Anche quest'anno a Giugno avremo la Commemorazione delle vittime cortonesi dei nazifascisti , che nel giugno 1944 a Falzano trucidarono undici cortonesi , chiudendoli in una stalla colonica e facendoli saltare in aria con la dinamite.
Solo uno si salvò. L'allora sedicenne Gino Massetti, oggi maresciallo in pensione dell'Arma dei carabinieri, che così ,nella commemorazione di tre anni orsono, raccontò l'accaduto. Un racconto che il nostro giornale pubblicò nei servizi su quella giornata di memoria e che qui riproponiamo quasi integralmente: "Eravamo più di una decina di persone rastrellate durante il giorno in questa parte della montagna cortonese. Ci misero al muro davanti a questa casa contadina ed io riuscii a scappare di nuovo nel frattempo che arrivarono dei cittadini, portati dai tedeschi, con delle casse sulle spalle: era la dinamite che poi misero nella casa colonica, preparando queste mine. A me mi ripresero a cento metri da qui sul campo prima della chiesa e mi riportarono qui. Terminato il lavoro di questa dinamite (erano diverse casse, forse una ventina), vennero qui due tedeschi, sempre con i mitra puntati e ci buttarono là dentro. Uno alla volta ci buttarono dentro la stalla. Io non mi rassegnai, ero il più sveglio, erano tutti un po’ anziani gli altri. Riuscii a scappare di nuovo, ma mi ripresero subito un'altra volta e fui buttato dentro anch'io. Premetto una cosa. Prima di arrivare qui, dopo che ci ebbero catturati, ci portarono alla fattoria de l'Aiola, dove c’è la villa. Ci misero tutti in fila al muro e ci dovevano fucilare lì. Ma sopraggiunse un ufficiale tedesco con il sidecar:arrivato lì dalla strada, vide questo lavoro. Emise un grido di sospensione e sospesero di fucilarci. Ritirarono i due nuclei di soldati pronti per sparare. Poi ci portarono qua. Io scappavo di nuovo da sotto le braccia, ma mi riprendevano sempre. Sigillarono questa casa colonica. Sentii dalla stalla che correvano. Fischiarono le orecchie. Ero coperto e stretto. Non mi muovevo. Sentii un grido. Quegli altri intorno spirarono, erano dieci o undici, tutti morti. Io fortunatamente vivo rimasi nove ore sotto le macerie. Ero arrivato alla fine anch’io. Non respiravo più. Non potevo muovermi perché avevo due morti sopra , così a traverso, che mi hanno salvato, ma con le mani cercavo di pulirmi la bocca dai detriti e dalla polvere per respirare meglio in quanto fui fortunato che una pietra grossa,un architrave, si intraversò e mi riparava la testa e creava una bolla d'aria. Sono rimasto nove ore sotto a tutte queste macerie. Quando stavo per andarmene, sento un fruscio , dei passi di persona sopra di me. Capii che non era un tedesco. Mi misi a gridare allora con il poco fiato rismasto. Prima stavo zitto, non solo perché non c’avevo il fiato, ma avevo paura che i soldati tedeschi mi venissero a sparare. Ma poi sentito questo fruscio, questo camminare di donna sopra di me, gridai e quella donna cominciò a scavare tra i sassi … era quella signora che mi ha scoperto e piano piano mi ha tirato fuori da lì. C’era un altro uomo che l'aiutò a tirarmi fuori. Mi tirarono fuori. Mi presero e mi caricarono sulle spalle e mi portarono su in quella zona chiamata Cetille, qui vicino. La mia vita è stata cambiata per sempre. Fui infermo per un anno, ma mi ripresi e poi dopo, quando avevo 17 anni, mi sono arruolato nell’Arma dei carabinieri, dove ho fatto 47 anni come maresciallo comandante di reparto per l’Italia. Ed oggi eccomi qua. Ringraziamo Dio.”
Per tutte le informazioni sull'evento del prossimo 25 giugno, leggere attentamente il manifesto che qui pubblichiamo e che cortesemente abbiamo avuto dall'amica Annamaria Rosadoni, che, avendo casa a Falzano, da anni si occupa dell'organizzazione dell'evento, assieme alla comunità locale e a tutte le parrocchie della montagna cortonese.
Per i nostri lettori un invito a rileggere e riflettere bene sul racconto del sopravvissuto Gino Massetti che, da ultra novantenne vive in Camucia e ancora recentemente ha parlato di questa strage nazista in una intervista sulla Nazione. Il racconto di tre anni fa è un racconto commosso, ma senza lacrime, filtrato attraverso 76 anni di vita civile e militare , durante i quali chissà quante volte il pensiero e il cuore di Gino, anche senza volerlo, saranno tornati a quei momenti.
Un racconto quello di Gino senza celebrazioni, né condanne, senza rancore e senza odio, se non contro l’irrazionalità della guerra. Nelle sue parole non compaiono tentativi di interpretazione, né la ricerca delle cause o delle conseguenze,e men che meno l’enfasi in cui si rischia di cadere quando si guarda al passato. Il racconto dei fatti nella loro tragica semplicità suggerisce, tuttavia, un grande insegnamento: l’imperscrutabile disegno della Storia, che sembra procedere sempre per suo conto, senza tenere in considerazione gli uomini, che credono di farla la Storia, mentre spesso la subiscono. E all’uomo resta un’unica possibilità di “farla” la Storia, quella di costruire la pace e la solidarietà tra gli uomini. Soprattutto oggi che la terribile tempesta della guerra si è nuovamente scatenata in Europa, tra la Russia e l'Ucraina.
Ivo Camerini