L’Etruria

Redazione

Diario cortonese di questi giorni - 8

Nostalgia e, con il bel tempo, ritornare a star seduti sullo scalino dell'uscio.

Diario cortonese di questi giorni - 8

Su Fb di quest’oggi troviamo questo nuovo bel post che volentieri pubblichiamo per i nostri lettori. Sono riflessioni che Anna ci regala  sui pomeriggi di prima e sulla possibilità, con il bel tempo, di tornare a passarli seduti sullo scalino di casa, come una volta era d'uso comune. Stare sulla porta di casa per riflettere, scrivere e parlare con i fgli o i familiari, senz'altro non solo per stare sull'uscio "a rimirar, tra le rossastre nubi, stormi d'uccelli neri , come esuli pensieri nel vespro migrar".  Grazie, Anna! (IC )

Diario dei POMERIGGI

La mattina vola e la sera pure, ma il pomeriggio no. Perché è la parte centrale del girare a vuoto di questo tempo.
La mattina faccio le pulizie, la fila per la spesa, spio i ragazzi che fanno lezione a distanza, qualche volta ci infilo un tutorial di yoga, poi mi metto a cucinare. Arriva l'ora di pranzo e mi assale la nostalgia.
Mi ricordo di quelle mattine in cui lavoravo. Che per quanto mi riguarda non era andare al lavoro ma lavorare comunque da casa o dal mio bar preferito. Non era smart working, ma era pur sempre lavoro, la mente stava concentrata.
C'era un tempo che ora non c'è più, in cui mi pagavano per scrivere delle cose.
Poi c'erano questi due che tornavano da scuola. "Questi due" sono i miei figli, uniti insieme li chiamo così, a volte sono il mio lavoro più impegnativo.
Arrivavano dal vicolo e sentivo da lontano che si sarebbero mangiati anche me. E il pranzo in genere non era ancora pronto, ma poi lo diventava.
I pomeriggi variavano. C'era da stare dietro ai compiti di lui, notoriamente più svogliato. Oppure c'era da portare lei alla scuola di Musica sul Trasimeno (quanto mi mancano quel giardino, quella macchinetta di caffè, quelle mamme con cui siamo diventate amiche, ascoltando insieme i nostri figli in un'orchestra.) Portavo lì il computer e spesso lavoravo da lì, al tavolo dell'ingresso. Più di una volta sono entrate persone che mi hanno chiesto informazioni sulla scuola, dando per scontato che io e quel tavolo fossimo la segreteria.
Altri pomeriggi davo lezione di pianoforte, a casa. I miei allievi vanno dai sette ai diciotto anni. L'anno scorso ne avevo uno di cinquanta, mio figlia lo chiamava "quello vecchio", e io, chissà perché, pronta a rincorrerla con la ciabatta in mano. I miei allievi di pianoforte mi mancano molto. Mi manca la loro musica, il modo in cui ciascuno di loro, a prescindere dall'essere bravo o meno, mi racconta chi è, attraverso quella musica.
C'erano anche dei pomeriggi di gran lusso in cui stavo in cucina a poter lavorare ancora sulle mie cose, un libro da ghost, una puntata di una serie, un soggetto di un'altra che in genere non veniva realizzata mai ma ancora potevo crederci. Sentivo i miei figli parlare al telefono, la musica alta. Se ci penso adesso, quello era oro perché tanto poi, sempre cinque ore di scuola per sei giorni a settimana avrebbero dovuto fare.
Quando i pomeriggi erano di lusso c'era spesso una corsetta con mia figlia. I nostri quarti d'ora di corsa magari ripetuti e i ritorni a casa camminando. Ci facevamo le confidenze. Ce le siamo sempre fatte, quasi fossimo amiche intime che si conoscono da una vita. "Non fare troppo l'amica di tua figlia, stabilisci i ruoli e l'autorevolezza", mi consigliavano alcune mamme più sul pezzo di me. E io invece ho toppato, sono diventata amica di mia figlia. Come rimediare a questo guaio terribile? Che poi, vai a capire se dura, in questa loro età in cui cambiano indole ogni quarto d'ora.
Ultimamente però si capisce che abbiamo meno cose da raccontarci. Io le racconto solo il passato, la nostalgia che mi invade.
Le racconto che noi da ragazzi, a Cortona, passavamo un sacco di tempo "sullo scalino". Ossia sullo scalino della porta di casa. Qui da noi spesso abbiamo il lusso di un'entrata indipendente, di uno scalino su un vicolo, che diventa un po' salotto. I ricordi più belli delle mie estati da ragazza forse sono proprio in quelle ore del primo pomeriggio che in altri paesi chiamano la "controra" . Il caffè appena fatto da noi ragazze e fatto scendere dalla cucina. "Ne vuoi un goccino? bevilo anche dalla tazza mia..." detto a chi si aggiungeva. Io e le mie cugine, o le amiche, stavamo lì a chiacchierare, ad aspettare quello con la camicia rosa, di moda allora, che magari passava con la moto e si fermava. Ad aspettare le ore più fresche per spostarsi un po'. A quel punto sullo scalino subentravano le mamme, le nonne, le loro amiche. Per fare i lavori. Ossia facevano ricami, i lavori a maglia, le coperte a uncinetto. Rientrando ogni tanto a controllare qualcosa sul fuoco.
Adesso stiamo tutti i casa. Ma a dire il vero, lo scalino abbiamo smesso di frequentarlo da tanto, troppo tempo.

Ho sempre da ridire sulle troppe ore che questi due passano sui telefoni. Poi però, io per prima passo un sacco di tempo chattando. Mentre mando messaggi come se non ci fosse un domani, (che poi scherzaci, ora, con certe espressioni), cammino in salotto e vado di nuovo a sbattere sul lampadario basso, quasi ogni giorno, Oppure mentre loro mi parlano dico: "sì sì" e non ho capito niente perché sto scambiando un whatsapp con qualcuno. Madre terribile, hanno ragione le madri che non sbagliano mai, quelle i cui figli in questo periodo stanno forse imparando cinque lingue, o anche quelle che ora fanno le raccolte di firme perché i bambini possano uscire perché devono respirare la natura. Addirittura c'è chi posta foto dei figli che realizzano opere di pittura con l'acqua colorata dei broccoli lessati. Io non ci riuscirò mai, io l'acqua dei broccoli la butto perché puzza.
E poi io non so rimediare alla noia di questi due. Penso sempre che questo periodo finirà con l'irreparabile danno del non aver nutrito bene la loro età evolutiva, e la colpa sarà stata mia.
Ieri pomeriggio, mentre sbraitavo su queste cose, "non state usando questo tempo storico particolare con la dovuta costruttività che richiederebbe", questi due alle quattro del pomeriggio non si erano mai tolti il pigiama. Loro intanto mi guardavano come si guardano i matti logorroici aspettando che tacciano. Poi li ho visti apparecchiare il salotto con latte, biscotti, copertine di pile, cose varie. Ridacchiavano. Sapevo che avrebbero fatto qualcosa di tanto lontano dal mio bramato "rendere costruttivo questo momento storico". E infatti... "Facciamo un pigiama party perché è partita la nuova serie de' La Casa di Carta." Se la guardavano addirittura in lingua originale, spagnolo, coi sottotitoli. Alla fine, ma chi l'ha detto che facevano davvero la cosa sbagliata? Solo perché lo stavano facendo in un pomeriggio qualunque invece che di sabato sera? Il tempo è lento, ora, si è ribaltato da solo. Gi orari che ci davano la tachicardia non ci sono più.
Certo, tutto sembrava più accettabile quando i pomeriggi avevano un ritmo, e le sere anche.
A volte, prima di sera, c'era addirittura il lusso di vedere delle amiche e restare a con loro fino a un'ora di cena ormai superata da un pezzo. Coi figli che stavano in piazza anche loro, coi loro amici, magari ascoltando tutti le nostre chiacchiere e poi rifacendoci il verso in privato.
All'inizio del coronavirus c'era tutta questa "verve" che c'era presa: facevamo lezioni di ballo online, cantavamo alle sei, suonavamo, imparavamo poesie, ricette, una lingua sconosciuta, stare centrati con noi stessi e altre cagate. Adesso ci siamo un po' arresi. Alle sei aspettiamo i dati. Poi cuciniamo. E a tavola abbiamo meno argomenti. Ma uno sì: la nostalgia.
Così, nella mia nostalgia ormai atavica per un arco di tempo che va dai miei otto anni a un mese fa, ieri, durante il pigiama party pomeridiano di questi due, ho fatto una cosa nostalgica: ho inaugurato la mia stagione dello scalino. Sono scesa sullo scalino di casa, ho portato il computer e mi sono messa a lavorare lì. Mi sono pure "selfata" per ricordare il momento. Non erano ricami i miei, o lavori a maglia, o coperte a uncinetto. Erano semmai ricami scritti. Nei prossimi giorni le temperature si alzeranno e abbiamo anche capito che l'arrivo dell'estate ci troverà fermi qui. Io ho il lusso dello scalino. Prima o poi passerà qualcuno, non mi interessa abbia una camicia alla moda o una moto. Un'amica va più che bene, e magari potremo sederci insieme, anche un po' vicine, a chiacchierare. Chiederò a mia figlia e alle sue amiche che stavolta saranno qui a casa nostra dal vivo, di farci scendere un caffè dalla cucina.

Anna Cherubini