Nei giorni scorsi l'attore Matteo Malfetti, attore protagonista dello spettacolo teatrale "El mi cittino", accompagnato dal regista Andrea Ferri, ha incontrato il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Nicodemo Settembrini ( cfr. foto ) per proporre una tappa cortonese della rappresentazione teatrale della nota strage tedesca di Civitella .
La Fondazione Settembrini si è dichiarata interessata alla proposta ed ora sono in corso i contatti tecnico-organizzativi per concretizzare l'evento al nostro Teatro Signorelli.
Ecco qui di seguito la trama della storia in una bella recensione trovata in un giornale romano e scritta quando lo spettacolo era rappresentato al Teatro dell'Orologio di Roma.
“Due ragazzi raccontano attraverso la narrazione di Matteo Malfetti la storia dell'eccidio di Civitella in Val di Chiana dal punto di vista di Edoardo Succhielli, giovane comandante delle forze partigiane che operavano in loco ed al quale per settant'anni è stata attribuita la responsabilità della strage.Siamo nel settembre del 1943, momento cruciale segnato dall'armistizio, e la nostra storia comincia nel momento in cui Succhielli decide di darsi alla macchia. Forma ed assume il comando della banda partigiana Renzino, che diventerà il suo nome di battaglia.
Questa storia passa attraverso la sparatoria del dopolavoro, errore secondo alcuni e dovere secondo altri, ed arriva alla battaglia di Montaltuzzo ed infine alla strage avvenuta a Civitella e nei paesi limitrofi.Una delle fonti, la più autorevole, è proprio Edoardo Succhielli, che settantatre anni dopo sconta ancora le proprie responsabilità da cittadino libero, libero anche grazie a se stesso. Faranno parte dell'allestimento dei contributi audio registrati in occasione di una delle interviste che ci ha concesso per darci la possibilità di raccontare, nel migliore dei modi, questa drammatica vicenda troppo spesso dimenticata.È questo un racconto che parla di giovani persone, un racconto in cui non ci sono né eroi né vincitori, un racconto in cui è l'errore umano di valutazione, di inesperienza, di presunzione che rende i protagonisti così vicini a chi ascolta sebbene così lontani nelle situazioni: questi ragazzi vengono infatti messi nella condizione di dover affrontare una battaglia per sé e per gli altri, per noi si direbbe, decidendo di mettere la testa fuori dalla propria tana esponendosi così a pericoli e rischi inimmaginabili per dei giovani, poco più che ventenni: primo fra tutti quello di sbagliare.
Attraverso un narratore grottesco, un ritmo incalzante e una regia ridotta all'essenziale veniamo portati all'interno del ricordo, delle situazioni e delle dinamiche di quei giorni difficili e bisognosi di qualcuno che potesse prendersi la Responsabilità di agire, di muovere e, appunto, anche di sbagliare.
Un testo nato dal lavoro attoriale e dal bisogno di raccontare: raccontare per ricordare, raccontare per custodire, raccontare per imparare.
Andrea e Matteo, prima ancora di essere autori, interpreti e confezionatori dell'allestimento, sono due spettatori: sanno bene che una tragica vicenda come quella di Renzino ha bisogno di un vestito, ha bisogno di un sorriso, ha bisogno di poesia: è questa la direzione che hanno dato al loro lavoro.”
Ivo Camerini