L’Etruria

Redazione

Diario cortonese di questi giorni – 15

Le ore belle dei giorni difficili

Diario cortonese di questi giorni – 15

Pubblichiamo le riflessioni che anche oggi , sabato santo 2020, Anna  Cherubini ci regala sulla sua pagina Fb. Le ore e i giorni, ma oggi le ore belle. Grazie Anna! ( IC )

 

Diario delle ORE BELLE

Ormai le giornate non sono più fatte di "giornate", ma di ore. Perché, non so voi, ma a me sembra un continuo alternarsi di ore di ogni tipo. Il mio nuovo hobby, che è la stesura delle liste, sguazza sulla lista delle ore.
C'è l'ora lamentosa, l'ora dei compiti, l'ora della ginnastica, l'ora della spesa, l'ora della cretineria, l'ora del tg, l'ora del libro impegnato e l'ora del libro leggero, l'ora di Chopin, l'ora dei balli con mia figlia, l'ora delle coccole con mio figlio, l'ora del pane, l'ora della pulizia del forno, l'ora dei messaggi con una persona nuova, l'ora dell'amica sconsolata e l'ora dell'amica gioiosa, l'ora d'aria, l'ora della nostalgia di Roma, l'ora sotto il cielo del terrazzino, l'ora di cena, l'ora dei litigi sui social, l'ora che finalmente se dorme, l'ora dei sogni, l'ora del primo mattino che per me è la più bella di tutte.
Ogni tanto, egoisticamente, nel mio piccolo di casa, mi godo anche quel vago senso di: "finalmente non succede più niente". Perché un po' è così. Nel mondo sta succedendo l'impossibile, ma questo fa strano perché in realtà quasi tutto il mondo è a casa, (quello fortunato e sano), e a casa non succede quasi niente. Beh, in certe case succedono cose tristi, ma è un altro discorso.
Qui in generale non succede niente, niente. Forse era questo il perché di tutto. Quello che la natura, o chi per lei, il mistero, l'ignoto, il cielo, quella zona insondabile che personalmente non so capire, volevano.
E invece sai che c'è? Che invece no. Non è vero che non succede niente. Facendo la lista delle ore, faccio caso che forse le nostre giornate sono più piene di come non sono mai state. Ci faccio proprio caso. Come quando è iniziata la moda di quelle frasi che dicevano: quando siete felici fateci caso, quando amate qualcuno fateci caso, eccetera. Ecco che siamo diventati bravi, ci stiamo facendo caso. Allora mi spiego il fatto che gli stati d'animo si alternato fra nervosismo e pacatezza, paura, angoscia, stare fragilini, diventare odiosi per un'ora, litigare con tutto il mondo, pensare che quello è cretino perché ha detto così e quell'altro intelligente perché ha detto diverso, poi essere di nuovo amabili, un pochino commossi, con la voglia di chiedere come stai e quella di dire ti voglio bene, e anche, volendo, scrivere a qualcuno per dirgli: "sei stato uno degli incontri peggiori della mia vita"... parlo di un'amica, si capisce, che l'altra sera lo ha fatto. Forse spinta da quel vago senso di: "dovessimo morì tutti, almeno lo sai".
Ieri una delle mie migliori amiche mi ha scritto: "ti voglio bene, non te l'avevo ancora detto da quando siamo in quarantena vero?"
Ieri sera, dopo aver fatto un balletto da elefante con mia figlia, (io ero l'elefante), e aver girato a vuoto tutto il giorno come da un mese a questa parte, sono andata a far rientrare le gatte dal terrazzino, ma a quel punto, rientrate loro, sono rimasta fuori io. Perché fuori c'era uno spettacolo. Un cielo, ma un cielo, ma un cielo, da dire ogni volta salendo di tono.
Insomma, c'era un cielo che semplicemente non se ne voleva andare.
Allora mi sono seduta sullo sgabellino di legno che mio padre teneva fuori dal negozio e che ora è lì, col tavolo, in questa specie di piscina scavata sul tetto, o anche una piccola barca galleggiante tra il mio paese e il cielo, che amabilmente i miei figli hanno chiamato "Sky bar", perché ci pranziamo, ci prendiamo il caffè e speriamo che un giorno ci faremo anche le serate con gli amici. E, finalmente sola e in santa pace, sono rimasta lì per ascoltare quello che c'era da ascoltare. Che non era niente, a parte qualche abbaiare di cane nella campagna in lontananza. Semmai a vedere quello che c'era da vedere. Che era tantissimo. Soprattutto una striscia rosa fucsia che separava cielo e terra in modo drastico, senza mezze misure. Brava, così si fa. Fine dei pensieri vaghi, degli atteggiamenti intimoriti, delle cose dette a metà. Ma tanto poi non sarà così.
Tanto che, infatti, c'era una stella più luminosa di altre, bella decisa come il fucsia che le si imponeva sotto, ma le altre stelline avanzavano piano, si delineavano con timore. E restavano lì a brillare di meno, come certe nostre ore del giorno, come certi giorni della vita.
Poi è arrivata la notte e io ero ancora lì. Di bello c'è che questi pochi metri quadri di "Sky bar", sono un luogo invisibile da fuori, e quindi il mio stare lì come una donna problematica a guardare le stelle non lo vede nessuno. Ma in ogni caso che importa. Quel cane che abbaiava lontano diceva così tanto. A un certo punto, ecco il suono meraviglioso del treno in mezzo alla Val di Chiana. Lo riconosco perché è il regionale veloce che va da Firenze a Roma. Doveva essere così vuoto dentro che a prestare bene l'orecchio si sarebbero sentiti i respiri di chi lo aveva preso, o la voce del controllare che a quei due o tre in tutto avrà chiesto "biglietto prego!".
Quando state bene fateci caso. Infatti sì. Ho fatto caso alle luci delle case, lontane, tra la pianura davanti e la montagna di lato, (chiamiamola montagna, S.Egidio, va beh). E anche le luci delle case dicevano tanto. Le famiglie, la gente, il momento che stiamo passando. La gente che, nella maggior parte dei casi, con me è gentile e piena di bene. La gente stronza per quanto mi riguarda è di meno. O almeno, questa è l'ora in cui dico così. Può darsi che verso le dodici cambio idea. Ma ieri sera, quelle lucine tra le otto e mezzo e le nove, quelle case di cui immaginavo le cucine illuminate, quell'ora così bella, le voci dentro...
Tutto diceva tanto. Era anche la sera del venerdì santo. Chissà.
Anche questa foto per me dice tanto. Siamo io e Sara, qualche tempo fa, che facciamo le cretine. Nell'ora della cretineria. Quella si ripresenta uguale, ogni giorno.

Anna Cherubini