L’Etruria

Redazione

Diario cortonese di questi giorni - 21

Riscoperta della comunità familiare

Diario cortonese di questi giorni - 21

Pubblichiamo anche oggi molto volentieri le riflessioni del diario di Anna Cherubini. Riflessioni che ci parlano di comunità familiare , dei valori antichi delle ‘chiacchiere’  tra genitori e figli. Grazie Anna! (IC)

Diario di NOI TRE

Le passeggiate non si possono fare. Lo sport all'aria aperta nemmeno. Le corse poi. 50 metri da casa e basta. Qualcuno dice 200, qualcuno niente. Qualcuno dice dipende dalle regioni.
Fatto sta che abbiamo la fortuna di avere un bellissimo sottocasa. E in queste giornate di luce allungata un po' ce lo godiamo.
E così siamo noi tre, che parliamo delle nostre cose, in quei pochi passi su una salita bellissima che porta a una porta per uscire dalle mura. Andiamo e torniamo, riandiamo e ritorniamo, e parliamo ognuno delle proprie cose. E' buffo come coi figli che non sono né troppo piccoli né troppo grandi si possa parlare da soli senza essere da soli. Mia figlia si mette le cuffie e canta, interviene nei discorsi quando sbracciandomi le faccio cenno che le sto parlando cazzarola! Le adolescenti e le mamme, che vita amara! Mio figlio invece interrompe i miei discorsi di qualunque tipo perché ci tiene tanto a riportarmi i dati di una sua sfida a browl star, argomento a cui proprio non sto dietro. Io parlo delle mie cose, senza andare troppo a fondo, ossia lasciando scoperta solo la parte superficiale dei discorsi. Che poi quali sono? Sono tanti. A volte anche un po' seri, ma pur sempre alla loro portata. In quel caso pretendo l'ascolto, via le cuffie, e basta con i giochi che non capisco e non mi interessano.
Esiste una parte di discorsi, quelli fatti dai ragazzini, che non sono superficiali per niente. Ieri mio figlio ci teneva a raccontarmi due sogni che aveva fatto. In uno conosceva una nuova amica di sua sorella, e io subito maliziosa: "e ti innamoravi!". No, mi ha raccontato, questa amica nuova di sua sorella, sconosciuta, carina, non era affatto una di cui si innamorava. E sai perché mamma? Dimmi perché. Perché a un certo punto diceva: alzi la mano chi è razzista come me! Ah. E tu alzavi la mano? Ma che sei matta mamma? Bene. Giorni fa invece voleva analizzare il fatto che lui va molto d'accordo con tutte le persone "non alte". Cioè ci si trova bene, ed è strano perché lui è molto alto. Mi sono ricordata che anche io alla sua età avevo questa sensazione. Deve essere un complesso di inferiorità che abbiamo proprio innato noi alti, e questo mi permetto di dire che i piccoli di statura non possono proprio capirlo. Noi alti spesso ci sentiamo proprio come se avessimo una parte di noi che è di troppo, che stona con le vite degli altri. A Roma dicevamo che noi alti siamo un po' "giuggioloni", qui a Cortona mia nonna mi chiamava "stramigiona". Parole che esprimono davvero come ci sentiamo, non ne servono altre. Ma ho raccontato a mio figlio che anche se mi sono sempre sentita così, un po' "tontolona" per via dell'altezza, poi però alle medie incontrai Federica, la prima amica più alta di me. E lei era fierissima della sua altezza, per niente goffa come ero io, semmai un po' maschiaccio e quindi perfetta per me che tanto di maschi più grandi a casa ne avevo già tre. E fu una delle mie migliori amiche. Anzi ora che ci penso oggi la cerco, perché è da tanto che non la sento.
Con Sara invece, quando mi concede la grazia di scansarsi le cuffie dalle orecchie, parliamo di scuola, della mia scuola. A lei piace tanto sapere di me alla sua età, e di me dalla sua età in poi. Prova davvero un gusto enorme nel chiedermi, chiedermi e sapere. Ora ci mette anche quella leggera malizietta. Ieri pomeriggio, con la balla idea che voleva mettermi in ordine quintali di foto, lettere, temi di scuola e quant'altro, roba che partiva niente di meno che dai primi anni Ottanta, stava lì che spulciava i bigliettini che io mi passavo a scuola con le amiche, le versioni di latino da copiare, gli inviti ai diciottesimi compleanni, i cuoricini vari. Si divertiva come una matta. Poi l'avrei strozzata per il fatto che quelle montagne di carte, foto, pezzi di motorino tenuti per romanticismo, scatoloni con dentro i secoli passati, sono rimaste tra tavolo, divano e pavimento, e chi ha dovuto metterle a posto alla fine? Ma lei quanto si era divertita e quanto aveva da commentare sui miei messaggini anni Ottanta, in quel sottocasa che è seguito alla pedissequa sua indagine. Un po' colpa mia che di certe cose conservo tutto. Che sono capace di perdere regolarmente bollette e cartelle esattoriali, ma conservo come reliquie i bigliettini che ci passavamo tra i banchi con le amiche e riconosco ancora il periodo di una certa calligrafia e quello di un'altra. Un caso clinico. Però è così.
Ma poi parliamo anche della scuola sua. Di questi esami di terza media che saranno soltanto una tesina su tutte le materie. Che tristezza. Però anche bello. Non dico la tesina, quanto l'unicità del momento da tenere come ricordo, insegnamento, periodo di preziosità di cui un po' iniziamo ad essere consapevoli, credo. Quanto meno questo avanti e indietro di noi tre nel sottocasa, non lo avremmo mai cercato se tutto fosse stato normale. Invece ci permette di parlare di più, di ascoltarci quel poco, o anche semplicemente di ricordare un giorno quelli che diventeranno "quei giorni". Ecco perché ieri pomeriggio m'è venuto spontaneo fare questa foto. Che tutto sommato, anche se sembra che abbiamo le bocche tappate, è una foto allegra. E le bocche tappate, mi sembra di capire, che a casa mia sarebbero un'impresa molto, molto difficile. Buona giornata di "quei giorni" a tutti.

Anna Cherubini