L’Etruria

Redazione

Diario cortonese di questi giorni - 7

Anche i sogni si scontrano con le limitazioni dell'emergenza sanitaria

Diario cortonese di questi giorni - 7

Su Fb di quest’oggi troviamo questo nuovo bel post che volentieri pubblichiamo per i nostri lettori. Sono riflessioni che Anna ci regala  sui nostri sogni cambiati dal coronavirus e spesso imprigionati nei divieti di polizia sanitaria. Siamo sicuri però che anche i sogni belli torneranno e la primavera  vera pure. Grazie, Anna! (IC )

 

“Diario dei SOGNI di questo periodo.

Quelli fatti dormendo.
Non so se anche i vostri, ma i miei sono abbastanza cambiati da un mesetto. Sono disegnati meglio, coi colori più forti e coi suoni di fondo abbastanza intensi. Hanno sempre una specie di sottotitolo, che è l'invito a ricordarsi della realtà. Una specie di voce di una zia acidona che guasta tutto e ammonisce: "tanto non si può", come a dire: se lo fai sbagli, se lo fai ti penti, se lo fai poi vedrai che la realtà è coronavirus e quindi o ti contagi o ti arrestano. Che poi, il "tanto non si può" per tanto vari motivi, non è così diverso da quando, nella vita normale, si fanno i sogni belli. C'è sempre un tanto non si può, altrimenti che sogni a fare?
Comunque, io sogno sempre i traslochi, sempre. E in questo periodo più che mai.
Sto tutte le notti, o forse le mattine presto, a sgomberare una casa per andarne ad occupare un'altra. Dentro i miei traslochi ci sono sempre persone che hanno popolato la mia vita, anche quella molto, molto passata. Ci sono sempre tanti scatoloni e tante pareti che via via diventano vuote. Ci sono sempre stanze di una casa vecchia che non mi ero mai accorta esistessero. Poi ci sono stanze della casa precedente che vanno a infilarsi nelle stanze di quella nuova.
C'è quasi sempre casa mia di Roma, quella dove sono cresciuta a s.Pietro e quella dove sono diventata grande del tutto a Monteverde.
C'è mio padre che dà indicazioni su dove mettere un mobile e un altro, come attaccare le luci e la corrente elettrica, notti fa anche lucine natalizie da una parte e dall'altra mentre io dicevo: "sì ma non è Natale, a Natale non c'era il coronavirus". Indica sempre quale mezzo usare per raggiungere la nuova casa, quale numero di autobus, quale fermata, quale conducente amico suo mi darà la direzioni. Indicazioni pratiche, sempre. Poi c'è mia madre che fa da coro greco, commenta. Dice bello questo bello quello. Aggiunge particolari, decora, dispone frutta qua e là, cuscini. L'altra notte restava vestita con un impermeabile chiaro che mi ricordo aveva realmente quando mi veniva a prendere davanti alle elementari. Poi ci sono i miei fratelli che sgombrano anche loro, però devo dire, mi sembra che in questi traslochi onirici loro siano un po' vagabondi, fanno come piccole comparse.
C'è la mia ossessione di quello che si vede dalla finestra. Cerco sempre la cupola di s.Pietro (perché la casa in cui ho abitato più a lungo era davanti alla cupola), che davvero è un'ossessione, perché in qualunque casa del mondo mi trasferirò mai, non avrò mai più quella visuale. Ognuno ha dentro i propri disegni infantili da cui non si stacca.
Stanotte, nell'ennesimo trasloco, a un certo punto dovevamo anche prendere un aereo. Più che un aereo sembrava uno di quei furgoni da trasporto di materiali, solo che era volante. Dentro non so bene chi ci fosse davvero, ma di sicuro anche i miei figli, seduti dietro di me. Fuori c'erano delle nuvole molto simili a quelle di questa foto, che infatti sono andata a ricercare. Viaggiando, mi ricordo che c'era il mio amico Umberto, un caro compagno di liceo, che ho rivisto ieri in una videochiamata di gruppo coi miei amici del liceo rimasti uguali, (e che belli!). E c'era anche l'altro Umberto, quello di casa mia, che gli aerei li guidava. Accanto a me, sul sedile, c'erano pile di libri, poi forse da un'altra parte mia madre, ma indefinita. Comunque, l'aereo faceva dei saliscendi da vuoto d'aria allucinanti, ogni tanto si sentivano anche dei botti, ma quelle dovevano essere nella realtà le mie gatte che di notte fanno paracadutismo dai tavoli. Io ogni volta guardavo entrambi gli Umberti che mi rassicuravano dicendo "non è niente sono solo le influenze", che suppongo volesse dire le "turbolenze", poi i miei bimbi che erano tranquilli, poi ancora mia madre, poi i libri che però restavano sempre lì. A un certo punto, una discesa fortissima, quasi caduta libera, e di colpo eravamo arrivati. Dogana. Gente sconosciuta, guardie. Stiamo tutti lontani, mascherine, la realtà in terra è che non ci si può avvicinare, toccare, abbracciare. Ma io sto facendo un trasloco, dicevo: e chissenefrega, fallo da lontano! Fine sogno. Ora spero non arrivino le interpretazioni psicanalitiche perché giuro che non voglio sapere niente degli orrori che ballano di notte nel mio inconscio. Già ci sono quelli che ci organizzato delle vere feste danzanti di giorno, figuriamoci di notte. E poi sono sicura che stiamo dormendo tutti un po' male.
Sogni ad occhi aperti. Forse li metterò in altro post.
Posso però dire che i sogni a occhi aperti li sento menzionare spesso in questi giorni. Da quando sembra che la famosa "curva dei contagi" ci stia parlando in modo leggermente più sereno, sentiamo dire spesso: quale cosa vuoi fare più di tutte alla fine del coronavirus? La gente ci scherza e risponde: mettermi a dieta perché ho mangiato troppe focacce in casa, voglio andare a mangiare questa cosa e l'altra, voglio cambiare lavoro, cambiare moglie, fare cose un po' zozzette mai fatte prima, eccetera. La verità, secondo me, è che è una domanda molto, molto intima. Quello che vorremmo fare dopo... già dirlo ci fa scoperchiare l'anima in un modo a cui non siamo mai stati preparati. E' una cosa molto grande, quella che vorremmo fare dopo. Sarà in linea con la faccia senza trucco che avremo, la pelle non più abituata al sole, il cuore fragile che questo evento allucinante, (atroce, mostruoso, immeritato, violento) ci avrà lasciato. La verità, credo, è che le risposte vere, non ce le diciamo perché ci vergogniamo, o almeno io. Saranno rivoluzioni interiori tipo: voglio finalmente usare bene il mio tempo, voglio non pensare mai più alle cazzate, voglio smettere di incontrare l'umiliazione, voglio smettere di giocare a ribasso, voglio smettere di giudicare, voglio dedicarmi agli altri, voglio offrire il mio tempo, voglio incontrare solo chi non ha paura di amare, voglio amare, cose così.
Ma non siamo ancora a quel giorno. Siamo ancora davanti a tutti i tg possibili e, per quanto mi riguarda, su quei tg passano immagini di sogni orribili che io continuo a sperare non siano veri.”

Anna Cherubini