la mia tastiera con davanti la schermata di fb) e davanti a me l'immagine di una strada.
Ho pochissimi minuti, devo dare il pc a mio figlio perché deve farci i compiti per le sue lezioni online.
Posso stare davanti a questa foto e spulciarne ogni millimetro, descrivere minuziosamente ciò che vedo. Posso fregarmene e lavorare soltanto sull'idea di una strada, pensando a tutte le strade che mi vengono in mente a parte questa qui davanti. Posso descrivere la strada della casa in cui sono cresciuta.
La strada su cui si affacciava il terrazzino della mia camera, nella casa in cui sono cresciuta a S.Pietro, era una strada brutta e senza uscita, con da una parte un palazzo fatti di mattoncini rossi e dall'altra un palazzine di vernice gialla e balconi verdi di metallo. Quando eravamo ragazzi in quella strada, chiamata via di Porta Fabbrica, (che poi invece aveva una storia immensa legata alla costruzione di S.Pietro), noi passavamo i pomeriggi. Era sicura perché era solo pedonale. Eravamo così tanti, noi ragazzini, con le nostre voci gracchianti o acute, ma sempre allegre, che quella strada brutta a me sembrava un giardino. M'è sempre sembrato ci fossero gli alberi, ma invece non c'erano. C'erano solo tante vocine e tante canzoni, e tutte insieme sembravano rami, fronde, o sentieri verdi tra cui correre.
Ora posso pensare alla strada della casa di un amico dove mi piaceva andare quando facevo il liceo.
Posso pensare a una strada che non ho mai visto ma me la invento.
Ma soprattutto, posso semplicemente pensare alla strada come metafora.
Che strada prendi per diventare la miglior versione di te stesso?
Una strada è qualcosa che in questi giorni conta tantissimo. Vogliamo prendere la strada che porti al vaccino. Ieri sera hanno detto che potrebbe anche succedere presto, potrebbe essere una strada più corta di quello che pensiamo. Voglio quella.
Un strada deve portare nel luogo in cui si vuole andare.
A volte è qualcosa da percorrere che non sappiamo dove porterà.
In questi giorni sto scrivendo molte cose. Questa scrittura nuova (di due piccoli romanzi che non c'entrano niente con questa pagina), è la strada con cui spero ancora come sempre di poter pagare l'affitto e provvedere per un po' ai miei figli. Sono illusa e sognatrice, ma sono anche un po' artigiana e cerco di produrre per vivere. Del resto c'è stato un tempo in cui quella era la mia strada vincente. Ci sono anche strade diverse che si incrociano, a volte sì, sono sogni, ma a volte sono mestieri e non si fermano. Sono riuscita molto spesso a farle incrociare.
In questi giorni, dicevo, sto scrivendo molte cose. Non so che strada prenderanno, ma so da quali strade ci sono arrivata. In questo caso, ad esempio, usando la strada del mestiere, so che sono sbucata alle pagine di libro che sto scrivendo dopo aver incontrato due persone belle che mi hanno voluto bene e mi hanno indicato la direzione. Una di queste è un caro amico che mi ha indicato la direzione di un'amica. E quell'amica mi ha indicato una nuova strada ancora, dicendomi: vai lì con questo libro che devi ancora scrivere, ma è più giusto di quelli che stavi scrivendo.
Questa della foto è una strada che va verso una sperduta località di nome Bobolino, dove credo ci siano tre o quattro case in tutto, e cinque o sei abitanti.
Una strada è pur sempre la via per un paese.
Ecco, è probabile che queste cose che sto scrivendo mi porteranno verso un luogo grande e importante quanto Bobolino. Ma io non lo posso sapere, e potrebbe essere il posto migliore in cui possa andare, ora. Provate l'esercizio, vi prego.

Anna Cherubini